L’uomo oggettivo [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso
Ci sono pensieri obsoleti, soprattutto ai giorni nostri nei quali abbiamo investito in divulgazione, informazione, buoni sentimenti, pubblicità, amore per la natura, per i più deboli e svantaggiati, per gli animali, abbiamo teso perfino la mano agli extraterrestri ancora prima di saperne l’esistenza.
Quando a scuola racconto ai ragazzi la vita dei grandi della musica, ascoltiamo insieme le loro composizioni e proviamo ad entrarci dentro; trovo la piacevole sensazione che stiano apprezzando le sfumature umane di ciascuno di essi, i ragazzi non si fermano al primo ascolto, vanno in profondità.
Ad esempio, il lato tenero, umano ed emotivo di Bach emerge nei loro pensieri, così come quello triste e sofferente di Mozart, nobile e sociale di Beethoven, intimo e popolare di Verdi.
L’ascolto della musica è un esercizio, è necessario per non fermarsi alla superficie.
È una metafora che si applica – oggi – in qualsivoglia aspetto della quotidianità.
È sempre più raro trovare qualcuno che abbia questa dote, di approfondire.
Le ragioni di questo deficit della società sono molteplici e stanno nel modus vivendi che abbiamo assunto.
Ciò incide fortemente sulla capacità di giudizio: stiamo rallentando il senso dell’analisi e dunque i nostri giudizi valutano una fetta parziale del mondo circostante.
Esistono le sfaccettature che vanno ad arricchire la parte oggettiva di ciascun essere umano.
L’arte e la musica hanno – più di altre discipline – l’ardito compito di ricordare la diversità e la profondità.
A scuola ci provo, come tutti coloro che ci mettono impegno.
Spero che i ragazzi ne traggano giovamento e, arrivati a casa, trovino famiglie disposte ad ascoltarli e a spronarli nella continua ricerca del soggettivo.