L’epatologo Carbone: “Con il Covid peggiorata situazione per malati di epatite C: occorre ridurre liste d’attesa, e prepararsi a test combinati e rapidi”

“Per una visita epatologica le liste d’attesa arrivano anche a 4/5 mesi”. A dirlo è Roberto
Carbone, epatologo e infettivologo del SS. Antonio e Biagio e C. Arrigo – ASO Alessandria, intervenendo al corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con Epatite C, organizzati dal provider Letscom E3 con il contributo non condizionante di AbbVie.

Dopo Pozzuoli, la seconda tappa è stata ad Alessandria, dove si è svolto l’incontro dal titolo ‘Buone prassi e networking nella gestione dell’epatite C in soggetti con disturbo da addiction, al tempo del Coronavirus’.

I corsi di educazione continua in medicina (che saranno in totale 17 su tutto il territorio nazionale) rientrano nell’ambito del progetto ‘HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il primo progetto
pilota di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società’ scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD), che coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i relativi Centri di cura
per l’HCV afferenti a diverse città italiane.

“Sicuramente occorre che ci sia un accesso tempestivo e facilitato alle strutture per i soggetti che appartengono alle categorie a rischio, come quelli che afferiscono ai Ser.D.- ha sottolineato Carbone nel corso della sua relazione dal titolo ‘Accesso al trattamento per HCV presso l’ospedale di
Alessandria’- ma in modo particolare per la popolazione anziana sopra i 65 anni, perché una buona percentuale di infezioni misconosciute sono proprio a carico di quella fascia d’età. E spesso i pazienti, purtroppo, arrivano al laboratorio in una fase già avanzata della malattia. Quindi sicuramente i test rapidi salivari ci agevoleranno, ma l’accesso ai trattamenti deve essere più semplificato e bisogna aumentare al massimo il numero dei centri prescrittori, per poter avere una visita epatologica in maniera tempestiva, senza lunghe liste d’attesa come purtroppo ci sono in questo momento”.

Secondo l’epatologo il progetto di eradicazione dell’epatite C entro il 2030 in Italia, come dettato dall’Organizzazione mondiale della Sanità, è “ambizioso e probabilmente un po’ troppo ottimistico – ha commentato – visto l’andamento non credo che riusciremo ad arrivare per quella data
al contagio zero in Italia, ma quello che stiamo facendo adesso è mettere le premesse per poterci riuscire.  Il lockdown, intanto, ha creato “notevoli problemi anche nel nostro ambulatorio: sono saltate circa 1000 prestazioni e almeno 60/80 trattamenti non sono proprio iniziati- ha fatto sapere Carbone – Il progetto HAND ci può dare allora una grossa mano nel recuperare il pregresso, sia per il riaggancio dei pazienti che hanno saltato le prestazioni sia per l’esecuzione di test rapidi per quei pazienti che sono ancora in attesa di fare gli esami di routine”.

In merito all’iniziativa di ACE (Alleanza contro le Epatiti), nata dalla volonta’ e collaborazione di AISF, SIMIT ed EpaC, che ha lanciato una campagna di prevenzione e screening che prevede per i cittadini un test congiunto per Covid-19 ed Epatite C, Carbone ha commentato: “Colgo l’occasione per ringraziare tutte le associazioni coinvolte nel progetto HAND, in particolare l’EpaC, che ci ha dato una grossa mano durante il periodo del Covid. Sicuramente è un’iniziativa lodevole perché molte
persone che sono positive all’epatite C ancora non lo sanno, non avendo mai fatto il test in precedenza, e lo stesso discorso vale per il Covid-19, perché molte persone asintomatiche sono potenziali portatori ma non ne sono consapevoli. Quindi poter disporre di un test combinato e rapido sicuramente è un grosso vantaggio in questa fase delicatissima, perché questo autunno ci sarà sicuramente una recrudescenza delle infezioni da Covid-19- ha concluso l’esperto- anche se non così elevata come nel periodo compreso tra marzo e maggio”.