Un dolore lontano [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

Alcune sere fa, rientrando a casa per l’ora di cena, accendo la tv e ascolto parole dure, ingrate, cattive.

Matteo Renzi, uno che la politica la conosce piuttosto bene visto che si è formato intorno e dentro ad essa, stava utilizzando un linguaggio apparentemente difficile da comprendere: quello del figlio che minaccia di pugnalare frontalmente il padre adottivo che ha chiesto ed ottenuto di avere, padre adottivo che ha tentato di pugnalare alle spalle in questo ultimo anno senza riuscirci.

Come più volte ho già espresso, faccio fatica da tempo a stupirmi degli eventi.
Lo stupore ormai non appartiene più neppure ai bambini.
Sono rimasto però a riflettere a lungo sull’atteggiamento di quell’uomo.

Quella notte sono andato a letto con addosso un fastidio, quasi un fardello totalmente ingiustificato.

La mattina seguente mi alzo molto presto, come di consueto, preparo la colazione e accendo la radio.
Paolo Rossi non c’è più.
Resto come paralizzato, mi prende una strana sensazione, come quella di un dolore lontano ma non abbastanza lontano da renderlo meno forte.

Le cose succedono, in questo 2020 ne sono accadute molte, forse troppe.
E i momenti di riflessione sono stati molteplici e più profondi.

Voglio dire che nell’arco di poche ore ho imparato che cosa vuol dire essere piccoli e che cosa vuol dire essere grandi.
Questo è certamente uno degli insegnamenti che quest’anno, lasciato alle spalle, resterà con me.