Bartomlino e Mamlone, due briganti sansalvatoresi di fine Settecento [Alessandria in Pista]

di Mauro Remotti

 

Negli ultimi anni del ‘700, e a seguire nei primi dell’800, il territorio alessandrino vede il  diffondersi della piaga del brigantaggio[1]. Non soltanto nella Fraschetta – terra di confine tra la Repubblica di San Giorgio, il Regno di Sardegna e il Ducato di Milano – in cui si pratica il contrabbando, ma anche nelle colline del Basso Monferrato, dove imperversano Bartolomeo Caroglio, detto Bartomlino, e Mamlone, al secolo, Gioanni Batista Prevignano[2].

 

I due sono originari di San Salvatore, più precisamente del Borgo di Bagliarda, il quale “era una contrada che occupava luoghi bassi, dove l’umidità penetrava nei muri, il cesso era una chiudenda di canne sulla letamaia, l’antro della cucina dava direttamente nella stalla.”[3]

Il loro nascondiglio naturale è il Casot di Sassìn, luogo quasi inaccessibile, in quanto circondato da una folta selva e da una palude. Grazie alla Nota de’ banditi, pubblicata dal Senato Piemontese, è possibile conoscere alcune delle loro malefatte: in cinque anni, esattamente dal 1797 al 1802, uccidono, a scopo di rapina, sette persone e ne feriscono almeno altrettante, spostandosi rapidamente verso la piana di Casale, la Lomellina e l’Oltrepò.

Evitano con cura la zona della Frascheta, infestata dalla concorrenza di spietati fuorilegge, quali Antonio Mayno soprannominato “Passapertutto” e Giovanni Andrea Oddone, oltre al più celebre Mayno della Spinetta. D’altronde, “Si diceva che la terra Mandrogna era particolarmente feconda perché seminando fagioli nascevano ladri: si diceva anche che in essa non esistevano cimiteri perché i buoni Mandrogni morivano regolarmente in galera.”[4]

L’azione criminale più temeraria, un sequestro di persona, sarà loro fatale. Come racconta Elio Gioanola[5], i due decidono di rapire un ricco commerciante di Casale per poi chiedere un riscatto di mille scudi alla famiglia. Un gendarme in borghese si reca al posto convenuto per lo scambio (vicino a Fontana Nuova), dove però trova un biglietto che lo rimanda a una sponda del Po, vicino a Valmacca, nei pressi di un ceppo portato dalla corrente. La notte seguente attende i banditi per la consegna della somma convenuta, mentre nella boscaglia si trova nascosta un’intera compagnia di soldati. A un certo punto dal buio spunta una barca che si accosta alla riva: un’ombra armata fino ai denti (Mamlone) scende velocemente, strappa la sacca al gendarme assonnato, e scappa via.

I banditi, soddisfatti per la riuscita dell’impresa, tornano al loro nascondiglio e si preparano qualcosa da mangiare. Un contadino, appostato su una collina vicina, vedendo levarsi il fumo dal Casot di Sassìn, informa subito la polizia, che circonda il posto prendendoli di sorpresa. Catturati, vengono reclusi nel carcere di Alessandria. Bartomlino tenta il suicidio, pentendosi dei suoi misfatti davanti a un confessore. Al contrario, Mamlone, pensa soltanto (ma invano) a evadere.

La sentenza di condanna, emessa nel 1802, commina la pena di morte per impiccagione. I due compari sono costretti a salire sul patibolo, approntato in piazza d’Armi vecchia ad Alessandria. Ad attenderli la solita folla di curiosi composta da molti compaesani di San Salvatore. Tra questi, “C’è anche la madre del Mamlòne perché il figlio ha detto che voleva vederla come ultima volontà. Quando la donna sale sul palco lui l’abbraccia ma, invece di baciarla, le strappa un pezzo d’orecchio con una morsicata e poi grida: ‘È lei che mi ha rovinato, quando da ragazzo le portavo a casa una gallina rubata lei diceva un’altra volta portamene due. Così sono diventato un delinquente’. Pochi minuti dopo il boia apre la botola e i due pendono dalla corda come burattini.”[6]

Dopo la loro morte, inizia immediatamente a fiorire una ricca narrazione popolare che molto probabilmente ha contribuito a moltiplicare i crimini commessi, ma soprattutto a rendere leggendarie le figure di Bartomlino e Mamlone.

 

[1] Mauro Remotti, Il brigantaggio nella Fraschetta tra Settecento e Ottocento: le imprese di Antonio Mayno detto “Passapertutto”, CorriereAl, 23/03/2018

[2] Piercarlo Fabbio, Briganti in Monferrato Bartlomino e Mamlone, LMCA del 21/05/2014

[3] Gioanola Elio, Prelio, storia di oro e di stricnina, 1999, Milano, Jaca Book, pag. 11

[4] Erizzo Pierluigi e Ettore, Il regalo del Mandrogno, WR Edizioni, 1990.pag. 52

[5] Gioanola Elio, Maìno della Spinetta Re di Marengo e Imperatore delle Alpi, Milano, Jaca, Book, pagg.13-14

[6] Gioanola Elio, op. cit., pag. 15