Via Venezia per gli alessandrini “la strà dl’Uspidal” [Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti
Azienda Ospedaliera santissimi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo. A questi tre santi sono dedicati sia l’Azienda Ospedaliera di via Venezia che l’Ospedale Infantile di Spalto Marengo. Completa il complesso ospedaliero della nostra città il Presidio Ospedale Riabilitativo dedicato a Teresio Borsalino di P.le Ravazzoni, 3 (ex via Forlanini 3).
Questa è la situazione delle strutture sanitarie di Alessandria, attualmente messe a dura prova dalla pandemia che ha travolto, tanto la nostra città quanto l’intero globo terrestre. Tuttavia oggi come ieri la medicina non ha mai cessato di operare per trovare una soluzione ai molti perché che quotidianamente vengono rivolti alla classe medica.
La storia dell’Ospedale dei Santi Antonio e Biagio di Alessandria, scritta dal compianto professor Giovanni Maconi, data alle stampe nel 2003, e ristampato nel 2012, è l’eccezione che conferma la regola. A distanza di tanti anni, il volume del professor Giovanni Maconi rappresenta ancora, oggi come 18 anni fa, un imprescindibile documento che, attingendo a documenti dell’Archivio di Stato e dell’Archivio storico dell’Ospedale, racconta la storia dell’Ospedale Civile di Alessandria dalla fondazione della città ad oggi.
 
La parte del libro dedicata allo «Spedal Grande dei santi Antonio e Biagio» abbraccia il periodo di tempo che va dal 1579, anno in cui con l’abbattimento dell’ospedale di san Biagio, quello di sant’Antonio divenne lo «Spedal Grande dei santi Antonio e Biagio», al 1790, quando lo Spedal Grande venne trasferito nella sede in cui si trova attualmente. Alessandria continuò a rimanere fino al 1706 sotto la denominazione spagnola, quindi passò sotto quella del ducato e poi del regno di Savoia.
Una storia quella scritta dal prof. Maconi, dalla quale ne esce un quadro complesso, capace di evidenziare le vicende sociosanitarie di Alessandria dal Medioevo ad oggi: il libro, diviso in quattro sezioni, racconta la storia dell’Ospedale civile di Alessandria dalla fondazione della città (1168 circa) a oggi, soffermandosi anche sulla costruzione di ospedali speciali.
L’ISRAL ha svolto un ruolo fondamentale nella riedizione che porta la data del 2012 ma riteniamo che, stante l’interesse suscitato anche dalla seconda riedizione, varrebbe la pena che l’ISRAL non appena la pandemia ci permetta il ritorno ad una vita normale, riprenda in esame una ulteriore riedizione che, ne siamo certi, avrà lo stesso successo di quellei precedenti.
Il successo di quest’ultima edizione è dovuto al fatto che non è soltanto la storia dell’Ospedale quella che viene messa in risalto ma anche la storia stessa della salute in Alessandria attraverso i secoli. Chiaramente nel frangente in cui siamo costretti a vivere, è evidente che nessun progetto avrà modo di essere valutato!
Tuttavia ci siamo rivolti al figlio, dott. Antonio Maconi, dirigente medico dell’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, a capo della struttura di Formazione e Ricerca e impegnato nel percorso verso l’IRCCS, chiedendogli se, a pandemia azzerata è in programma un aggiornamento della riedizione del 2012.
“Assolutamente sì – è stata la risposta di Maconi – ci siamo ripromessi che ultimata questa fase emergenziale penseremo eventualmente a trovare le fonti adatte, dopo di che ci appresteremo a scrivere la parte finale”.  Quindi non è un capitolo chiuso, insisto: “Assolutamente no, anzi dal punto di vista sanitario – aggiunge – è interessante notare le analogie della peste del 1630 con il Covid attuale, infatti venivano fatte le stesse identiche cose di adesso come il Lockdown (ossia isolamento, chiusura, detenzione, confinamento) non si poteva circolare e chi proveniva da zone esterne non poteva entrare in città per cui se tu guardi è la stessa cosa che si è verificata in questi anni qui da noi”. E sulla dichiarazione del dott. Maconi non ci resta che attendere la fine di questa pandemia prevista, a Dio piacendo, per il prossimo 2022.
  • Alessandria – ubicazione “Chiese di Spedale” nel 1500
  • Piazza Goito ora piazza Don Soria
  • Corsie ospedale anni’30
  • Copertina dell’ultima pubblicazione nel 2012
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Via Venezia
Con via Mazzini, ricordiamo subito la strada già di Santa Teresa, ora Venezia, che continua da questa parte la breve via Brescia, continuazione a sua volta della brevissima via Padova. Via Venezia, si dice, è la strada del dolore in quanto è occupata interamente su un lato dai due nostri maggiori ospedali; una strada infatti molto frequentata di giorno e di notte per evidenti ragioni. L’esame di questa breve arteria cittadina dà occasione di esaminare tra l’altro lo sviluppo nel tempo delle nostre vecchie istituzioni di assistenza ospedaliera.
 
Cento anni fa ancora la zona stessa era considerata fuori mano, serrata dai vecchi bastioni e nota, come già prima d’ora abbiamo detto, quale “Cantone di San Bernardino”. La piazzetta di fronte all’ospedale dal 1871 s’intitola a “Goito”, denominazione che tutt’ora si confonde con quella di Penitenziario, sorto appunto sulla piazza stessa. Qui sino a qualche anno fa si teneva il mercato all’ingrosso della frutta e verdura, trasferito poi nel vecchio macello di via Piave; Il mercato si apriva alle prime luci del mattino e finito in breve le contrattazioni di qui si partivano le bancherelle rotabili che sino a pochi anni fa circolavano per le vie della città. I nostri anziani certo ricordano ancora le alte voci di invito delle nostre “verduriere”, abilissime nell’offrire i loro prodotti; oggi le bancarelle sono riunite nel mercato coperto di via S. Lorenzo e sulle piazze Marconi, S. Stefano e S. Croce di via Guasco.
 
Particolarmente del nostro “nosocomio” (termine pedantesco già usato per “Casa degli infermi”) diremo subito che fu detto “civile” per distinzione dall’Ospedale militare, già molto importante. Nel lontano medioevo “Ospedale” era ogni istituzione che offriva allora ospitalità e ricovero ai viandanti ed ai pellegrini; si può anzi dire che vi fu un tempo in cui ogni chiesa e convento aveva ospedale proprio. Un primo ospedale, già detto di S. Antonio, sembra risalire al 1295, situato oltre Tanaro a Porta delle Vigne, sulla strada per la collina; altro, sulla strada opposta per Asti, risale invece al 1483.
 
Un ospedale per “mendicanti” si apre nel 1604, col titolo di S. Maria della Pietà, nei pressi di S. Baudolino; dopo diverse trasformazioni diventa l’attuale Orfanotrofio di S. Giuseppe. A porta genovese, attuale piazza Marconi, funzionava un ospedale detto di S. Cristoforo. A ricordo del quale rimane oggi l’immagine del Santo stesso sulla facciata della vicina chiesa di S. Giacomo. E ancora ricordiamo la Chiesa della Trinità in via Alfieri, da tempo scomparsa, e S. Giacomo degli Spagnoli presso la chiesa di S. Matteo in via Trotti, ora distrutta; col titolo di Beato Amedeo divenne poi Ospedale militare nella Cittadella.
 
Accanto a queste istituzioni religiose troviamo numerose anche le Case di semplici benefattori; un Ospedale fu fondato dai Gamberini nei pressi dell’attuale Casa di riposo; altro per sole donne era aperto dai nobili Merlani in via Parma, a fianco di S. Marco (duomo attuale). Un ospedale privato è nato in via Maestra (ora Milano) nel 1353; era per soli uomini e nel 1565 trasferiva i suoi undici letti in via Verona ang. Via Volturno. Aveva accanto una chiesetta detta di S. Biagio; e il titolo passò tosto all’Ospedale, che poi nel 1570 si disse “Grande”, in quanto riuniva in sé e S. Cristoforo di Borgoglio e S. Antonio di Gamondio.
 
Così è nato il nostro ospedale “grande”, che nel 1573 occupava alcune case in via Treviso e largo Vicenza, dove già risulta evidente come luogo di cura. Si vuole che primo benefattore del nuovo ospedale sia stato S. Pio V, il Papa alessandrino; in verità con lui si inizia una lunga serie di elargizioni dalle quali si ricava in certo qual modo e la storia e lo sviluppo della nostra importante istituzione. Nel 1789 avviene il trasferimento in via Venezia, dove saranno altresì comprese altre fondazioni similari, di cui diremo in seguito.
Piero Angiolini 1958