Il Disit cresce con chimica verde e sostenibilità, però a Vercelli. Alessandria? Pensa al campus (quello che si attende dal 1998) [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

 

I due corsi di laurea triennale guardano al futuro, all’ambiente e all’economia circolare. Intanto sono arrivate due offerte in risposta all’avviso pubblico dell’Ateneo. Adesso sarà necessario altro tempo prima di renderle pubbliche. Le residenze universitarie e il mercato immobiliare

 

Il Disit (Dipartimento di scienze e innovazione tecnologica) di Alessandria cresce. Ma a Vercelli. L’Università del Piemonte Orientale ha annunciato la nascita di due nuovi corsi di laurea triennale: Chimica Verde (sostituisce e rinnova il corso di Scienza dei Materiali – Chimica) e Gestione ambientale e sviluppo sostenibile. «Saranno erogati – spiega una nota dell’Ateneo – nelle aule e nei laboratori del complesso universitario “San Giuseppe” a Vercelli; immatricoleranno studenti a partire dall’anno accademico 2021-2022 e saranno entrambi ad accesso libero».

«Nello scenario delineato dall’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile e dal Green New Deal europeo emerge in modo forte la centralità della chimica» sottolinea il referente del corso, Enrico Boccaleri. «Il corso di Chimica Verde – aggiunge – ha come obiettivo formativo la sostenibilità ambientale dei processi chimici, la riduzione dell’uso delle risorse naturali preziose, i processi di recupero, il riciclo e la valorizzazione nell’ottica dell’economia circolare».

Boccaleri, alessandrino, classe 1973, docente associato di Chimica generale e inorganica al Disit (la sede è al quartiere Orti di Alessandria) è anche il direttore del Centro interdipartimentale sulla Sostenibilità Upo4Sustainability dell’Università del Piemonte Orientale. «Al Centro – racconta – partecipano i Dipartimenti dell’Ateneo, ma è aperto a studiosi ed esperti esterni. L’attività didattica e di ricerca si affianca alla progettazione e realizzazione di corsi di formazione professionalizzante, attività formative, didattiche e seminariali che coinvolgeranno enti, associazioni e ordini professionali per coniugare la formazione accademica con esperienze operative. L’obiettivo è la nascita di percorsi per profili professionali mirati ai nuovi scenari sociali e ambientali. La cooperazione e il dialogo tra i ricercatori delle diverse discipline ed esperti del mondo scientifico, istituzionale, professionale e industriale porteranno a una maggiore integrazione, efficacia e visibilità delle attività scientifiche». La sostenibilità non è solo quella ambientale, ma anche economica, sociale, medica. «Abbiamo per esempio partecipato – precisa Boccaleri – a iniziative come la ‘Fabbrica sostenibile’ di Michelin, vi sono rapporti di ricerca con il polo chimico della Solvay, abbiamo incontrato realtà non solo produttive, ma anche l’azienda ospedaliera di Alessandria per affrontare temi come la resilienza dei territori, la diffusione di patologie, la sostenibilità del lavoro, il risparmio energetico».

Il corso in Gestione ambientale e sviluppo sostenibile sarà coordinato da Enrico Ferrero e nasce «per creare figure professionali in grado di comprendere e rispondere adeguatamente alle grandi sfide ambientali del futuro. La lotta ai cambiamenti climatici, la salvaguardia dell’ambiente e la transizione verso le energie rinnovabili saranno al centro del percorso formativo e avranno come comune denominatore i temi della transizione ecologica verso un modello di sviluppo sostenibile, come per esempio l’economia circolare e la green economy».

Le immatricolazioni partiranno dall’estate. Tutti gli studenti interessati potranno seguire online le attività di orientamento a partire da metà marzo sul sito www.uniupo.it.

Decenni di parole

E Alessandria? Fatto salvo quanto avviene sul fronte della sanità e della ricerca, il legame stretto fra Disit e azienda ospedaliera e l’attività che fa capo all’altro Dipartimento (il Digspes, Dipartimento di giurisprudenza, scienze politiche, economiche e sociali; ha sede a Palazzo Borsalino), manca sempre una discussione più ampia, e soprattutto concreta, sul processo di integrazione fra ateneo e comunità locale. Dal 1998 il capoluogo attende una decisione definitiva sul campus, sui servizi agli studenti, sulla infrastrutturazione della presenza universitaria. Le relazioni, che esistono, costruite in due decenni di attività sono sempre state il frutto di iniziative frutto della volontà di singoli protagonisti, mai di un disegno globale. I rapporti fra Upo, imprese, pubblica amministrazione si è sviluppato su iniziative specifiche, ma non altro. L’ultimo episodio è significativo. L’Università del Piemonte Orientale sta cercando uno spazio per realizzare «un campus universitario all’avanguardia da destinare ai corsi delle aree medico-sanitarie e dell’area umanistica». Con un avviso pubblico datato 20 gennaio che indicava nel 15 febbraio la scadenza per presentare l’offerta di cessione, relativa alla ricerca di «un’area pianeggiante con una superficie compresa tra i 18.000 e i 22.000 metri quadrati, facilmente accessibile dalle vie già esistenti e nelle vicinanze del Dipartimento di Scienze e innovazione tecnologica (Disit), che ha sede in viale Michel nel quartiere Orti». I soldi ci sono? Sono previsti mutui? Dal Bilancio previsionale 2020-2022 non risultano né impegni di spesa, né l’accensione di mutui fino al 2022. Dove e come potrebbero quindi essere reperiti i fondi con una tempistica, e certezza, ragionevole? Alla domanda, l’Ateneo non ha mai risposto.

Le due offerte e il mercato degli affitti

In una Alessandria in cui non sono mancati progetti e idee – dall’ex caserma dei carabinieri di via Cavour di fronte a Palazzo Borsalino, all’ex ospedale militare, dall’ex istituto sordomuti di piazza Santa Maria di Castello a più o meno improbabili soluzioni di edifici di proprietà privata – mai conclusi, adesso l’Upo sembra muoversi da solo. Scaduto il termine del 15 febbraio, l’unica certezza è che sono arrivate due offerte. Di una non si conosce la provenienza, la seconda (cosa peraltro nota in città) sarebbe quella dei fratelli Derizio e della Habitarea Partecipazioni, proprietari dell’area dell’ex mercato ortofrutticolo. Pare non sussistano problemi di carattere urbanistico perché non verrebbe variata né la cubatura complessiva, né la destinazione d’uso, ma di sicuro rispetto al fronte economico (finanziamento pubblico-privato?) il piano è ancora tutta da mettere a fuoco. Prima l’esito dell’avviso pubblico deve passare dal Consiglio di amministrazione dell’Upo e poi al vaglio del ministero. Dopo si comincerà a parlarne in modo dettagliato.

Ma almeno c’è un mercato che guarda all’economia dell’indotto universitario? Potrebbe essere quello degli affitti. Potrebbe. Secondo Roberto Barbato, Prorettore dell’Ateneo e docente del Disit, fra i 1000 e i 1500 studenti che frequentano i corsi di Disit e Digspes «si possono considerare fuori sede. Lo sviluppo di servizi è ancora alla fase embrionale come quello delle residenze. Possiamo contare su circa venti posti nei locali del Collegio Santa Chiara della Curia, e altri 25 a Casa Sappa e gestiti da Edisu. Tutti gli altri potrebbero essere potenzialmente interessati a un alloggio».

Barbato lo ha detto durante la presentazione dell’Osservatorio immobiliare della Fiaip. Il mercato degli affitti è in crescita. Nel 2020 si è toccata quota 12.000 contratti registrati in tutta la provincia, con in testa Alessandria con circa 7.000 locazioni. Un comparto in espansione dunque, che è andato incontro a diverse categorie di soggetti. In primo luogo c’è il settore sanitario. «Con l’arrivo della pandemia – spiega Franco Repetto, past presidente di Fiaip Alessandria – sono stati impiegati nuovi infermieri e medici, provenienti da fuori città che hanno ricercato alloggi in via temporanea per il servizio prestato sul territorio». Ma dei settemila, quanti sono contratti universitari? Non si sa. Le agenzie non hanno fornito dati disaggregati e quindi è pressoché impossibile capire il trend. Dai dati registrati da ‘immobiliare.it’, nel 2020 ci sono state 75.696 visite sul portale http://www.residenzeuniversitariealessandria.it. «Sono state viste 431.467 schede di immobili e mediamente ogni utente ha guardato circa 6 annunci. Ogni sessione di ricerca è durata in media 4 minuti. Gli internauti complessivamente hanno trascorso sul sito 5mila ore» si legge sul rapporto dell’Osservatorio. Ma quanti sono stati i contratti? Ancora non si sa.

Alla prossima puntata.