La storia del Galletto, sottratto ai casalesi nel 1215 come “trofeo” [ Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti
Una storia, quella del Galletto strappato ai casalesi nel 1215, attualmente poco nota nella sua interezza alla maggior parte degli alessandrini. Insomma, un particolare che ormai si perde nella notte dei tempi ma che ci ricorda appunto che furono gli alessandrini a muovere guerra ai casalesi i quali, a loro volta, circa duecento anni dopo, con Facino Cane, nel 1403, si ripresero, con gli interessi, secondo le cronache dell’epoca, quanto fu loro sottratto duecento anni prima.
Ma, andiamo per ordine: nel 1215 gli Alessandrini, alleati con il conte Tommaso di Savoia (1), i Milanesi, i Vercellesi e i Tortonesi dopo aver cinto d’assedio la città di Casale che era sotto il dominio dei Marchesi del Monferrato, riescono ad espugnarla il 2 agosto. Il saccheggio e le violenze sono senza limiti e molti abitanti vengono trucidati, le donne violentate, oltre a rubare in Cattedrale i corpi dei Santi Evasio, Natale e Proietto, che restituiranno in occasione di uno degli infiniti accordi stipulati con l’animo di violarli. Si impossessano altresì di un galletto e di un angelo di ottone che erano sulle torri della cattedrale di S. Maria Assunta fissandole sulle guglie, a mò di trofeo, della vecchia cattedrale di S. Pietro, in Alessandria, dove vi rimangono fino al suo abbattimento avvenuto sotto il governo napoleonico nel 1803.
Dove sia finito l’angelo non si sa, è probabile che sia andato ad adornare la casa di qualche amante delle memorie del passato, facendo una fine migliore delle catene tolte dagli alessandrini nel 1282 al ponte dei pavesi che, poste nella cappella di Santa Croce in duomo, secondo quanto racconta lo Schiavina, vennero da un sacrestano ai suoi tempi adoperate per attrezzare il camino della cucina. Il galletto recuperato (una copia, l’originale è custodito presso il Museo civico di via Machiavelli), è tutt’ora fissato sulla base di ferro e lamiera che sovrasta l’orologio a tre quadranti posto sul punto più elevato del palazzo Municipale di Alessandria.
Sono trascorsi un paio di secoli quando, nel mese di settembre 1403, ecco che Facino Cane, su sollecitazione della duchessa Caterina Visconti, muove su Alessandria che nel frattempo ha alzato la bandiera francese con il capitano Gabriele Guasco, capo dei guelfi locali.
Il presidio della cittadella di Alessandria, rimasto fedele ai Visconti, sta per arrendersi agli assedianti ed è a questo punto che Facino Cane piomba su guelfi e francesi alla testa di 600 cavalieri e dei ghibellini locali.  In tre giorni obbliga gli avversari ad asserragliarsi in Bergoglio. Con l’ausilio di alcuni pezzi di artiglieria, ricevuti via Tanaro (infatti all’epoca il Tanaro era navigabile, vedi dipinto (2) del vecchio ponte coperto sul Tanaro custodito nel Municipio di Alessandria), bombarda il castello e costringe il Guasco alla resa a patti. Il capitano rivale può allontanarsi dalla città con i suoi seguaci. Agli armagnacchi (il nome deriva dal conte Bernardo VII d’Armagnac) fatti prigionieri, che hanno mancato di parola dopo essere stati catturati dalle sue milizie, e in precedenza rilasciati dietro la promessa di non militare più ai danni dei Visconti, sono tagliate le mani.
Alessandria è saccheggiata per otto giorni. Le operazioni di spoliazione producono un bottino così grande che i soldati si limitano a rubare solo ciò che possono portare via con facilità; nello stesso tempo si recano nella città numerosi mercanti di Pavia, Casale Monferrato e Valenza che finiscono di ripulire dei loro beni le case dei ricchi guelfi. Le merci sono caricate su alcune navi ormeggiate nel porto sul Tanaro per essere trasportate e vendute nelle località vicine. Anche molti abitanti sono catturati e costretti a liberarsi con il pagamento di un riscatto. A causa del tradimento della causa viscontea è, infine, imposta ad Alessandria una taglia di 22000 fiorini. Il pavese Pietro Corti, che ha l’incarico di riscuotere la taglia, si rivela infedele nella riscossione di tale denaro; è subito decapitato. Al termine delle stragi Facino Cane fa prelevare dalla locale cattedrale di San Pietro le reliquie del Santo Evasio trafugate dagli alessandrini agli abitanti di Casale Sant’Evasio (Casale Monferrato) nel lontano 1215. Facino Cane le mette al sicuro con altre suppellettili sottratte alla stessa cattedrale, tra cui un antico crocifisso in lamine d’argento e rame, nel suo feudo di Borgo San Martino.
Da qui, dopo quindici giorni, le fa traslare in modo solenne a Casale Monferrato nella chiesa di Sant’ Evasio. Con i suoi famigliari Filippino, Francesco e Castellino Cane prende parte al tragitto processionale di sette/otto chilometri che separa Borgo San Martino dalla cattedrale casalese. Nella chiesa gli è consegnata la chiave dell’arca contenente le reliquie del martire.  Luminarie e suono di campane per tre giorni festeggiano a Milano la vittoria per volontà di Caterina Visconti. Creditore di somme ingenti la duchessa dà in pegno al condottiero le terre di Valenza (valore 40000 fiorini), di Montecastello (8000 fiorini) e di Breme (7000)
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1 – Tommaso I di Savoia, figlio (n. 1178 – m. 1233) del conte Umberto III, cui succedette (1189); s’inimicò rovinosamente il Barbarossa, ma poté riottenere la grazia e il possesso dei suoi dominî per l’intervento del suo tutore Bonifacio II di Monferrato.
2-  Antico dipinto del Ponte sul Tanaro custodito nel Municipio di Alessandria.
3 – Facino Cane.
4 ­– Caterina Visconti.
5 – Crocefisso dapprima sottratto dagli alessandrini ai casalesi nel 1215.
6 – Il galletto sul Municipio di Alessandria.
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Dal Galletto al Crocefisso
La storia del “Galletto” che dal lontano 1215, fa da girandola al vento, prima sul Duomo vecchio, ed ora sull’alto del Municipio, da qualche tempo in qua ritorna spesso sulle nostre gazzette e da ultimo ne ha parlato su queste stesse colonne, il signor Sindaco.
E’ una storia che ricorda le cosiddette lotte di “campanile” e che non abbisogna certo di commento alcuno; una storia che, caso strano rimase ignorata per lunghi secoli agli stessi casalesi, interessati alla vicenda, quei casalesi che pur seppero nel 1403 ripagarsi abbondantemente dei danni subiti nel 1215. Poiché è bene saperlo, l’episodio del “galletto” ebbe un seguito, troppo poco noto, e personaggi ne furono ancora gli stessi antagonisti di prima.
Nel 1215 (siamo ancora al tempo dei Comuni) gli alessandrini, alquanto bellicosi, avversi a Federico II, nipote del Barbarossa, gli muovono guerra e unitisi ai vercellesi, assaltano Casale e fanno scempio della misera Città. Entrati in Duomo si prendono tre Corpi di Santi, ivi custoditi, e saliti così per bravata, sulle più alte guglie tolgono anche un galletto in ottone e un angelo pure in ottone, che recano in Alessandria come trofei, tosto collocati su due pinnacoli della nostra Cattedrale.
Era Capitano degli alessandrini quel Tommaso di Savoia che le cronache del tempo registrano quale primo esempio di Condottiero italiano, seguito poi da altri famosi. Passano due secoli ed eccoci al seguito della vicenda del “galletto”. L’anno 1396, Teodoro di Monferrato, che stava in Casale, decide, d’accordo coi Visconti, di muovere guerra ai Savoia: Condottiero sarà ancora un Italiano, già al servizio dei Savoia stessi, Facino Cane, che per quella guerra prende con sè i ghibellini di Alessandria!
Avviene però che in quel trambusto gli alessandrini si ribellano ai Visconti e nel 1403 innalzano le insegne delle antiche libertà comunali, mai dimenticate. Ne trae subito profitto il casalese Facino che il 21 settembre si presenta alle porte di Alessandria per ricondurre la Città all’obbedienza; i Guasco ed il popolo tentano la resistenza chiudendosi in Borgoglio, ma sono sopraffatti ed il nostro povero Comune è messo a sacco in ogni suo quartiere per ben otto giorni.
Nessuna pietà ebbe Facino Cane e le cronache dicono che in quei tristi giorni ogni nefandezza fu compiuta ai danni nostri. Alla notizia Casale esulta perché vede vendicate o meglio, ricambiate, le giornate del 1215; si affretta quindi a chiedere al suo Facino la restituzione dei tre Corpi dei Santi: Facino vi aggiunge anche due Crocefissi di gran valore che toglie dal Duomo stesso.
Sappiamo poi che le Reliquie dei Santi e i due Crocefissi, caricati su appositi carri riccamente addobbati, furono recati con grandi onori in Casale, quivi ricevuti con esultanza da tutto il popolo che si era mosso in processione per incontrarli sino alle porte di Borgo San Martino.
Completamente trascurati furono invece sia il galletto e l’angelo, che rimasero indisturbati al loro posto; segno evidente che per i casalesi non avevano importanza alcuna e che di essi si era perduta ogni qualsiasi memoria anche se in bella mostra sull’alto del nostro vecchio Duomo. Oggi possiamo ben dire che al “Galletto” di Alessandria fa giusto riscontro in Casale uno dei due Crocefissi che tutt’ora è esposto nel Duomo di quella Città.
Piero Angiolini – 23-1-1954