Scarabocchi [Un tuffo nel passato]

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di Tony Frisina

 

C’è chi li chiama tag, chi li chiama murales, io li chiamo scarabocchi.

Non posso tollerare che un cittadino, forse uno su diecimila, possa decidere di imbrattare a suo piacimento i muri della città; non sopporto che qualcuno possa insozzare senza ritegno palazzi di civile abitazione e scuole, a volte monumenti, a volte anche chiese.

Non è un cittadino che meriti rispetto chi si diverte a sporcare costruzioni che non gli appartengono o – meglio – che appartengono a tutti; quindi, proprio per il motivo che si tratti di beni della collettività, ognuno deve averne rispetto.

C’è chi li chiama forma d’arte c’è chi dice che è libera arte o – meglio – libera espressione di pensiero.

Spesso mi sono interrogato su cosa possa spingere un individuo a tracciare scritte, per lo più indecifrabili, contro i muri della città; interrogativi a cui mai sono riuscito a dare una risposta.

Qualcuno vuole difendere i disegni tracciati con bombolette di vernice a spruzzo. Sostiene trattarsi di opere d’arte e che la città sia grigia. Afferma che non sia giusto vedere muri senza colore.

Devo ammettere che alcuni graffiti1 (quelle scritte tracciate con colori quasi sempre sgargianti e che danno l’illusione della tridimensionalità, che di solito sono anche il nome dell’autore) siano eccezionalmente belli, raffinati e di indubbio valore artistico.

I Graffiti, appunto, che a mio giudizio sono la forma più nobile dell’atto di creare arte seppure, purtroppo e quasi sempre, in maniera illegale.

Io ritengo però che – qualora il proprietario di un muro lo volesse a colori – debba essere lui a scegliere chi lo deve dipingere e cosa il disegno debba rappresentare.

Molto spesso mi incanto ad osservare i treni che passano. Locomotive e vagoni con i loro ornamenti abusivi. A volte sfrecciano davanti agli occhi delle vere opere d’arte che, in questi casi, mi piace osservare; mi ingegno di riuscire a capire cosa l’anonimo artista abbia voluto scrivere.

Mi piacciono le decorazioni sui treni a patto che non siano deturpanti e che non occupino anche lo spazio del finestrino che – a mio parere – proprio per poter mantenere la sua funzione, deve essere lasciato libero.

Ciò non toglie che, comunque, queste opere siano abusive. Non sono state richieste e quindi chi le ha eseguite non è nel rispetto della legge.

In questo particolare momento, però, mi voglio occupare soltanto delle scritte sui muri della città che in genere sono la sola firma artistica, il cosiddetto tag, di chi li ha eseguiti.

A mio parere sono intollerabili.

Passando vicino alle scuole, quasi tutte le scuole della città, ho notato che con maggior frequenza queste scritte occupino i loro muri. È paradossale osservare che proprio i luoghi dove si insegna la cultura siano il crogiuolo e la sede principale ove queste opere fioriscono.

Molto spesso mi sono anche chiesto cosa spinga l’esecutore del proprio nome d’arte a marchiare un muro con la vernice. È forse un modo per affermare la propria esistenza? È forse un modo per dire agli altri “ci sono anch’io”? È forse un modo per dichiarare una propria identità?

Non lo capirò mai.

Non lo capirò mai in quanto io, per affermare la mia identità, ho faticato tutta la vita cercando di aiutare gli altri, cercando di fare del bene, cercando di essere sempre d’aiuto e qualche volta d’esempio, dipingendo e scattando belle fotografie e sempre mettendoci la faccia. Quindi non posso approvare chi, di nascosto, con bombolette o con altri mezzi, imbratti e danneggi proprietà altrui.

Ecco. Io quello che so fare lo dipingo su tela. Ho allestito mostre d’arte e ho ambito di affermarmi attraverso le mie opere, sempre cercando di fare cose positive e dando colore soltanto a spazi che mi erano consentiti e cioè sempre nel rispetto degli altri.

Al contrario però credo di essere meno rispettoso con la penna, in quanto a volte mi tolgo sassolini dalle scarpe che diversamente non potrei fare con altri mezzi. E se talune volte esagero è solo per amore del prossimo e per il rispetto che ho nei confronti della mia Città e dei miei concittadini.

So che le mie parole saranno soltanto un sasso gettato nello stagno del menefreghismo, saranno soltanto un pugno di polvere gettata nel vento. Qualcuno leggerà, qualcuno forse si porrà qualche domanda. Qualcun altro, mi deriderà per il fatto che io spesso lotti come Don Chisciotte contro i mulini a vento.

So benissimo – già in partenza – che non potrò vincere la mia battaglia. È difficile vincere una battaglia quando si è da soli e quando lo Stato, le Istituzioni e la Legge non fanno assolutamente nulla per fermare chi è nel torto.

E non sto parlando soltanto degli scarabocchi sui muri della città.

Sono convinto però che la legalità e la giustizia debbano incominciare dalle piccole cose.

I piccoli scarabocchi sono tollerati, i piccoli furti sono tollerati, le piccole negligenze sono tollerate, l’immondizia per terra è tollerata, la rottura delle panchine è tollerata, i manifesti strappati sono tollerati, le vetrine imbrattate sono tollerate, le feci dei cani sono tollerate…

Oggi c’è troppa tolleranza.

Purtroppo le uniche cose non tollerate sono… le case di Tolleranza.

Io vorrei uno Stato più giusto, una città più pulita, più vivibile, più corretta e infine una giustizia implacabile.

I tutori dell’ordine che rischiano la vita, che passano il loro tempo a cercare criminali e a vederli poi quasi sempre impuniti di certo non sono contenti.

Certamente questa nostra giustizia italiana, giustizia all’acqua di rose, non è un incentivo per chi trasgredisce.

Ecco, se manca la volontà di punire chi sbaglia, a catena vengono a mancare tutti i presupposti di una nazione veramente civile.

La civiltà a mio parere non è quella del perdono ad oltranza, dell’abbassare una spalla perché “intanto è solo una stupidaggine”.

No! I cittadini giusti ed onesti devono essere sempre difesi e il marcio deve essere sempre estirpato con ogni mezzo.

Osserviamo come si sta evolvendo la nostra società. Vediamo vecchi picchiati nelle Case di Riposo, bambini maltrattati nelle scuole dell’infanzia, studenti arroganti e minacciosi nei confronti dei loro insegnanti… e via discorrendo.

La vera bellezza di una società civile è frutto di una Giustizia giusta.

In questa società deve essere lodato e premiato chi agisce bene e deve essere colpito, schiacciato, annientato, chi agisce male. Senza remissione.

Soltanto la giustizia rispettata può costituire un deterrente per che siano estirpate le male erbe o per far in modo che non ne possano nascere.

Vorrei telecamere ad ogni angolo di strada e nel contempo vorrei che ognuno si rendesse conto che a voler vivere in un consorzio umano si abbiano dei diritti ma soprattutto dei doveri. Le regole, innanzitutto, devono essere rispettate! Tutti quanti noi dobbiamo e possiamo pretendere i diritti quando tutti si saranno sottoposti ai propri doveri.

Sarei tanto desideroso che chi non la pensasse come me volesse raccontare il proprio pensiero e spiegasse le proprie ragioni. Si rischia di non sapere più cosa sia giusto e cosa sia sbagliato in questa società.

 

 

 

 

Antica cartolina anni ’20 con scritta murale

 

Quando ero ragazzo, cioè negli anni ’60, non si vedevano scritte a vernice sui muri. Nessuno si sarebbe mai permesso. Tutt’al più qualche furbetto che si credeva già adulto osava inneggiare, solo con l’uso di un innocuo gessetto, alla Federazione Italiana Giovani Atleti e credo che anch’io, in quasi tenera età, avessi scritto qualcosa di simile. La debole scritta per fortuna è stata cancellata dal tempo; ne è bastato molto poco.

 

1 Per chi volesse saperne di più sul graffitismo:https://it.wikipedia.org/wiki/Graffitismo