Il campanile del nostro Duomo dedicato ai Santi Pietro e Marco [Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti
Oggi parliamo del Campanile del Duomo di Alessandria dedicato a S. Pietro e S. Marco e sorto in seguito all’abbattimento dell’antica Cattedrale che sorgeva sulla piazza antistante il Municipio – “1297 – 1803” (nella foto qui sotto il plastico realizzato ad opera di Duilio Giacobone – anno 2003).
Quello di Alessandria è il terzo campanile più alto del Piemonte con i suoi 106 metri e 355 scalini che si devono scalare per raggiungere la torre campanaria dove sono alloggiate le cinque campane che compongono il “concerto”.
Ogni campana è dedicata ad un santo e la più grande, ossia il Campanone, è stata consacrata alla Beata Vergine della Salve e ai Santi Pietro, Giuseppe, Valerio, Baudolino e Antonio da Padova.
Fusa 202 anni fa a Casale da Pietro Gattinara fu consacrata dall’allora Vescovo di Acqui Carlo Sappa. Nel tempo, alle altre quattro campane, vennero effettuate diverse modifiche infatti, nel 1850 vennero fuse e ridotte a tre e successivamente, con l’aggiunta di altro metallo, nel 1901, tornarono ad essere quattro.
Attualmente non esiste più un campanaro infatti, grazie ad una apparecchiatura collocata all’interno del Duomo tutto quanto viene ormai gestito elettronicamente. Una modernità che però cancella definitivamente il fascino che avvolgeva il campanaro nello svolgere la sua professione.
Ed eccovi l’elenco dei cinque campanili più alti d’Italia:
Al primo posto con altezza di metri 113,20 il Campanile del Duomo di Mortegliano (UD).
Al secondo con metri 111,12 il Campanile della Cattedrale di Cremona, detto Torrazzo.
Al terzo con metri 106 il Campanile del Duomo di San Pietro e Marco, Alessandria.
Al quarto con metri 98,6 il Campanile di San Marco, a Venezia
Al quinto con metri 97,2 la Torre degli Asinelli, a Bologna.
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Le foto a corredo sono tratte dalle pubblicazioni “Ricordi Alessandrini” di Tony Frisina e da “Alessandria dal 1900 al 1940” di Domenico Picchio che ringraziamo per la loro disponibilità.
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Cenni storici del campanile nuovo.
Con la definitiva sistemazione del nostro duomo nella chiesa di S. Marco, subito furono iniziati gli studi e le opere per adattare l’antico tempio domenicano del 1200 alle nuove e maggiori funzioni di Cattedrale. Iniziamo le notizie dall’esterno, e precisamente con la storia del campanile che già al tempo dei frati era di forma quadrata e che successivamente venne, a partire dal 1817, modificato, migliorato ed innalzato. E’ finalmente compiuto, così come vediamo, nel 1922, alto e slanciato, in modo da renderlo ben visibile su tutta la pianura alessandrina.
Del vecchio campanile di San Marco abbiamo un ricordo storico che risale all’anno 1522, al tempo ancora del Governatore Ettore Visconti, che comandava quì da noi in nome di Francesco Sforza II. Fieri suoi avversari alessandrini erano Guarnero Guasco e Giovanni Biraghi, che parteggiavano invece per il Re di Francia: si racconta che in odio agli alessandrini il suddetto Visconti, nonostante le proteste di tutta la città, fece togliere, fatto mai più avvenuto, le campane a diverse nostre chiese, a cominciare proprio dal Campanile di S. Marco.
La nuova opera, iniziata nel 1817, più non ricorda la modesta colonna della chiesa domenicana che, a quanto pare, si alzava di poco oltre il tetto dell’edificio la nuova sede era dotata di una discreta guglia, che già superava in altezza ogni altro campanile della città: sul culmine recava, risplendenti al sole, le Chiavi ed il Triregno: sotto la cella campanaria figurava il motto che Papa Alessandro III aveva dettato per la sua città: Deprimit Elatos Levat Alexandriae Stratos. Si racconta che il giorno in cui, presenti autorità e gran folla di popolo, venne innalzata la campana maggiore (il popolare campanone del Duomo), proprio mentre stava per toccare la cella di collocamento, malauguratamente venne a cadere un tratto di muratura che reggeva la carrucola, con tutto il tiro delle funi! Tosto la folla, fra grida di terrore si disperse per ogni strada intorno, con un fuggi figgi generale. Fortuna volle che con grande prontezza e non senza rischio personale, chi dall’alto dirigeva la manovra, trovasse modo di avere a sostegno un nuovo valido rinforzo. Nondimeno, per più giorni la città fu piena di commenti per lo scampato pericolo, e fu voce generale che proprio la Madonna della Salve ( che aveva suo tempietto nel Duomo stesso) aveva fatto la grazia.
Nel 1818 le campane sono al completo, e risulta che ognuna di esse portava impresso immagini di nostri Santi popolari: per tutte, ricordiamo proprio il “Campanone”, che con lo stemma di Alessandria, aveva la Salva, il Crocefisso, S. Giuseppe, S. Pietro, S. Antonio, S. Baudolino e S. Valerio. E’ noto che questi ultimi due Santi sono rispettivamente Patrono e Compatrono di Alessandria: tutt’ora nella chiesetta del nostro cimitero vediamo in due povere statue, le figure sia dell’uno come dell’altro Patrono.
E ricordando ancora le campane del Duomo e relativo concerto di quel tempo, diremo che ebbero vita breve; infatti già nel 1850 si sentì la necessità di una sostituzione a motivo di una grave discordanza di suono. Una campana su tutte, a cagione di una fessura prodottasi, divenne proverbiale per il nostro buon popolo, che ne trasse motivo per commenti beffardi; pare che proprio allora sia nato il detto popolare “bati sul barnass”, riferito al suono di quella campana, che ricordava proprio il rumore che si ottine battendo insieme le molle con la paletta del camino, paletta che nel dialetto nostro si dice appunto “barnass”!
In quanto alle campane, avvenne in seguito una rifusione generale, ad eccezione di quella recante l’immagine della “Salve”, sicchè si disse che la nostra celeste Patrona avea anche questa volta fatta la grazia! Il collaudo del nuovo concerto avvenne precisamente il 24 gennaio 1850 e verbalizzanti furono allora il Maestro di Canpella di nome Chiesa assistito dal Causidico Verbalizzante, di nome Archini.
Il campanile del 1817 venne ancora completamente ed assai lentamente ricostruito, secondo il modella attuale, tra il 1889 e il 1922, su disegno dell’arch.to Boidi Trotti: iniziatore il Vescovo Salway, che ne benedì le fondamenta, sollevandolo soltanto sino all’altezza del tetto del Duomo: dopo di lui, continuatore fu il Vescovo Capecci che a fatica giunse sino al piano della cella campanaria. Finalmente, molti anni dopo l’inizio della costruzione, grazie all’intervento dei Nobili Signori Perego il giorno 4 settembre 1922, il Vescovo Milone poteva benedire l’alta colonna quale oggi vediamo, definitivamente compiuta.
Piero Angiolini – 1959