Antica Cattedrale abbattuta da Napoleone nel 1803 [ Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti

 

L’antica Cattedrale dedicata a S.Pietro sorgeva sull’attuale Piazza della Libertà, dove fu edificata nel 1170, per diventare Cattedrale nel 1178 in un fondo che apparteneva ai Marchesi Del Bosco. Secondo il Ghilini venne riedificata nel 1280 e portata a termine nel 1292. Per la sua edificazione fu imposto dal Comune un balzello ad ogni alessandrino – “Chi aveva mille lire di registro (l’equivalente dell’attuale Agenzia delle Entrate – N.d.r.) pagava soldi sei torinesi, e così diminuendo proporzionalmente. Chi non aveva registro pagava denari sei”.
Vale la pena raccogliere però la descrizione dell’uso della Torre Civica fatta dal Gasparolo il quale spiega come la stessa avesse anche funzione di Campanile: infatti, oltre al castello delle campane racchiudeva gli archivi comunali e notarili, e nel “Codex Statutorum” se ne fa frequente memoria. Verso l’anno 1650 essendosi introdotto nelle sale del Campanile l’abuso del gioco dei dadi, per il quale molte persone e famiglie ebbero consistenti danni patrimoniali, il vescovo Scaglia volle togliere quell’inconveniente col proibire quel giuoco in quel luogo di sua giurisdizione come appartenente ed inerente alla chiesa.
Quindi, sottolinea il Gasparolo, ne nacque opposizione per parte del Comune che sosteneva essere quella sala da tempo immemorabile occupata per l’archivio e per commettervi atti giuridici. Dopo varie contestazioni la questione fu ricomposta, dividendo il campanile dalla metà in giù profano, e dalla metà in su sacro e cioè appartenente alla Chiesa. Secondo il medesimo “Codex Statutorum” era proibito sulla piazza e nelle case alle donne di malavita stazionare o dimorare, sotto pena della frusta.
Nel corso degli anni la chiesa subì diverse modifiche e ampliamenti fino a quando, nel 1803, per volere di Napoleone Bonaparte, fu totalmente demolita per lasciare posto ad un’ampia Piazza d’Armi. Il vescovo ed il Capitolo chiesero e ottennero dal generale francese di eleggere a nuova Cattedrale l’ex Chiesa di San Marco e l’annesso convento domenicano quale sede del Duomo per la città di Alessandria. La nuova Cattedrale fu consacrata nel 1810 e intitolata a San Pietro come l’originaria.
Sono trascorsi molti secoli da quel 1170, ossia da quando, sull’antica Piazza, oggi della Libertà, sorse la prima Cattedrale di S. Pietro. Dobbiamo però attendere il 1689 per vedere sulla sua Torre quadrata i tre orologi realizzati dal Caldani di Acqui Terme. Ma era destino che quei tre orologi dovessero peregrinare per molti anni ancora prima di trovare la loro destinazione definitiva. Infatti, in seguito alla distruzione della Cattedrale sulla piazza, ora della Libertà, ad opera di Napoleone, dapprima l’orologio che segnava le ore fu collocato sul Palazzo Municipale in angolo con via Verdi per poi trovare la collocazione definitiva del trittico dove oggi lo vediamo.
Il campanile del vecchio Duomo, quadrato e ampio, posto sul fianco sinistro della chiesa, superava di poco la torre campanaria. Nella lunetta della porta d’entrata aveva il bassorilievo della lupa; più sopra il monumento a Gagliaudo. Sulla facciata superiore vi erano due orologi che segnavano l’uno, l’ora all’italiana, l’altro l’ora alla francese. Certo Caldani di Acqui nel 1790 aveva ideato e costruito un meccanismo speciale corrispondente ad altri tre quadranti che segnavano le fasi della luna, il mese, i giorni del mese, i giorni della settimana. Inoltre dopo le dieci di sera batteva 300 colpi a tre per volta in segno di ritirata.
=============================================
Le foto
1 – Plastico esposto in  Duomo della vecchia Cattedrale fatta abbattere da Napoleone.
2 – Bassorilievo della Lupa un tempo situato sulla lunetta della porta d’entrata dell’antica Cattedrale
3 – Monumento a Gagliaudo salvato dalle mine di Napoleone nel 1803.
================================================
Strade e contrade
Sempre a proposito del Palazzo delle Poste, ricordiamo un ultimo commento popolare sorto a inaugurazione avvenuta, commento non del tutto ingiustificato. Sistemati i vari servizi postali al piano di sotto e gli uffici ai piani superiori, si disse che la costruzione tanto discussa, aveva dato l’ultimo colpo di grazia alla nostra povera Piazza, che meglio doveva intitolarsi non già al nome d’Italia, come si era fatto nel 1943, ma semplicemente Piazza degli Uffici. Questo perché oltre alla Prefettura, al Municipio ed al Comando, che di buon diritto stavano da tempo sulla nostra Piazza, ora con le Poste, chi prima e chi dopo, ben quattro Istituti di Credito, di cui tre con Palazzo proprio, si erano collocati in ogni lato intorno.
Ne venne di conseguenza, che la vasta e bella platea animatissima di giorno, specie nelle ore di mercato, diventava assolutamente silenziosa e abbandonata (un mortorio si diceva) dopo la chiusura degli Uffici. E al calar del sole per la evidente   dei negozi intorno, diventava altresì buia e triste. Esagerazioni certo, ma con una punta di vero anche perché allora nessuno poteva prevedere le alte lampade al neon che sarebbero venute poi! Ed ora, prima di lasciare la Piazza per inoltrarci man mano lungo le vecchie vie che dal centro giungono alle porte della Città, ricordiamo anche la Torre campanaria che fu ultima a scomparire dopo le distruzioni del 1803 e di cui a memoria rimangono ancora il cosiddetto marmo di Gagliaudo (di cui diremo a suo tempo e luogo) e il notissimo orologio a lunario del Municipio, vanto della nostra Città e importante al punto che per i forestieri, specie del contado, la Piazza era detta della Luna!
La fabbrica della Torre campanaria durò diversi secoli e si può dire che alla fine progredì solo per l’aiuto dato dal Comune; con ragione quindi occupava il pian terreno ed il primo piano, dove da anni e anni aveva collocato l’Ufficio delle Gabelle e quello Metrico. Al Comune spettò invece l’indennizzo corrisposto dai francesi e precisamente la cessione di una casa rurale. E comunale era anche l’orologio collocato sul campanile nel 1689, opera egregia del Galdoni di Acqui. Nel 1803 caduta la torre, l’orologio fu traferito sull’alto del Minicipio, angolo di via Verdi; completata la costruzione dell’Intero Palazzo Rosso, l’orologio sempre a lunario e a calendario, venne collocato sul frontone di centro come tutt’ora vediamo.
Nel 1915 fu convenientemente riparato da Angelo Astuti, nostro concittadino orologiaio assai noto che ebbe il diritto di inscrivere il nome suo sul quadrante. E ultimo ricordo, ricordo di tristi momenti, nel 1943 la campana d’argento che annunziava le ore venne prelevata e sostituita con comune ferraccio; i buoni alessandrini, con spirito mordace dissero allora che il nostro secolare orologio era costretto a battere su di un “barnass” (popolare paletta del camino!). E chiudiamo le notizie di questa nostra Piazza che ebbe nel tempo molti nomi (Duomo, D’Armi, Prefettura, Reale, della Luna, Vittorio Rattazzi, Italia e infine della Libertà) col semplice ricordo del popolare monumento a Urbano Rattazzi, inaugurato il 30 settembre 1883 da Re Umberto, inopinatamente distrutto senza speranza di ritorno nel 1943.
PIERO ANGIOLINI – 1956