Via Milazzo: un ricordo del Professor Amisano #2 [Un tuffo nel passato]

I Giardini Pubblici [Un tuffo nel passato] CorriereAl 20di Tony Frisina

 

 

La settimana scorsa, per parlare del mio amico Luciano Amisano,[1] che ci ha lasciati tre anni fa, avevo preso in esame alcune fotografie scattate oltre una quarantina di anni fa di Via Milazzo. Proprio lui, conoscendo il mio interesse per la città e per la sua storia, me ne aveva donate un certo numero. Queste fotografie – di cui lui stesso era autore – le tengo gelosamente fra tutte le altre delle mie collezioni e le offro volentieri ai miei lettori soprattutto per onorare il ricordo del carissimo Luciano, stimato da tutti coloro che lo conoscevano oltre che da me, naturalmente.

Le immagini che propongo oggi sono due delle numerose altre riguardanti Via Milazzo, appena prima che la ruspa cancellasse ogni traccia di quella semplice e povera strada di Alessandria.

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Gli edifici che si vedono nei due scorci – all’epoca degli scatti – erano ormai decrepiti e fatiscenti, ma anche in queste condizioni riescono a testimoniare tutta la loro storia a contatto con persone fra le meno agiate della città. La semplicità di linee architettoniche è testimone di un modesto decoro e di semplicità del vivere dei tempi passati.

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Chissà quanti ricordi potrebbero narrare i vecchi mattoni di quei muri e l’antico acciottolato della strada e dei cortili.

Sono certo che anche i cortili di queste case possano essere paragonati a quello della mia infanzia spensierata. Son sicuro che anche i bambini di via Milazzo potevano assistere all’arrivo dalle loro parti dell’ometto che spingeva il suo triciclo a forma di gondola, in cui conservava i gelati da vendere. Gli anni dell’immediato dopoguerra non erano prodighi ma – nonostante questo – qualche spicciolo poteva essere rimediato ogni tanto (magari non da tutti i bambini) per comprare un semplice stick. Così era chiamato dai ragazzini di allora il ghiacciolo, senza neppure sapere che quella parola fosse un termine inglese. Ai miei tempi il ghiacciolo costava 25 lire e qualche anno dopo ne costava 30. I bambini più smòrbi o i figli di persone meno modeste potevano anche permettersi di gustare un Pinguino.

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Anche in questa strada periferica di sicuro negli anni del dopoguerra passava l’omino con il carretto e la scimmietta-acrobata, per offrire ai numerosissimi abitanti le evoluzioni del piccolo animale che saltava da una sbarra all’altra dell’improvvisato circo (che era il carrettino stesso) e sperare di avere in cambio almeno una misera monetina.

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Di sicuro anche da questi cortili passava lo strampalato signore che, con l’ausilio di un grosso megafono di latta, deliziava le orecchie degli abitanti con qualcuna delle canzoni del suo repertorio. Dal cortile della mia infanzia – Via Piacenza numero 18 – passava con una certa frequenza e lo stavo ad ascoltare volentieri; soprattutto lo osservavo con interesse e molta curiosità. Fra tutte quante le esecuzioni ricordo in particolare Mamma, canzone popolare che gli italiani incominciarono a conoscere dal 1940, anno in cui fu composta da Cesare Andrea Bixio e Bixio Cherubini con l’interpretazione magistrale di Beniamino Gigli.[2]

Quando la radio trasmetteva questo brano mia mamma si commuoveva sempre e scappava in camera ad asciugarsi le lacrime, aspettando poi che le passasse anche il magone. Per venire ad abitare in questa città aveva dovuto abbandonare il suo paesello in Calabria, la sua famiglia, soprattutto sua mamma, di cui ha sempre sentito tanta nostalgia.

Ma ora cerco di non divagare più per tornare a parlare del mio amico Luciano.

Nelle lunghe giornate di revisione del suo romanzo, come già accennavo nel corso della chiacchierata della scorsa settimana, lui ed io parlavamo dei grandi scrittori del passato e di stile letterario. Spesso mi parlava della sua predilezione per Guy De Maupasant, lo sfortunato ed eccelso scrittore francese. Di questo autore non conoscevo nulla, tranne la grandissima notorietà.

Bene, non appena Luciano scoprì questa mia grave lacuna lo vidi tornare da me con ben due libri di cui l’illustre francese era artefice: erano una raccolta di Novelle ed il romanzo Bel Ami. Voglio dire a questo proposito che già durante la lettura mi accorgevo di quanto fosse profonda la mia ignoranza, il non conoscere questo scrittore così avvincente e profondo.

Sono riconoscente a Luciano per tutto quel ho potuto imparare da lui. È stato insegnante per professione – oltre che per passione – e sempre ha saputo essere un grande maestro (e maestro di vita) senza mai farlo pesare.

Non posso far altro che ricordarlo (anche) per la sua grande capacità di conquistare gli animi. Ogni interlocutore, passando qualche tempo assieme a lui, non poteva non essere irretito da un suo certo fascino misterioso. Persona semplice e a volte eccentrica, amico sempre disponibile.

Ricordo infine il suo sorriso qualche giorno prima di Natale, l’ultimo Natale.

Durante quell’ultima mia visita, nel corso di un paio di ore trascorse assieme, avevamo chiacchierato bonariamente, come sempre. Il suo era un sorriso dolce ed anche un poco amaro. Forse provava un certo pudore nel mostrarsi un poco provato dal peso degli anni e da qualche piccolo accidente occorsogli qualche giorno avanti.

Lui che aveva sempre praticato sport e che si muoveva in città con una certa energia nonostante i novant’anni suonati, forse non si sentiva a suo agio nel mostrarsi in poltrona… Ricordo che in certe sere invernali, quando si trovava a passeggio per le vie cittadine, se ad un certo punto avesse provato un brivido di freddo iniziava una breve corsetta, giusto una ventina di metri o poco più e ristabiliva con quella la giusta temperatura. Era nato per il movimento, per l’attività fisica, per lo sport, che ha praticato ed insegnato, ma soprattutto era nato per l’amicizia.

 

 

 

[1] https://mag.corriereal.info/wordpress/2018/01/28/via-milazzo-un-tuffo-nel-passato/

[2] Chi fosse in vena di sentimenti e abbia desiderio di commuoversi, può ascoltare e leggere qui di seguito il testo della famosa canzone.

Mamma son tanto felice

perché ritorno da te.

La mia canzone ti dice,

che è il più bel giorno per me.

Mamma son tanto felice,

viver lontano, perché.

 

Mamma,

solo per te la mia canzone vola.

Mamma,

sarai con me tu non sarai più sola.

 

Quanto ti voglio bene,

queste parole d’amore

che ti sospira il mio core,

forse non s’usano più.

 

Mamma,

Mamma son tanto felice

perché ritorno da te.

La mia canzone ti dice,

che è il più bel giorno per me.

Mamma son tanto felice,

viver lontano, perché.

 

Mamma,

solo per te la mia canzone vola.

Mamma,

sarai con me tu non sarai più sola.

 

Quanto ti voglio bene,

queste parole d’amore

che ti sospira il mio core,

forse non s’usano più.

 

Mamma,

ma la canzone mia più bella sei tu,

sei tu la vita

e per la vita non ti lascio mai più.

 

Sento la mano tua stanca,

cerca i miei riccioli d’or.

Sento, e la voce ti manca,

la ninna nanna d’allor.

Oggi la testa tua bianca

io voglio stringere al cuor.

 

Mamma,

solo per te la mia canzone vola.

Mamma,

sarai con me tu non sarai più sola.

 

Quanto ti voglio bene,

queste parole d’amore

che ti sospira il mio cuore,

forse non s’usano più.

 

Mamma,

ma la canzone mia più bella sei tu,

sei tu la vita

e per la vita non ti lascio mai più.

 

Quanto ti voglio bene,

queste parole d’amore

che ti sospira il mio cuore

forse non s’usano più.

 

Mamma,

ma la canzone mia più bella sei tu,

sei tu la vita

e per la vita non ti lascio mai più.

 

Mamma, mai più!