Crisi [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

 

Il periodo che stiamo vivendo va di pari passo con la parola crisi.
“C’è grossa crisi” recitava Corrado Guzzanti nei panni di Quelo, circa vent’anni fa. Allora entravamo nel nuovo millennio con tutte le incertezze di chi affronta un futuro incerto.
Oggi quelle incertezze ci fanno sorridere.
Oggi sarebbero auspicabili pensando alle paure che ci circondano.

Una paura che mi attanaglia è che i giovani attori che si affacciano nel panorama cinematografico nazionale non reggeranno al prossimo quarto di secolo.
Sono inconsistenti.
Hanno lo sguardo spento di una trota scongelata, nemmeno di una trota appena pescata, sarebbe chiedere troppo.
Non hanno voce né carisma, guardo le fiction senza capire i dialoghi; vi assicuro che non è sindrome di Beethoven, è che si parlano addosso e il labiale è quello di un luccio di lago.
Si muovono grazie ai cambi di inquadratura altrimenti sarebbero vasi di ceramica di bassa qualità, stuccati e smaltati per nascondere le venature. Di coccio, praticamente.

Le giovani leve della canzone sono altrettanto preoccupanti.
Parlano con l’auto tune anche durante le interviste altrimenti uscirebbe loro un timbro vocale irriconoscibile, anonimo e piatto.
I più ricordano la versione del coatto di Carlo Verdone; solo che hanno un ritmo tre volte più lento e non li salva neppure il vocabolario, lessico povero come una vena povera di ossigeno.
Mi diverto ad ascoltarli nelle canzoni dove perlopiù vomitano tutte le parole che non sanno proferire altrove. Personalmente però questo non mi basta.

“C’è grossa crisi” recitava Corrado Guzzanti.
Nel monologo seguitava così: “Ti chiedi: come mai? Dov’è la risposta? La risposta non la devi cercare fuori. La risposta è dentro di te ma è sbagliata!”

Crisi vuol dire anche scelta.
Sta dunque a ciascuno di noi decidere.
Se continuare a darci risposte sbagliate oppure andare oltre.