Ulandi (Confesercenti): “Commercio anno zero, da Roma troppi divieti e pochissimi aiuti. Ma non ci arrendiamo, e puntiamo su formazione, digitalizzazione e distretti”. Intanto agli Orti…

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di Ettore Grassano

 

“Siamo davvero all’anno zero, per il commercio ma probabilmente per l’intera società italiana. O accettiamo di piangerci addosso, e di vivere di recriminazioni e lamentele, peraltro spesso legittime. O ci rimbocchiamo le maniche e riprogettiamo completamente il futuro. Io sono per seguire la seconda strada”. Manuela Ulandi, Presidente provinciale di Confesercenti, da una decina d’anni ormai ‘motore operativo’ dell’associazione, è pronta a mettere a premere sull’acceleratore, con tanti progetti in cantiere, “nella massima collaborazione con il comune di Alessandria, gli altri comuni centro zona e le altre associazioni di categoria: questo non è certo il momento di contrapposizioni: si deve fare squadra, più che mai”. Ma al contempo, dopo 14 mesi di pandemia, e a pochi giorni dalla partenza di una ‘zona gialla’ piena di chiaroscuri, e con zone d’ombra e di caos, i commercianti hanno anche più di qualche ‘sassolino’ nella scarpa, che Manuela Ulandi si toglie volentieri. Leggiamola insieme.

 

Presidente Ulandi, prima settimana di riaperture con qualche equivoco, e ancora tante limitazioni: ma l’importante era ripartire..o no?
Tra i commercianti alessandrini c’è parecchia rabbia, ma anche la voglia di reagire, e di riconquistare la propria libertà, come lavoratori e come cittadini. Dopo 14 mesi di agonia, con chiusure spesso incomprensibili, regole cervellotiche, nessun punto di riferimento se non le associazioni di categoria, mi pare che sia un atteggiamento non solo comprensibile, ma moderato e civile. In questi ultimi mesi poi, con il nuovo Governo, ci siamo trasformati ancor più in un call center informativo 7 giorni su 7, spesso non sapendo bene cosa rispondere: troppo lacunose le informazioni diffuse dall’esecutivo. E noi non possiamo rischiare di dare a un commerciante, iscritto o no che sia a Confesercenti, informazioni sbagliate, o dannose….

La ristorazione è sulle barricate, e con comprensibili motivazioni…
La ristorazione è un settore trainante in tutta Italia, e anche a casa nostra. Da comparto forte e strutturato ha saputo esprimere le proprie lamentele in maniera più efficace di altri, che però non stanno messi meglio. Penso all’abbigliamento, alle palestre, a tante altre realtà. Bar e ristoranti hanno ragione da vendere, e le normative in vigore da pochi giorni non solo non risolvono i problemi, ma in certi casi penalizzano ulteriormente. Fino al 25 aprile non sapevamo se il 26 i bar potevano servire cappuccio e brioche anche al bancone interno, o solo ai tavolini esterni. E solo lunedì scorso i baristi hanno scoperto che, nei fatti, la zona gialla del nuovo decreto è più restrittiva rispetto al precedente, e prevede nessuna somministrazione al banco. Mentre per i ristoranti è pure peggio: consentire solo tavoli esterni, con il nostro clima, significa solo pranzo, e limitatamente a pochi esercizi che possono permetterselo. La sera neanche a parlarne: e peraltro finchè esiste il coprifuoco, la cena è una chimera per tutti, come del resto cinema o concerti. Che facciamo andiamo a teatro alle 16 e a cena alle 19? Ma per favore….Al momento almeno il 40% dei ristoranti preferisce tenere chiuso, fino a giugno, e beneficiare della cassa integrazione, finchè c’è.

In compenso in questo modo il Governo non deve più ‘ristorare’ alcunché, o comunque si dica ora, con il Governo Draghi….
Altra situazione tra il drammatico e il ridicolo. Sa quanto spetta, in queste settimane, ad una realtà che ha perso nel 2019 150 mila euro, ossia oltre la metà del fatturato? 3.800 euro! Non cito cifre a caso, ma calcoli reali. E’ chiaro che se non è presa in giro, poco ci manca. Ci sono commercianti che addirittura stanno rimpiangendo la campagna di ristori, pur modestissima, del Governo Conte. Si ha l’impressione di essere in un vicolo cieco. L’Italia sta caricando in maniera irresponsabile un debito pubblico mostruoso sulle spalle delle prossime generazioni, senza però neanche riuscire ad aiutare davvero intere categorie produttive a ripartire. Anzi, certe regole astruse, dal coprifuoco alle chiusure nei week end, rischiano di peggiorare la situazione in vista della bella stagione. Un paese che punta sul turismo, e vorrebbe attrarre milioni di stranieri, può al contempo parlare di coprifuoco permanente, neanche fossimo in guerra? Ma secondo voi chi si appresta a prenotare le ferie estive, italiani o stranieri che siano, si orienterà sull’Italia, o su paesi anche vicini a noi che il coprifuoco non sanno cosa sia?

Coperta corta, forse cortissima. Cosa si può fare di diverso?
L’impressione è che chi ci governa (non vedo grande differenza tra un esecutivo o l’altro) sia lontanissimo dal paese reale. Sia chiaro: la pandemia esiste, il virus uccide, nessuno qui intende sottovalutarlo, e una campagna seria di vaccinazione di massa è fondamentale. Ma non si può far finta di nulla di fronte ad enormi diseguaglianze: mezza Italia in questi 14 mesi ha continuato a percepire redditi inalterati, senza peraltro spendere per vacanze, ristoranti, abbigliamento. Queste persone, per loro fortuna, all’enorme disagio per la vita che tutti stiamo conducendo non devono sommare problemi economici: anzi hanno sui conti correnti più soldi di prima. Ma c’è un’altra Italia, vastissima numericamente eppure sempre bistrattata e considerata di serie B: sono tutte le partite iva, le aziende medie piccole e piccolissime, e ovviamente i loro dipendenti. A queste categorie è stato imposto di pagare in toto il costo della pandemia economica, con ristori semplicemente risibili. Se almeno i Governi avessero, da marzo 2020 ad oggi, erogato a tutti, e dico tutti, un modesto sussidio mensile, come i famosi 600 euro, capirei. Ma così, come fai a chiedere ancora sacrifici e sempre alle stesse persone?

 

Ci salverà l’Europa?
Anche per il commercio credo che le politiche e gli aiuti europei siano l’unica strada per ripartire davvero. Ci auguriamo, e questo ovviamente è un percorso che compete al Governo, in collaborazione con le associazioni di categoria, che all’interno del Recovery Plan emerga una linea chiara, con ingenti risorse per sviluppare percorsi di innovazione, formazione e digitalizzazione applicati al nostro comparto. In questi ultimi 14 mesi di pandemia c’è stata un’accelerazione, forte e obbligata, che i commercianti hanno dovuto imboccare, per stare al passo con l’emergenza, sul fronte dell’utilizzo delle tecnologie di rete nella relazione con il cliente, e con gli altri attori della filiera. Occorre rendere strutturali questi processi, noi associazioni ci siamo e siamo pronte a fare la nostra parte, ma ovviamente servono risorse e investimenti. Mi riferisco certamente alle vendite on line, ma anche all’evoluzione del turismo, occasionale e stanziale. Lo smart working, ci ripetiamo sempre, ha mostrato in maniera irreversibile come molti lavori si possano svolgere da casa propria, vivendo a Milano, a Lugano o a Olivola (piccolo centro del Monferrato, ndr). Benissimo: ma allora occorre che a Olivola, ma anche in Val Borbera o Val Curone, esistano infrastrutture di rete adeguate: da quanti anni diciamo che i territori cosiddetti marginali, se adeguatamente dotati di infrastrutture, potrebbero tornare ad essere estremamente appetibili, dal punto di vista delle residenze, e quindi anche del commercio, e della vita di comunità? E’ il momento di crederci davvero.

Ad Alessandria c’è grande attesa per il Distretto del Commercio: quando conosceremo tutti i dettagli del progetto?
Ancora un mese o due di pazienza, e credo sarà possibile presentare tutti gli aspetti di un progetto che, anche in questo caso, è realizzabile grazie alla forte sinergia tra comune capoluogo (con cui stiamo lavorando benissimo), altri comuni centri zona, ma ovviamente soprattutto Regione Piemonte e, ancora una volta, Unione Europea, da cui arriveranno le risorse necessarie. Può essere davvero l’occasione per dare a tutta la provincia, ma ad Alessandria in particolare, un nuovo e forte impulso commerciale, improntato sull’innovazione. Intanto però avrei un’altra richiesta per Palazzo Rosso. Posso?

Assolutamente, deve……
Da qualche settimana leggiamo di nuovi grandi progetti che, se realizzati come ci auguriamo, sono destinati davvero a ridisegnare la skyline della città. Mi riferisco in particolare al Quartiere Orti, dove dovrebbe nascere il nuovo campus universitario che attendiamo da decenni. Ma che potrebbe anche ospitare, secondo il dibattito in corso, anche il nuovo Ospedale. Benissimo, siamo favorevoli a tutto ciò che significa investimenti per rendere Alessandria più moderna e proiettata nel futuro. Ma allora occorre che ci si metta attorno ad un tavolo, con gli amministratori cittadini, per riflettere anche sul futuro del centro. Che ne sarà, infatti, di Palazzo Borsalino, e delle attuali strutture ospedaliere, che significano ovviamente anche attività commerciali e immobiliari di zona? Ci sono, o saranno messi a punto, progetti alternativi? Avanti tutta insomma: ma sempre confrontandoci apertamente per il bene della città, e degli alessandrini. Che meritano di essere sempre tenuti aggiornati, con assoluta trasparenza.