L’idrossiclorochina, quella che funziona. Ma non bisogna dirlo, né pubblicarlo. Parlano i medici Garavelli, Cavanna e Mangiagalli [Centosessantacaratteri]

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di Enrico Sozzetti

«Il trattamento precoce domiciliare ha drasticamente ridotto l’ospedalizzazione». Che significa pressione ridotta sulle strutture, impegnate solo nella cura dei casi più gravi e di tutte le altre patologie che vengono messe all’angolo da una emergenza che potrebbe essere gestita diversamente. Le parole sono quelle, identiche, di tutti i medici che in primavera hanno curato a casa i pazienti covid. Nelle loro testimonianze si parla di un decorso abbastanza breve, nessun effetto collaterale, niente decessi.

La medicina territoriale ha funzionato in Piemonte, Emilia Romagna, parzialmente in Lombardia (solo grazie a singoli medici).
Cosa hanno avuto in comune tutti questi modelli? L’idrossiclorochina. Quella che continua a essere vietata dall’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), ma rispetto alla quale c’è chi ha deciso rompere il muro del silenzio. Lo hanno fatto alcuni medici e una raccolta firme, che ha superato quota novemila, promossa dal gruppo ‘Medici in prima linea’ e sostenuta dal giornale Panorama.it, per chiedere all’Aifa di «ripristinare l’utilizzo di idrossiclorochina per i pazienti a domicilio nelle primissime fasi della malattia, se necessario anche con procedura d’urgenza».

Cosa è accaduto negli ultimi giorni? Tredici Regioni, tutte a guida del centrodestra, dopo una serie di consultazioni si sono mobilitate per chiedere al governo e all’Aifa di autorizzare un protocollo sperimentale domiciliare con l’idrossiclorochina. E poi, durante una conferenza stampa in Senato, Armando Siri (senatore leghista) e Matteo Salvini, leader della Lega, hanno presentato di fronte ai giornalisti (che peraltro invece di fare domande sulla modalità di cura per approfondire un argomento di vitale importanza, hanno posto quesiti unicamente politici) le esperienze sul campo di tre medici: Pietro Luigi Garavelli, alessandrino, direttore del reparto Infettivi dell’ospedale di Novara, Luigi Cavanna, direttore del Dipartimento di oncologia-ematologia dell’ospedale di Piacenza, e Andrea Mangiagalli, medico di base di Pioltello, tra i fondatori di ‘Medici in prima linea’ (ovviamente, conclusa la conferenza stampa è subito scattato lo scontro politico fra centrodestra e centrosinistra).

Garavelli, Cavanna e Mangiagalli hanno ribadito quello che molti sanno, ma che la maggioranza degli italiani non conosce perché i giornali (carta, web, televisione, radio) non raccontano, né cercano di approfondire. «Non abbiamo riscontrato effetti collaterali rilevanti, soprattutto i problemi di tipo cardiaco aritmico che sono stati il motivo principale della sospensione dell’utilizzazione da parte dell’Aifa, ma abbiamo invece visto la guarigione clinica dei pazienti» ripete Mangiagalli, che ricorda come a marzo «non avremmo potuto prescrivere l’idrossiclorochina ai pazienti, l’Aifa aveva emanato una direttiva sconsigliando l’utilizzo e così aveva fatto anche un sindacato medico. Però non ci siamo arresi, perché far morire la gente senza tentare nulla era contro il nostro codice deontologico». Aifa poi ha autorizzato l’uso, salvo fare successivamente marcia indietro dopo la pubblicazione sulla rivista internazionale Lancet di uno studio risultato poi falso.

Cavanna nelle scorse settimane ha ripetuto, commentando chi contesta l’uso dell’idrossiclorochina affermando che non esistono studi randomizzati che confermano l’efficacia, che «gli studi randomizzati devono essere il mezzo per curare bene la gente, non il fine. Lo studio randomizzato è una risposta ordinaria di fronte a una situazione ordinaria. Ma il Covid non è una situazione ordinaria. La medicina di tutti i giorni, quella nel mondo reale, è fondamentale. La pratica medica che dà risultati è essenziale in situazioni straordinarie, altrimenti rischiamo davvero che, quando avremo uno studio randomizzato, molta gente non ci sarà più. Perché impedire una terapia di sette giorni di un farmaco che alcune persone, come i malati di artrite reumatoide, assumono da una vita? Delle decine di migliaia di casi trattati per sette giorni in Italia, da medici ospedalieri e di base, in nessun caso si sono verificati episodi negativi».

Durante la conferenza stampa che si è svolta nella sala Nassirya del Senato (https://www.facebook.com/ArmandoSiri/videos/2033183053483620) è stata data la parola ai medici. Il primo è stato Garavelli. «Il covid – ha detto – è una malattia che nella fase iniziale si caratterizza per la replicazione virale e poi quella successiva che è la iper-risposta infiammatoria che causa i danni polmonari. Rispetto agli antivirali aspecifici parliamo dell’idrossiclorochina che è molto utile perché esercita una azione antivirale che impedisce la replicazione del virus nelle cellule e un’azione immunomodulante. Sulla scorta di quanto noto in letteratura nello scorso mese di marzo abbiamo iniziato a trattare i malati in fase iniziale e media a domicilio e questa è stata la base del successivo modello “Cura a casa” messo a punto in provincia di Alessandria dai dottori Paola Varese dell’Asl Al e Guido Chichino dell’azienda ospedaliera di Alessandria. Non posso poi che confermare la difficoltà a pubblicare i lavori sulle riviste scientifiche. Rispetto agli effetti sul cuore, questo è un tema che va approfondito perché il covid è una patologia sistemica, colpisce diversi organi e i danni cardiaci che vengono riportati all’idrossiclorochina possono essere invece fatti risalire al covid». Prima di passare la parola a Luigi Cavanna, il senatore Siri ha ricordato che «Aifa non ha mai pubblicato i dati sull’idrossiclorochina» e gli studi dei medici italiani che hanno usato il farmaco (nato una settantina di anni fa per la malaria e oggi regolarmente usato dai pazienti che soffrono di artrite reumatoide, ndr).

«Spero che con iniziative come questa riusciate a unire tutti, le forze politiche e anche i medici perché – ha esordito Cavanna – abbiamo di fronte una pandemia drammatica. Perché insistiamo su questo farmaco? Nessun medico a priori sposa un medicinale o un altro, lo dico subito. L’esperienza diretta, quella che ha visto curare migliaia di pazienti, è che è possibile dare subito un trattamento che si è dimostrato estremamente efficace. La medicina è una scienza pratica, vale quello che succede. Ci sono pazienti che abbiamo curato a marzo e ad aprile che rivedo ancora oggi e mi dicono “grazie dottore, stavo male, non respiravo più, ma dopo due giorni di cura stavo meglio e mi sono sentito rinascere” e allora penso nuovamente che questo risultato non è frutto di un caso o di una coincidenza. Quelle migliaia di persone guarite, e mai ospedalizzate, lo dicono loro stesse: la cura funziona». Poi una precisazione sugli enti regolatori, Aifa e Oms (Organizzazione mondiale della sanità): «Nella loro attività si basano su studi randomizzati (che si fanno per tutte le patologie che si affrontano con studi e ricerche ordinari, soprattutto per l’oncologia), invece il Covid è un evento straordinario, non ordinario. Se non si fa tesoro delle persone e dei medici che hanno somministrato farmaci che hanno avuto risultati favorevoli, riduzione della mortalità e dell’ospedalizzazione, facciamo un errore metodologico. Le cure precoci sono fondamentali per una malattia infettiva come covid. Aifa usa un criterio non criticabile da un punto di vista formale, quello che chiedo ad Aifa è considerare le evidenze dirette, quelle del mondo reale, il real world evidence, permettendo l’uso domiciliare a dosi adeguate di idrossiclorochina per ridurre l’aggravamento dei pazienti e lasciare gli ospedale liberi per i pazienti che altrimenti non ci vanno. I risultati della prima ondata lo hanno dimostrato, facciamo tesoro dell’esperienza».