Stato di abbandono [Il Flessibile]

 CorriereAldi Dario B. Caruso

 

 

“Si trova in stato di abbandono.”

Questa è la constatazione lapidaria del medico di famiglia il giorno che andai a fare una visita di controllo dopo tre mesi di lockdown.

Dopo novanta giorni avevo preso cinque chilogrammi, perduto la tonicità muscolare, la mia postura – già fortemente condizionata dalla posizione chitarristica – sembra irrimediabilmente compromessa dalle ore al computer, la fronte già alta e spaziosa è un campo di grano mietuto da granate e la vista è calata: a miopia, presbitismo e astigmatismo si unisce un leggero velo di cataratta.

Un rudere.

Decido di riprendere l’attività fisica.

Con l’arrivo dell’estate non esiste nulla di meglio di una passeggiata sul bagnasciuga al mattino dalle sette alle otto sul litorale della mia città, due volte alla settimana escluso il weekend.

Medico di famiglia e congiunti approvano con entusiasmo l’iniziativa e plaudono al piglio con cui affronto la ripresa.

Il motto è “mi riprendo la vita”.

Le prime volte lo sguardo è rivolto a sud. Sempre.

Il mare alle prime luci dell’alba.

Gabbiani e cormorani mi catturano l’attenzione.

A metà percorso, nello stesso luogo e sempre nella stessa posizione, un pescatore con due canne e lo sguardo felice di chi sa che non prende né prenderà mai nulla ma che con quell’escamotage evita ormai da mesi di portare il cane a pisciare (“ci penserà quello stronzo di mio figlio, l’ha voluto se lo goda”).

Dopo alcune mattinate mi accorgo anche del nord.

Non è discriminazione geografica, è solo che a nord l’uomo non mette mano da troppo tempo.

Villa Zanelli è uno degli esempi più che ventennali di come l’uomo non faccia.

Siccome secondo un vecchio adagio volere è potere, se qualcuno non può è solamente perché non vuole.

E dunque sono lieto di aver seguito il consiglio del mio medico di famiglia.

Cerco di evitare lo stato di abbandono.

Me ne ricorderò alle prossime elezioni.