Coronavirus, il Piemonte spinge sull’Aifa per l’idrossiclorochina [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

 

 

Mentre la petizione per chiedere all’Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) di ripristinare l’uso dell’idrossiclorochina ha superato le cinquemila firme (Panorama.it ha aperto una pagina dedicata in cui si possono leggere le ragioni della decisione e si può firmare su Change.org) si registrano in questi giorni altre iniziative sul fronte del farmaco, commercializzato con il marchio Plaquenil, che nella prima fase della pandemia ha permesso di curare e guarire, senza ricovero in ospedale, migliaia di persone in Italia.

Il senatore Franco Zaffini, di Fratelli d’Italia, ha chiesto alla Commissione Sanità del Senato di convocare quanto prima il presidente dell’Aifa e il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità «in merito al divieto di utilizzo dell’idrossiclorochina per il trattamento del coronavirus e anche in merito allo stato di avanzamento progetto ‘Tsunami’ per l’utilizzo del plasma ottenuto da pazienti convalescenti a scopo terapeutico.

Ritengo sia della massima urgenza capire cosa accade per trarre le necessarie evidenze per la cura del coronavirus in un momento di forte ripresa della curva dei positivi e degli ospedalizzati, sia con una valutazione dell’efficacia della terapia del plasma e sull’uso dell’idrossiclorochina per fare chiarezza sulla sospensione dell’utilizzo».

Intanto nel Piemonte che è stata la regione che ha sperimentato fra le prime, grazie alle iniziative messe in campo in provincia di Alessandria, l’efficacia del modello della “cura a casa” con l’idrossiclorochina, torna a farsi sentire l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Icardi, che sta continuando «a fare pressione sull’agenzia del farmaco per consentirne l’utilizzo che in Piemonte ha dato risultati incoraggianti. Come Regione – dice – stiamo ragionando su come, in piena osservanza delle norme, poterlo riammettere nel protocollo».

Una soluzione possibile è l’attivazione di un “registro 648” per consentire l’erogazione del farmaco a carico del Servizio sanitario nazionale per la somministrazione domiciliare. Lo strumento prevede che in mancanza di terapie efficaci per una malattia sia possibile utilizzare un procedimento sperimentale meno complicato e più agile. Icardi in veste di coordinatore nazionale della Commissione Salute lo aveva detto chiaramente il 22 luglio durante un incontro, a Roma, con Domenico Mantoan, presidente dell’Aifa, organizzato proprio per confrontarsi sull’utilizzo “off label” dell’idrossiclorochina nei protocolli di assistenza ai malati di covid in fase precoce. «Se esistono alternative, bisogna metterle in campo, non possiamo permetterci di farci trovare disarmati sul territorio o di lasciare tutta la responsabilità delle cure sulle spalle dei singoli medici» aveva affermato Icardi.

Ma da quell’incontro a oggi è seguito solo un totale silenzio da parte dell’Aifa. Che non si è smossa nemmeno di fronte agli studi che sono stati trasmessi all’Agenzia e pubblicati su riviste scientifiche. Studi che invece hanno dimostrato come il farmaco, se usato nella prima fase della malattia, funziona, non ha effetti collaterali, non è tossico (chiaramente va assunto sotto il controllo medico). L’idrossicolorochina è nata una settantina di anni fa per profilassi e cura della malaria, è stata usata da milioni di persone e oggi è prescritta per patologie come l’artrite reumatoide. Il meccanismo di azione è semplice: evita la replicazione genetica del Sars-Cov-2, bloccando il metabolismo.