Il bar Porcelli ai Giardini Pubblici [Un tuffo nel passato]

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di Tony Frisina.

Sovente tornano alla mente magici momenti trascorsi presso i Giardini Pubblici, vecchi ricordi risalenti all’epoca della fanciullezza.

Durante la bella stagione – soprattutto durante i pomeriggi festivi e nel dopocena – era consueto recarsi ai Giardini Pubblici, muovendo da qualunque zona della città per poi sostarvi qualche tempo. È logico che chi abitava dalle parti di Piazza Genova o agli Orti –  per fare qualche esempio – per cercare un po’ di refrigerio durante le sere estive forse preferiva restare presso le panchine che quei luoghi offrivano; non mancavano bar, presso cui assaporare un gelato o ristorarsi con una bibita.

Chi avesse avuto pazienza e una discreta voglia di camminare avrebbe potuto raggiungere comunque i giardini in poco più di un quarto d’ora… o qualcosa di più se si avesse avuto desiderio di gustare la passeggiata in quanto tale (chi abitava agli Orti forse avrebbe necessitato di almeno una mezz’ora per recarsi fino lì).

Le famiglie, una volta arrivate ai Giardini si dividevano…

Nooo!!! Non si deve pensare a separazioni tra coniugi! I ragazzini e i bambini, in relazione alla loro età, si separavano dai genitori, si sguinzagliavano per giocare correndo in allegria con gli amichetti di sempre o anche con altri conosciuti al momento. I mitici Giardini di quegli anni erano soprattutto il luogo ideale per la socializzazione.

Chi aveva solo quattro o cinque anni di età stava – sorvegliato a vista – nei pressi della panchina su cui i genitori oziavano chiacchierando; i bambini… già grandi – invece – sparivano alla vista e al controllo dei genitori e si facevano vivi solo sporadicamente nel corso di quelle poche ore o comparivano soltanto verso l’ora del ritorno a casa. In qualche caso di forte ritardo i genitori dovevano girare in lungo e in largo attraverso quel dedalo di vialetti, prima di riacciuffare il pargolo da riportare a casa.

Dopo un preambolo tanto nostalgico quanto inutile eccoci arrivati a descrivere la cartolina di oggi.

Il formato della cartolina è 10 x 15 e appartiene ad una numerosa serie che contempla i punti più belli e caratteristici di tutta la città. La particolarità di questa serie di cartoline è il grande bordo bianco e frastagliato, che reca impressa una specie di cornice facilmente osservabile con l’osservazione diretta.

Il Bar Porcelli – soggetto di questa cartolina – non è soltanto un luogo, non è il solito bar, non è uno dei tanti ritrovi. Le luci che di notte lo illuminavano (come si può osservare nella cartolina proposta) e la gente che a memoria d’uomo lo frequentava, testimoniano il cuore che questo mitico luogo aveva e che pulsava di vita.

giardini-porcelli-particolare-1Osservando attentamente questa immagine notiamo, affisse alla parete esterna della costruzione un paio di pubblicità pubblicità. Sono locandine che reclamizzano i Gelati Motta e la Birra Metzger.

Ritengo sia interessante far notare che il manifesto pubblicitario della Birra Metzger – del 1928 – è opera dell’artista futurista (e architetto) Nicholay Diulgheroff.[1]

Chi mi accusa di essere nostalgico non riesce a cogliere la differenza tra il mondo rappresentato dalla fotografia ed il presente?

No, paragoni non ne voglio fare!

giardini-porcelli-particolare-2Una scritta segnala che una zona del dehor è adibita a Sala di attesa Autolinee e un’insegna, in primo piano, indica che la fotografia è stata scattata presso il Viale della Repubblica.

Possiamo allora continuare con una bella carrellata sulla scena in fotografia osservando l’accuratezza con cui il gestore allestiva i tavolini; decorosissime tovagliette e poltroncine di vimini.

È bello osservare che, pur trovandoci presso i Giardini Pubblici, nonostante tutte le piante e i mille fiori che circondano questo locale, a contorno del luogo ci siano numerosi vasi con siepi curate ad arte.

giardini-porcelli-particolare-3Un’automobile – immancabile segno di modernità in tante immagini relativamente più recenti – fa capolino in un angolo dell’inquadratura. Ai lettori l’ardua sentenza (su marca e tipo della vettura).

Un’ultima annotazione: la cartolina è stata spedita il 27 febbraio 1953 e timbrata tra le 16 e le 17, come ci dichiara – in maniera inconfutabile – l’annullo postale.

Quest’angolo è ormai solo un sogno, è un mito che rimane nelle coscienze, è un idillio che resta nella memoria, che sta radicato nei ricordi di chi ha potuto vivere e gustare deliziosi momenti di vita presso questo luogo.

La bellezza e la pulizia (anche morale) che traspare in questa istantanea era la vera realtà di quei momenti. Niente di costruito o di artificiale per scattare la fotografia.

Alessandria era questa. Era proprio così; era linda e genuina come si osserva in questo piccolo angolo dei giardini. Quasi un Piccolo Mondo Antico.

La cartolina, stampata dalla Fotocelere di Torino era distribuita dalla Ditta Oneto di Alessandria.

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Inaugurazione del monumento Franzini. – Come già ebbimo ad annunziare, il giorno 25 corrente, alle ore 10, nei pubblici giardini, verrà solennemente inaugurato il monumento al capitano d’artiglieria Giuseppe Franzini, fratello al nostro sindaco, caduto nella infausta battaglia di Adua.

[La Lega Liberale – Periodico politico amministrativo della Provincia di Alessandria – Anno XXVIII – Numero 20 – Alessandria, Sabato 17 Maggio 1913]

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[1] Nicholay Diulgheroff, nato nel 1901 a Kjustendil (Bulgaria) e morto nel 1982 a Torino.

Diulgheroff esordisce giovanissimo in mostre collettive nella sua città nel 1915 e nel 1918. Dopo aver completato i suoi studi prima a Vienna poi a Dresda, nel 1923 aderisce alla Bauhaus di Walter Gropius a Weimar, dove conosce Schlemmer e Baumeister.

È del 1924 la sua prima mostra personale, alla Galleria d’Arte Nazionale di Sofia. Nel 1926 si trasferisce in Italia, dove studia presso l’Accademia Albertina di Torino. Qui conosce Fillia che lo avvicina al gruppo futurista di Torino fondato dallo stesso Fillia con Ugo Pozzo nel 1923. Nel 1928 partecipa alla Prima Mostra di Architettura Futurista di Torino e crea il famoso marchio a spirale per l’Amaro Cora.

Con i futuristi espone a Torino, Lipsia, Parigi, Firenze, Barcellona, Mantova e alle Biennali d’Arte di Venezia tra il 1928 e il 1942. Diulgheroff non si dedica solamente alla pittura, ma intraprende anche una florida carriera di grafico e pubblicitario. In questo senso è presente nel 1928 all’Esposizione Nazionale Italiana al Valentino di Torino, dove le sue opere compaiono all’interno del padiglione futurista. Nel 1937 partecipa all’esposizione Internazionale di Parigi, dove gli viene assegnata la medaglia d’argento. Come architetto non progetta solo edifici, ma si dedica anche alla creazione di oggetti d’arredo, pubblicati sulle principali riviste specialistiche come Casa Bella e La Città Nuova. L’incontro con Tullio d’Albisola lo inizia alla lavorazione della ceramica, spostandosi ad Albisola Marina, dove a partire dal dopoguerra si dedica principalmente ala sua attività di architetto e pittore, sperimentando vari tipi di riproduzione meccanica con serigrafie e litosericollage.