In Piemonte arriva un ospedale da campo. Coronavirus, molti medici annunciano “daremo l’idrossiclorochina nonostante i divieti”. E parte una petizione [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

 

Il Piemonte che sta facendo i conti con la costante crescita dei contagi, con la rincorsa dei tamponi, le criticità ospedaliere e la medicina territoriale che sembra anch’essa in affanno, non si fa mancare un ospedale da campo. Ma pare che non sia da destinare laddove potrebbe essere necessario sul territorio, bensì per intervenire nel caso si manifestassero emergenze e catastrofi nel mondo. La solidarietà internazionale è una cosa bellissima e utilissima, ma più di qualche medico piemontese avrebbe storto il naso non tanto per l’iniziativa in sé, quanto per l’impegno innanzitutto di risorse umane che fanno capo alla Maxiemergenza regionale guidata dal direttore Mario Raviolo che ha illustrato il funzionamento della struttura (nel video la presentazione dell’ospedale, illustrata da Raviolo con la mascherina quasi del tutto abbassata) durante l’inaugurazione avvenuta sabato a Levaldigi – località della frazione di Savigliano in provincia di Cuneo, dove si trova l’aeroporto “Langhe e Alpi del Mare” – del Field Hospital “Emt” (Emergency Medical Teams) 2 della Maxiemergenza. L’ospedale da campo modulare, unico in Italia, con certificazione dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha una sala operatoria più una sala parto, può ricoverare venti pazienti e ha quattro letti di rianimazione e una capacità di cento visite ambulatoriali al giorno. Sarà impiegato in situazioni di emergenza, catastrofi dove si richiedono diversi interventi chirurgici, ma anche in caso di pandemia. «Facciamo parte dal meccanismo europeo di Protezione Civile, siamo allertati dalla sala operativa di Bruxelles. Qualora ci fosse bisogno, siamo pronti a partire» ha detto Raviolo, alla presenza delle autorità di Cuneo e di Alberto Cirio, presidente della giunta regionale piemontese.

Ma il nodo vero e irrisolto, ad Alessandria come in Italia, è impedire che un malato di covid-19 finisca in ospedale. Tutti a parlare di reparti da attrezzare, respiratori, terapie intensive, nessuno invece che sia capace di fare un solo passo all’atto della comparsa dei primi sintomi. Eppure si può fare. Anzi, è già stato fatto. Peccato che ragioni economiche e politiche impediscano di usare l’unico farmaco, aspecifico, che ha dimostrato di funzionare: l’idrossiclorochina. È accaduto in primavera, e Alessandria è uno di quei territori che ha dato vita al modello ‘Cura a casa’ che ha salvato centinaia di pazienti, ma ora non si può più fare perché l’Agenzia italiana del farmaco ha vietato l’uso dell’idrossiclorochina. Nei giorni scorsi però ha preso corpo una forte azione di protesta di un gruppo di medici che è stata subito condivisa dal giornale Panorama.it che ha sostenuto e lanciato una petizione con una raccolta firme (ha già superato le quattromila sottoscrizioni) per chiedere all’Aifa di ripristinare l’uso dell’idrossiclorochina. Questa è la pagina web https://www.panorama.it/news/salute/i-medici-useremo-la-clorochina-parte-la-raccolta-firme in cui si possono leggere le ragioni della decisione e firmare la petizione su Change.org.

Il farmaco, se usato nella prima fase della malattia, funziona (esistono studi su migliaia di pazienti), non ha effetti collaterali, non è tossico (chiaramente va assunto sotto il controllo medico). L’idrossicolorochina non è certo una novità, è nata infatti una settantina di anni fa per la profilassi e cura della malaria, è stata usata da milioni di persone e oggi è prescritta per patologie come l’artrite reumatoide. Ha un solo difetto: non è più coperta da brevetto e non è una fonte di guadagno per l’industria farmaceutica. Come funziona contro il coronavirus? Evita la replicazione genetica del Sars-Cov-2, bloccando il metabolismo. La terapia dura, mediamente, dai cinque ai sette giorni.

Molti studi internazionali hanno bocciato il farmaco, ma erano relativi a pazienti già ospedalizzati e in gravi condizioni, in questo caso l’idrossiclorochina non funziona come è ampiamente appurato, oppure sono stati usati dosaggi esagerati. In Italia, l’Aifa ha bloccato l’uso dopo uno studio pubblicato da “The Lancet” che stroncava la medicina. Uno studio risultato falso, truffaldino e incautamente accettato dalla rivista. Lo hanno ammesso tutti, tranne l’Italia e l’Aifa. Adesso è sceso in campo un gruppo di medici. Pronto a sfidare la legge per salvare i pazienti.