La pandemia non ferma l’invasione di grano canadese in Italia con il raddoppio nel 2020 degli arrivi che crescono in quantità del 96% nei primi sette mesi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, spinte dall’accordo di libero scambio Ceta.
E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti sugli effetti del Patto commerciale tra Ue e Canada entrato in vigore in via provvisoria dal 21 settembre 2017 ma mai ratificato dal Parlamento italiano.
Un accordo che si sta rivelando un ottimo affare soprattutto per il Paese nordamericano ma che alimenta preoccupazioni per l’Italia.
“Nel periodo gennaio-luglio si è verificata, infatti, una vera e propria invasione di grano duro per fare la pasta dal Canada e ciò nonostante – affermano il Presidente e il Direttore Coldiretti Alessandria Mauro Bianco e Roberto Rampazzo – il prodotto canadese non rispetti le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese e sia trattato con l’erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale dove la maturazione avviene grazie al sole”.
L’import selvaggio di grano straniero fa concorrenza sleale al Made in Italy pesando sulle quotazioni del grano nazionale nonostante un raccolto nazionale stimato in flessione intorno al 20% rispetto allo scorso anno e un balzo nei consumi di pasta degli italiani, con un vero boom della pasta di grano 100 per 100 Made in Italy che nei primi sei mesi dell’anno sono aumentati in valore del 29% e rappresentano ormai un quinto della pasta totale venduta nei supermercati, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat.
In pericolo c’è la vita di aziende agricole che lo coltivano spesso in aree interne senza alternative produttive e per questo a rischio desertificazione. Proprio la concorrenza sleale del prodotto estero unita ad anni di disattenzione e abbandono nell’ultimo decennio hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 dopo con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati con effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente.
Alla luce di queste considerazioni acquisiscono ulteriore valore gli accordi di filiera come quello realizzato insieme al Cap Nord Ovest per il frumento tenero Gran Piemonte. Purtroppo, la situazione del grano italiano, stretto tra speculazioni di filiera e importazioni selvagge, è la punta dell’iceberg delle difficoltà che deve affrontare l’agricoltura italiana. Per questo vanno incentivati progetti virtuosi che garantiscono una prospettiva di reddito a medio-lungo periodo alle nostre imprese cerealicole oltre alla tracciabilità e sicurezza alimentare ai consumatori.
“La provincia di Alessandria, a forte vocazione cerealicola, frumento tenero in particolare, conta circa 34.000 gli ettari coltivati per una produzione media di 2,5 milioni di quintali. Con Gran Piemonte viene valorizzato il lavoro degli imprenditori che investono e credono nel territorio alessandrino per rilanciare il comparto cerealicolo e dare nuovo impulso all’economia territoriale puntando sulla distintività”, aggiungono Bianco e Rampazzo.
“La presenza sui mercati esteri è vitale per il Made in Italy ma negli accordi di libero scambio va garantita reciprocità delle regole e salvaguardata l’efficacia delle barriere non tariffarie perché non è possibile agevolare l’importazione di prodotti ottenuti secondo modalità vietate in Italia” concludono Bianco e Rampazzo nel sottolineare che “occorre lavorare per una profonda revisione dell’accordo che tuteli il Made in Italy dalla concorrenza sleale e garantisca ai consumatori la sicurezza alimentare”.