Quando Alessandria ospitava l’Ospedale Militare [Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti

 

Nel 1953 venne chiuso definitivamente l’Ospedale Militare, anche se fin dal 1945 l’Esercito smise la sua funzione in Alessandria delegandone l’utilizzo alla Croce Rossa.  Certamente ora, dopo quanto la città sta soffrendo con l’avvento del Coronavirus, difficilmente potremo vedere nuove impalcature che non siano quelle destinate a proteggere l’incolumità dei passanti.
Il progetto approvato nel 2018, ossia prima che la pandemia costringesse ad uno stop forzato, intende sviluppare strategie di sviluppo che portino all’attivazione di politiche integrate per il rilancio della città, riconoscendo principalmente al complesso dell’ex ospedale Militare – Chiesa di San Francesco e al complesso monumentale della Cittadella il ruolo di catalizzatori, l’uno per il centro storico e l’altro per la sponda sinistra del Tanaro.
Tornando all’uso frequente, all’interno degli Ospedali Militari nel secolo scorso, di impacchi e decotti di lino, citati dal nostro Piero Angiolini, dobbiamo considerare che stiamo parlando di un’epoca in cui la medicina doveva sopperire alla scarsità di medicinali con le più antiche conoscenze mediche, anche le più popolari. Conoscenze peraltro utilizzate ampiamente dalle nostre nonne anche ai giorni nostri.
Infatti, per far maturare gli ascessi normalmente si usavano i cataplasmi con semi di lino, naturale quindi che la medicina Militare se ne sia appropriata anche in epoche assai scarse di conoscenze mediche.
Curare i malati con gli antichi rimedi “della nonna” anziché utilizzare i farmaci tradizionali. È la strada intrapresa da alcune strutture ospedaliere in Germania. “Talvolta potrebbero persino sostituire gli antibiotici”, sottolinea il primario pediatrico Alfred Langler, secondo il quale l’esperienza storica è già una prova della loro efficacia e vale quanto la conoscenza scientifica.
“Basta guardare la richiesta che hanno i rimedi naturali per accorgersi che occupano ancora uno spazio importante”, osserva Michael Teut della Charitè, che poi aggiunge: “Molti rimedi naturali, se applicati, permetterebbero al sistema sanitario di molti paesi di risparmiare sui costi”. I rimedi della nonna considerati più efficaci sono il brodo di pollo contro il raffreddore, il sacco di fieno caldo per alleviare i dolori, senza dimenticare i chiodi di garofano contro il mal di denti.
Tornando però al nostro Ospedale Militare, nel corso di una visita al suo interno, abbiamo potuto constatare quanto sia ampio l’edificio di via XXIV Maggio, tanto che Napoleone Bonaparte pretese di raddoppiarne la capacità tramezzandolo in orizzontale a scopo prettamente militare, ma con ciò sacrificando la bellezza delle ampie e artistiche volute che reggono i soffitti di quella che un tempo fu la Chiesa di S. Francesco.
Leggendo le parole di Angiolini riguardanti la tristezza del carro che nel corso della notte passava a raccogliere i morti all’interno della vecchia “Casazza” sul Tanaro, non si può evitare di andare con la mente al numero impressionante di morti che, da circa un anno ormai, siamo costretti a condividere con il Coronavirus… e non solo nel nostro Paese!
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Ospedale Militare
 Da oltre un secolo gli alessandrini riconoscono col titolo di “Ospedale Militare” un grandioso fabbricato situato proprio nel bel centro della città; la denominazione che in passato aveva dato nome anche alla strada, continua tuttora sebbene da qualche tempo il vasto complesso sia abbandonato, in attesa forse di nuova e diversa destinazione.
 L’inizio della costruzione si ricollega alla venuta in Alessandria nel 1220 di S. Francesco: accanto alla ben nota Chiesa che si vuole fondata dal Santo stesso, sorse infatti un Convento Francescano di cui si ha notizia certa nel 1254. Ai nostri Cappuccini va dato il merito di aver dato termine nel 1290 alla bella Chiesa per la quale nello stesso anno, Papa Nicolao IV concedeva speciale indulgenza a quanti facessero visita al nuovo Tempio.
 Più tardi, nel 1314 la Chiesa era ampliata da re Roberto d’Angiò e diviso nel 1317 tra Conventuali e Osservanti l’Ordine Francescano, Chiesa e Convento rimasero ai Conventuali. Avremo occasione di parlare ancora di questo importante Convento, del suo sviluppo e delle controversie con i Domenicani quasi confinanti. Per ora occorre giungere subito alla soppressione del Monastero ad opera di Napoleone I avvenuta con Decreto dato da S. Cloud il 23 germinale anno XI (1803). Occupato militarmente e subito trasformato in caserma, vide rispettata la Chiesa; alla caduta di Napoleone il governo Sabaudo non solo si tenne la caserma, ma nel 1816, senza alcun rispetto per l’arte antica, si prese anche la Chiesa che tosto divisa su due piani divenne dormitorio per truppa.
 Nel 1813 si provvide a trasformare in Ospedale Militare: sono dapprima istituiti 280 letti che diventano 400 nel 1858 per salire a 500 nel 1865 per l’acquisto di alcune case confinanti. E così poco a poco si costituì il ben noto complesso di uffici, corsie e cortili riducendo a Cappella la vecchia sagrestia. Su due fronti da via 24 Maggio a via Cavour si giunge sino al largo di via Lodi, mentre all’interno si raggiunge l’orto già Tapparone ora Borsalino (giardino Cosola); titolo: Ospedale Militare Divisionale durato sino al 1945, allorchè, per conservarlo, fu dato provvisoriamente alla Croce Rossa. Da due anni è chiuso, ferma restando la dipendenza.
Gli alessandrini ricorderanno il vecchio Ospedale che dalla strada lasciava scorgere gli ammalati passeggiare in alto nei terrazzi, come ricorderà il dispregio per i soldati di Sanità chiamati “papini” dal popolare impacco di linosa calda. I più anziani ricorderanno sicuramente la caratteristica ambulanza a due cavalli che ogni giorno sull’imbrunire faceva il lungo giro di tutte le Caserme cittadine per prelevare i soldati ammalati destinati al ricovero ospedaliero. Forse avranno ancora presente, triste ricordo, un altro carro che nel cuore della notte si partiva dalla vecchia “casazza” sul Tanaro (obitorio) per visitare gli Ospedali e gli Ospizi e recare al cimitero i morti di povera condizione. Durante la prima guerra la pietà delle mamme diede origine ad un Comitato per onorare sia pure con austero rito i soldati deceduti all’Ospedale Militare.
Piero Angiolini  28-05-1955