di Piero Archenti
Neppure la generazione del nostro cronista Piero Angiolini (1888 – 1979), ha potuto assistere all’abbattimento del Torrione di Porta Ravanal (1), raso al suolo nel 1868, ossia, vent’anni prima che lo stesso Angiolini nascesse. Anche lo scritto sotto riportato infatti riferisce fatti di cronaca che segnarono la fine di un’epoca in cui Alessandria e l’Italia intera si apprestava a fronteggiare una nuova sfida generazionale più nota come “Belle Epoque” soprattutto grazie all’industria in espansione in tutti i settori mentre produzione e consumi cominciano ad assumere dimensioni di massa.
Le ferrovie, i transatlantici, i voli aerostatici riducono i tempi e le distanze. Gli sviluppi dell’elettricità, delle comunicazioni radio, della chimica e della medicina migliorano la qualità della vita. La fotografia, il cinema e lo sport offrono svago e divertimento per tutti. Gli anni della Belle Époque sono anche gli anni del Can-can e del Moulin Rouge (1871- 1914).
Tuttavia, a fronte di quanto accadeva al di là del Tanaro, in borgo Cittadella e in borgo Orti, anche Alessandria fu costretta a fare i conti con le nuove realtà imposte da una città desiderosa di vivere un’epoca in continua espansione. I bastioni ormai inutili grazie alle nuove tecnologie furono gradualmente abbattuti.
Era il 1896 quando il rione Orti venne finalmente dotato di un ponte, dedicato a Enrico Forlanini (13-12-1848 / 9-10-1930), ponte che continuò ad essere dedicato allo stesso Forlanini anche quando il primo fu abbattuto dopo l’alluvione del 1994 che lo rese, secondo l’amministrazione dell’epoca, in caso di piena, un ostacolo al deflusso delle acque.
Sempre a proposito del Forlanini (per gli alessandrini però è sempre ponte Orti) due parole infine sul deposito alluvionale che il Tanaro abbandona nel suo percorso verso la confluenza con la Bormida. Chi ha occasione di andare a vedere, abbandonato fra la sterpaglia quel che resta (foto 2 e 3) del vecchio Forlanini, si renderà conto che in poco più 65 anni il deposito alluvionale del Tanaro lo ha messo KO. Ma non è tutto! Dal 1994, anno della sua ricostruzione, ad oggi sono trascorsi soltanto 27 anni ma il letto del Tanaro è già oggi in buona parte nuovamente ostruito.
Basterebbe andare a vedere quante delle nuove arcate sono già state abbandonate al loro destino per renderci conto che non è possibile far “digerire” agli alessandrini (pandemia a parte) la ricostruzione di un terzo ponte fra 38 anni circa, anno più anno meno! Per questo ci si domanda, ma quanti ponti dovranno costruire gli alessandrini prima che qualcuno si decida a far spalare, periodicamente, la sabbia che si accumula, anno dopo anno sul percorso del Tanaro nel suo viaggio verso la confluenza con la Bormida… per non parlare delle esondazioni che, nel frattempo, ne deriveranno?
Per la verità, forse in seguito alle molte lagnanze raccolte dall’Amministrazione, si è svolto, nei giorni scorsi a Palazzzo Rosso, un incontro per prendere gli opportuni provvedimenti riguardo l’attuazione del riassetto spondale Tanaro nel tratto alessandrino. Un riassetto indispensabile affinché sia scongiurata la probabilissima ennesima esondazione del Tanaro già subita, ad esempio, per anni da (foto 4 e 5) Giuseppe Monticone (uno dei residenti costretto ad abbandonare la casa sull’argine). Interessante al riguardo l’articolo pubblicato su CorriereAl l’11-12-2020 da Graziella Zaccone Languzzi e la conseguente relazione del consigliere comunale Gianni Ravazzi teso a chiarire il perché dei ritardi dell’Amministrazione, in conclusione…speruma bén!!!
Foto 1 – Antica Porta Ravanal
Novembre 2017 – foto 2 e 3 – quel che resta del vecchio Forlanini o, se preferite, ponte Orti
Febbraio 2018 – Monticone – foto 4 e 5 – indica il livello raggiunto dall’acqua nel 1994 e nel 2016.
Porta Ravanale
Il “Torrione” di Porta Ravanale ridotto ormai a semplice Corpo di Guardia, venne demolito nel 1868 quando già erano sorte nel 1856 le nuove fortificazioni dei famosi “Cento Cannoni” che allargarono ancor più le difese napoleoniche del 1805, parzialmente distrutte dall’Austria allorquando venne in Alessandria nel 1815. Da questa parte della città i nuovi bastioni che diremo di Cavour, si erano ancor più avvicinati a borgo Orti e tutt’ora ne vediamo gli ultimi avanzi proprio da questa parte dietro l’Ospedale Infantile e sulla strada nuova tortuosa che da questa parte conduce al Cimitero.
Qui infatti esistono ancora una Poterna, una Polveriera, alcune rampe e profondi avvallamenti non ancora colmati. Caduta Porta Ravanal le vie Guasco e Mazzini trovarono sbocco sulla Strada di Circonvallazione che tutt’ora ben alberata circonda come linea interna la vecchia Città con uno sviluppo pari a cinque chilometri. Oggi le due vie suddette si allungano oltre verso Orti sino a raggiungerlo ed unirlo al resto della Città come nuovo Rione.
Per altro al tempo ancora degli ultimi bastioni, via Mazzini già serviva con Orti stesso la Piazza d’Armi Nuova ed il Cimitero; in merito a quest’ultimo ricordiamo una Ordinanza di Napoleone in data 12 giugno 1804, confermata ancora il 5 settembre del 1805 che vietava qualsiasi sepoltura nelle Chiese e altri luoghi della Città. A questa data possiamo quindi segnare l’inizio del nostro “Camposanto”, come venne sin da allora chiamato dal nostro popolo; sorto a fianco del grande “Poligono” di tiro detto di Napoleone fu giudicato troppo lontano dalla Città, quasi nascosto e isolato.
Il primo disegno fu affidato all’Architetto Valizzone e fu poi completato più tardi nel 1887, dall’ing. Straneo del nostro Municipio. Ricordiamo ancora che la strada per Orti era fine a se stessa in quanto allora bloccata dal Tanaro per la mancanza del Ponte attuale costruito soltanto nel 1896. I nostri anziani certo ricorderanno di quel tempo ormai lontano, il traghetto con barca col passaggio ad un soldo per persona; ricorderanno altresì la strada per la collina di Valle San Bartolomeo detta “dei Preti” (era il passeggio preferito dei nostri Seminaristi), strada che al cosidetto Mulino di Loreto si staccava dalla Provinciale di Valenza ed è la stessa che oggi fiancheggia da questa parte il Sanatorio Borsalino.
Il nuovo ponte degli Orti costituì subito un grande sfogo per la Città con immediato sviluppo del traffico da questa parte e conseguente maggior movimento per le nostre due strade Guasco e Mazzini. Per quanto riguarda la posizione del Camposanto rispetto a Porta Ravanale dobbiamo dire che la Porta stessa divenne luogo di passeggio obbligato alla volta del Camposanto medesimo e fu anche luogo di sosta per l’ultimo mesto saluto a che se ne andava per sempre. In proposito ricordiamo in questo punto una nuova costruzione divenuta popolare col nome di “Villetta”; si tratta della ben nota casa con bella cancellata, tutt’ora esistente al fondo di via Mazzini in angolo con via Pastrengo.
Ne fu costruttore sul finire del secolo scorso un floricultore di nome Andrea Torielli ed era allora l’ultima casa da questa parte. Proprio in questo punto si fermarono per consuetudine tutti gli accompagnamenti funebri per l’estremo addio; qui si pronunciavano i discorsi eventuali, qui si recitavano le ultime preci. Fu così che divenne usuale il detto di “andare alla villetta” nel senso di accompagnare il feretro sino all’uscita della Città. Quando poi il Comune dispose il senso unico inverso tra le due vie parallele Mazzini e Guasco, ne venne che la fermata suddetta fu trasferita sul largo terminale di via Guasco (linea ascendente). Questo Largo continua tutt’ora a dirsi impropriamente la “Villetta” dei nostri accompagnamenti funebri.
Piero Angiolini – Anno 1958