Il giorno di Pablito [Lettera 32]

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di Beppe Giuliano

 

 

Poi abbiamo vinto il Mundial, e nel corteo ho fuso il clacson dell’auto di mio padre, cosa che naturalmente non gli ho detto, e quando se ne è accorto ho fatto lo gnorri.

Però il giorno di Pablito resta quel 5 luglio. Si giocava di lunedì pomeriggio, allora i calendari non erano ancora dettati dalle tivú.

Aveva fatto schifo fino ad allora Paolo Rossi. Lo avevamo aspettato, tornato da pochi mesi dalla squalifica, finito nella pesca a strascico del primo calcioscommesse. Lui che quattro anni prima era stato lo straordinario, inatteso protagonista dell’Italia bellissima del mondiale d’Argentina. E il protagonista, suo malgrado immagino, della follia di Giussy Farina che aveva messo nella busta l’offerta di 2 miliardi e sei, e allora se l’era tenuto il Lanerossi Vicenza. Figuriamoci, la cifra dell’altra busta l’aveva scritta Boniperti, comproprietà persa dalla Juventus. Storia marziana, pure allora.

Aveva fatto schifo nel girone del mondiale di Spagna ‘82, come un po’ tutti. La nazionale criticatissima. Interpellanze parlamentari. Un giornalista aveva addirittura spettegolato di un flirt tra Rossi e Cabrini. Figuriamoci, il bell’Antonio che le ragazze ritagliavano le sue foto a colori, le appiccicavano sul diario, ci disegnavano attorno i cuori.

Aveva fatto schifo Paolo Rossi anche quando a sorpresa avevamo battuto l’Argentina. Di Maradona.

Tutti dicevano di lasciarlo fuori contro il Brasile, partita da vincere per qualificarci. Tutti.

Bearzot era un testone. Succhiava il cannello della pipa. Stortava un po’ di più quella faccia antica. E non ascoltava.

Il primo gol era stato di rapina, su un disimpegno sbagliato di Leo Junior. Quel lunedì pomeriggio battemmo il Brasile, fortissimo, che tutti pensavamo inarrivabile. Tutti.

La sigillò all’ultimo minuto una parata di Dino Zoff, il più grande portiere di tutti i tempi, per cui l’unico aggettivo giusto é miracolosa.

Però il tabellino era tutto suo, quel giorno. Il giorno di Paolo Rossi, suoi tutti i gol azzurri del 3-2. Cui seguiranno i due della semifinale e il primo della finale al Bernabeu e ormai tutto il mondo, davvero tutto il mondo celebrava il suo nome, e tutti lo conoscevano: bastava dire Pablito.