Piazza Garibaldi e i Portici Nuovi, Porta Ravanale, Piazza Santo Stefano e Lucia Lunati #12 [Un tuffo nel passato]

frisina_caldi Tony Frisina.

 

Questa settimana torno a proporre la lettura di qualche pagina tratta dal libro La mia cara Alessandria di Lucia Lunati.

Come abbiamo già potuto appurare nel corso delle scorse settimane la lettura è assai interessante. Soprattutto ci prospetta in maniera nitida quanto siano cambiati gli usi e le abitudini della gente e quanto sia diversa la vita di oggi rispetto a quella dell’Alessandria del tempo che fu. La lettura ci permette di conoscere quanto sia diversa la città e la sua urbanistica.

È passato poco più di un secolo dai ricordi che Lucia Lunati ci racconta, visto che parla della sua infanzia e giovinezza, lei che era nata nel 1891.

Il progresso ha inghiottito il bello ed il brutto, ha trasformato la gente e lo stile di vita dei nostri concittadini, ha travolto e seppellito in cumuli di macerie le vecchie costruzioni per darci la città che oggi conosciamo e che continua a subire trasformazioni e cambiamenti. Quasi sempre cancellando il passato, anzichè valorizzarlo, e una domanda sorge spontanea: “Perché?”  Per quali motivi questi atti irresponsabili avallati o proposti dal potere? Ognuno dei lettori si darà una risposta. Sicuramente in tanti l’azzeccheranno.

Poniamoci quindi alla lettura delle belle pagine scritte dalla signora Lucia.

“Tornando alla mia casa di via Mazzini, devo ricordare una mia indimenticabile compagna di giochi e di biricchinate.  Del resto chi in gioventù non ha preso gusto a fare qualche dispetto o qualche scherzo al prossimo?

Abitava nella nostra casa, il padre di questa mia amica che fu uno dei primi a far costruire una parte dei portici «nuovi» di piazza Garibaldi, come allora venivano chiamati e precisamente sul lato sud verso i giardini ove ebbe sede per molti anni (19151935) la Camera di Commercio.

Le nostre due famiglie erano affiatate e questo ci dava maggior possibilità di stare assieme e assieme andavamo sovente a passeggio o a qualche altro svago. Ricordo appunto una gita di sera al sobborgo Orti ove una volta all’anno si celebrava la festa patronale. Non rammento il mese ma sicuramente d’estate. Per la circostanza veniva allestito un ballo a palchetto con bancarelle per dolci, trombette torrone e laccaboni[1] e l’immancabile tiro a segno. Tutto molto modesto, in verità.

Questa festa un po’ paesana interessava non solo i pochi abitanti del sobborgo ma anche gli abitanti delle due vie, Mazzini e Guasco, che vi prendevano parte come se fosse a loro dedicata. Le due strade erano le uniche che sboccavano a porta Ravanale, specie via Mazzini, e questo dava il motivo, data la vicinanza, di una festa rionale. Questa porta Ravanale la sentii sempre nominare, ma mai la vidi perché scomparve quando ancora non ero nata..

Tutta la festa sarebbe andata liscia se all’improvviso non si fosse scatenato un temporale pauroso, quasi un tornado. Il vento ci impediva di camminare e la signora Guassardi, così si chiamava la mamma della mia compagna, ci prese stretto per mano e scappammo tra le urla della gente. Il tendone del ballo si capovolse con fragore e così anche le bancarelle furono sconvolte. Un polverone ci avvolse mentre le foglie degli alberi turbinavano col vento tra il fuggi fuggi generale sotto la pioggia torrenziale con tuoni e lampi. In queste condizioni camminavamo sino a casa; allora dagli Orti e la città non vi erano case ove ripararsi e quando giungemmo a casa eravamo più morte che vive dalla fatica e dalla paura. Chissà perché la buona signora non pensò dire paraggi in qualche casa al principio della via Mazzini. Avremmo risparmiato almeno un po’ di strada. Il giorno dopo io stavo male e il dottore mi disse che era solo spavento ma da allora non ho più potuto affrontare la folla né all’aperto e tanto meno nei luoghi chiusi.

Mi ricordo che ai primi tempi del cinematografo a piazza Santo Stefano mettevano per il pubblico un grande schermo a metà piazza ove proiettavano gratuitamente i films quasi per abituare la gente a questo genere di spettacolo (quanta strada ha fatto!).  La gente accorreva da ogni parte della città. Anche noi una sera vi fummo condotti dalla mamma. Ricordo ancora benissimo il nome del film, oltre la trama «Dal socialismo al nichilismo».

Lo spettacolo mi piaceva e avrei voluto vedere la fine di tutte quelle belle dame eleganti che ballavano in un salone ben addobbato e con grandi lampadari, mentre fuori e precisamente sul balcone stavano alcuni uomini preparati con bombe in attesa di far saltare in aria tutti, loro compresi.

Ma quando per caso mi diedi un’occhiata attorno e vidi tutta quella gente, mi prese il solito panico e i miei dovettero, a fatica per la ressa, portarmi via e calmarmi. Purtroppo per me fu sempre così e mai riuscii a vincere completamente questa fobia.”

Le ultime opere architettoniche di un certo pregio e fascino che questa città abbia eretto sono, a mio modesto parere, i palazzi di Piasa Savona (ormai da anni denominata Piazza Garibaldi). Luogo bello, di ampio respiro, tracciato alla fine dell’Ottocento a misura d’uomo… o meglio, a “dismisura d’uomo”, se pensiamo che ancora non erano arrivate le automobili ad invadere ogni angolo e la gente, in tutto quello spazio, aveva modo di perdersi. Proprio quella piazza inoltre ospitava spesso circhi equestri, le giostre nel mese d’Aprile e tante altre manifestazioni sportive e militari.

Purtroppo ora quel luogo – ma anche tutte le piazze di Alessandria – ha perso la funzione di spazio di aggregazione, trasformandosi in banale parcheggio; per tre giorni la settimana torna a vivere grazie al mercato ambulante.

Oggi propongo tre cartoline raffiguranti alcuni dei luoghi raccontati dalla scrittrice mandrogna.

Il primo soggetto mostra la riproduzione di una antichissima fotografia (scattata dal fotografo Federico Castellani[2] forse poco tempo prima della demolizione di Porta Ravanale). La cartolina fa parte di una serie di sei soggetti differenti stampati per conto del Municipio di Alessandria negli anni ’20; esiste una cartolina con la stessa raffigurazione stampata agli inizi del ‘900.

Piazza Garibaldi e i Portici Nuovi, Porta Ravanale, Piazza Santo Stefano e Lucia Lunati #12 [Un tuffo nel passato] CorriereAl 2

La seconda immagine raffigura l’angolo del Palazzo con i «portici nuovi» nei pressi del quale si incrociano due vetture tramviarie. Epoca 1913 circa.

Piazza Garibaldi e i Portici Nuovi, Porta Ravanale, Piazza Santo Stefano e Lucia Lunati #12 [Un tuffo nel passato] CorriereAl

Infine mi piace mostrare una cartolina di Piazza Santo Stefano che presenta anche una bella animazione di persone. Due banchetti di ambulanti arricchiscono la visione e un teatrino di burattini completa la scena di inizio Novecento.

Piazza Garibaldi e i Portici Nuovi, Porta Ravanale, Piazza Santo Stefano e Lucia Lunati #12 [Un tuffo nel passato] CorriereAl 1

Il teatrino di burattini non viene menzionato dal racconto di Lucia Lunati ma la sua presenza dichiara che la piazza, già in quel tempo remoto, era vocata per un certo tipo di rappresentazioni artistiche.

Non ci resta che rammaricarci per la distruzione dell’antico convento, che la cartolina inquadra come un fondale di teatro, diventato a noi noto con il nome di Distretto. Il palazzo che vediamo oggi al posto di quello antico e demolito pochi anni fa, ne scimmiotta le fattezze ed è una pessima copia di quello che c’era prima; la demolizione del Distretto e la ricostruzione sono servite soltanto a far gettare dalla finestra una vagonata di soldi pubblici.

Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini.[3]

Arrivederci alla prossima puntata!!!

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[1] La signora Lucia pare abbia pensato di italianizzare il nome del dolce tipico alessandrino, in vendita a ridosso del giorno di Santa Lucia. In passato erano in molti che pronunciavano questo nome italianizzandolo. Oggi è preferibile usare il vero sostantivo, forse nato in area popolare, così come anche indicato su Wikipedia (seppure con accento sbagliato. Io scriverei Lacabón, in quanto la O deve essere pronunciata chiusa).
https://it.wikipedia.org/wiki/Lacabòn

[2] Presente in Fotografi ritrattisti nel Piemonte dell’800 / Claudia Cassio ; ricerca fotografica di Sergio Chiambaretta ; con saggi introduttivi di Romano Fea, Anna Bondi. – Aosta : Musumeci, 1980. – 369 p. : ill. ; 32 cm.

[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Quod_non_fecerunt_barbari,_fecerunt_Barberini