Beaumont [Il Superstite 486]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

Se esistesse la palma di scrittore weird più sfortunato della sua categoria, forse se l’aggiudicherebbe il talentuosissimo Charles Beaumont, morto prematuramente a 38 anni nel 1967  per una malattia degenerativa a rapido invecchiamento, allora giudicata misteriosa – di sicuro, si trattava di una forma molto grave di morbo di Alzheimer.

Da ragazzino vedevo spesso scorrere quel cognome, che pronunciavo sbagliando “alla francese”, ma in realtà va detto “Biumont”, essendo lui americanissimo di Chicago.  Scorreva sul grande  schermo, come sceneggiatore di lusso per grandi film di Roger Corman quali L’odio esplode a Dallas, La città dei mostri, La maschera della morte rossa (nonché del bellissimo La notte delle streghe di Sidney Hayers, tratto da Ombre del male di Fritz Leiber, dove Charles era affiancato da Richard Matheson), e soprattutto sul piccolo avendo lui firmato gli script di ben 22 episodi del leggendario serial Ai confini della realtà dal 1959 al 1964. Non li vidi tutti allora, ovvio, anche perché in Italia arrivavano un po’ dopo l’uscita americana e a ore strane, ma in qualcuno dei più significativi ebbi la fortuna di incappare. Ad esempio, nell’onirico Un sogno lungo un attimo (Perchange to Dream), uscito nel 1959, in cui un uomo schiavo della sua immaginazione fuori dal comune ha la ventura di sognare “a puntate” e, convinto che l’ultimo sogno gli sarà fatale, si  reca da uno psichiatra per trovare un rimedio, ma niente da fare: la femme fatale che nell’incubo lo porterà alla morte – Maya, la donna gatto, attrazione in un Luna Park alla Bradbury – ha gli stessi lineamenti, vagamente Cat People di Tourneur, della segretaria del doc e per il nostro Edward Hall la faccenda finisce assai male… All’insegna dell’assioma “La mente può tutto”, Un sogno lungo un attimo è di una modernità sconcertante nel suo andirivieni tra il mondo reale e un incubo Dark Carnival in un Luna Park dove tutto gira e perde la sua forma, mondo della trasgressione di cui Maya rappresenta un’allusione erotica alquanto inusuale per l’epoca. Oppure, nel malinconico Un vecchio apparecchio radio (Static) del 1961, straordinario apologo sulla solitudine della terza età alla quale il protagonista, ospite di una cupa casa di riposo, tenta di opporsi ascoltando una vecchia radio che di tanto in tanto si sintonizza su trasmissioni del passato. Ne ha scritte altre venti di sceneggiature per The Twilight Zone, Beaumont, e di sicuro occorre menzionare Ululati nella notte (The Howling Man) del 1960, tratto da un suo racconto in cui appare Satana in persona, il famoso Chiamata a lunga distanza (Long Distance Call) del  1961, un vero e proprio incubo telefonico, e il particolarissimo Passaggio sulla Lady Anne del 1963 che racconta di una crociera che si scopre essere l’ultimo viaggio della vita. Gli altri titoli potete scoprirli su YouTube perché sono a disposizione con i suggestivi doppiaggi dell’epoca.

Per quanto se ne sia andato troppo presto, la produzione letteraria  di Beaumont è stata notevole, quasi sempre praticata nell’arte delle opere brevi, e la migliore opzione sul mercato resta la raccolta scelta di racconti Charles Beaumont: Selected Stories edito nel 1988 da Dark Harvest.

In Italia non è stato pubblicato granchè, purtroppo. I suoi racconti occorre andare a cercarseli qua e là, e spesso sono le perle delle antologie che lo ospitano. Da Wikipedia, ecco lo scarno elenco: Marziani riconoscenti su Visto n. 37 (1956), Lo stregone e la luna in Alfred Hitchcock Presenta Le Grandi Firme del Brivido anno II n. 6, (1960), La sera dello show su Urania 308 (1963), È scattata la molla in Giallo Selezione (1963), Figlio di…, su Urania 442 (1966), Un caso di coscienza o Ultimi riti, in Il futuro dietro l’angolo  (1967), Ballata in nero e Qualcosa nella Terra in Il meglio della Fantascienza, (1977), L’ultima parola in Terre pericolose, la fantascienza catastrofica 1919/1979 (1980), L’americano evanescente in Le grandi storie della fantascienza (1999), Dark Music in L’orrore nella musica (1991), La prigione del diavolo in Storie di diavoli (1997), Terra gratis in Oscar Horror 13 (1991).

Da questo elenco consiglio la lettura di Qualcosa nella Terra e Dark Music che, per quanto diversissimi, stupiscono per la loro indiscutibile attualità. Il primo, scritto nel ’63, è un pamphlet ecologico ante litteram, delicato e triste, nel quale in un futuro ancora tale il vecchio Gerald è il custode dell’ultima foresta, superstite area verde di una terra cementificata in ogni metro quadrato della sua superficie.

«Ci uccideranno tutti fino a quando non ci sarà più nessuno di noi, ci squarteranno e ci taglieranno gambe e braccia, ci bruceranno fino a ottenere soltanto nere ceneri… poi si dimenticheranno che siamo esistiti”: così dice Gerald a sua moglie la sera prima del previsto arrivo delle squadre che devono spianare la foresta. Dice “Noi”, non gli alberi, o la foresta, in una totale identiticazione uomo/ natura. E la difesa dello spazio verde arriva a estreme conseguenze il giorno dell’arrivo delle ruspe. Come un critico del tempo ha sottolineato, il racconto di Beaumont del 1963 uscì quando la coscienza ecologica era molto più trascurata di oggi. Eppure, nella sostanza, Gerald è ancora oggi inascoltato.  A ogni azione corrisponde peraltro una reazione. La furia distruttiva a favore del cemento provocherà la reazione della Terra, che sarà quella di un animale immenso non più disposto a tollerare che  i propri parassiti continuino a camminare sulla sua superficie. Una fiaba dolorosa, che si chiude con una profezia di pessimismo universale e che potrebbe essere stata scritta dieci minuti fa.

Dark Music parla  invece di un’insegnante rigorosamente puritana cui la vita concede un assaggio di sensualità che le si manifesta in forma di “suono”. Anche qui la natura e complice e partecipe e l’iniziazione della donna avviene secondo parametri che ricordano l’ascesa delle educande scomparse in quel di Hanging Rock, Australia. Le calzature e i vestiti vengono percepiti come orpelli inutili e le notti trasgressive della donna raccontano molto sulla repressione sessuale degli anni ’50. La sessualità “esplosa” è un tema ricorrente in Beaumont. Molte delle sue storie sono apertamente sessuali e si concentrano sulla natura provocatoria dell’erotismo in anni piuttosto rigidi e conformisti, con la discussione diretta di orge, verginità e sesso praticato al di fuori del matrimonio.

Se fosse nato venti o trenta anni dopo, Beaumont avrebbe lavorato molto di più per il cinema e di sicuro sarebbe andato incontro a una notorietà ben maggiore, possedendo un innato gusto profetico pari a quello di Bradbury, Sturgeon, Philip K. Dick, Robert Bloch e Richard Matheson, non a caso alcuni dei nomi con cui lavorò come sceneggiatore per l’immortale serie di Rod Serling The Twilight Zone (Ai confini della realtà).