Il falsario dei tarocchi [Un tuffo nel passato]

frisina_caldi Tony Frisina

 

 

Sarà un destino, sarà una combinazione, sarà un caso?

Il fatto è che ogni volta che trovo un lotto di cartoline, quasi sempre scopro – in mezzo a loro – uno o più tarocchi.

Non intendo parlare di arance – sia ben chiaro – e neppure delle carte usate da certe ciarlatane… quelle donne che sostengono di prevedere il futuro.

I tarocchi hanno il fiuto e mi cercano, così – almeno – pare.

Il bello è che chi confeziona un tarocco è convinto di essere più furbo degli altri e immagina – anzi, ne è certo – che chiunque si beva tranquillamente il suo inganno. Tutti fessi insomma. In gergo si definisce tarocco qualcosa di falso o comunque qualcosa che viene modificato ad arte al fine di ingannare qualcuno.

In passato, attraverso le pagine di questa rubrica, avevo già parlato di eclatanti tarocchi in cartolina. Scoperte che avevo fatto anche grazie ad una certa dose di esperienza, oltre che di sesto senso personale.

Nel caso di oggi mi piace raccontare una piccola contraffazione che non toglie e non aggiunge nulla all’oggetto di questa chiacchierata.

Sto analizzando una discreta cartolina (Editore G. VistosiAlessandria) che riguarda il vecchio – e defunto – ponte sul Tanaro collegante tra loro la Città e la Cittadella.

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Sul ponte, proprio al momento dello scatto fotografico, sta passando il tram a vapore con il suo sbuffo di fumo nero. Di sicuro sta arrivando dai paesi del Monferrato, visto che quella linea – gestita dalla Società Tramvie Astesi – Monferrine – transita proprio sul ponte Tanaro. Uscendo dalla città dopo aver attraversato il fiume la possibilità era di dirigersi verso Fubine e Altavilla oppure verso Asti e da queste città fare poi ritorno.

Sul fiume, nei pressi della fragorosa cascata, staziona un pescatore, con la sua bilancia, a bordo del caratteristico burcen. Il posto per le attività ittiche è fra i più propizi, proprio dove le acque del fiume cadendo dal dislivello sono più ricche di ossigeno e forse anche più pulite (più di oggi di sicuro).

I lettori che aspettano, col fiato sospeso, che si parli del tarocco di cui accennavo poco sopra saranno presto accontentati.

L’inganno – il tarocco – è celato, neppure con tanta furbizia, nel francobollo di cui propongo adeguata scansione.

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Il primo dettaglio che mi aveva stupito, guardando per la prima volta la cartolina al verso, era stato il valore del francobollo. Non era una piccolezza, trattandosi di un’emissione delle Poste Italiane da L. 1,75. (Vittorio Emanuele III del 1927). Per spedire una cartolina – nel 1917, come era stata spedita questa – era sufficiente una spesa di molto inferiore e comunque in quell’anno il francobollo non era ancora in uso.

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Altra grave disattenzione da parte del falsario–pasticcione consiste nell’aver usato un francobollo a sua volta già timbrato e con un annullo tondo non corrispondente a quello che – semmai – avrebbe potuto ingannare un osservatore superficiale. Chiunque, infatti, pur non intendendosene di storia postale, può smascherare questa grottesca seppur piccola bufala.

A questo punto una domanda sorge spontanea.

Per quale motivo qualcuno avrebbe falsificato in maniera così puerile una cartolina?

Io una spiegazione ce l’avrei. E credo anche di non sbagliare.

A volte si trovano vecchie cartoline a cui sono stati strappati o delicatamente scollati i relativi francobolli. Chi aveva rinvenuto questa cartolina, trovandola mancante del suo francobollo e volendola cedere, aveva pensato di renderla più appetibile provvedendo personalmente all’aggiunta. Il tarocco appunto.

Il bello è che in passato e per tanti anni anche io, in diverse occasioni, avevo acquistato vecchie cartoline da una persona. Mi accorgevo che quasi sempre le cartoline che costui mi cedeva erano tutte spedite. Il furbacchione, credendo che nessuno se ne potesse accorgere, provvedeva di persona a scriverle e ad affrancarle, usando vecchi francobolli che poi lavorava ad arte, continuando il tondo del timbro che per forza di cose mancava sul supporto bianco della cartolina, dove invece doveva trovarsi. Il bello è che anche la cartolina che presento oggi fa parte di un blocco recentemente acquistato e inoltre so che il vecchio collezionista ed ex possessore di questo soggetto si rivolgeva allo stesso… taroccaio di mia conoscenza. Per rendere – almeno in parte – più credibile il falso, l’ingenuo truffatore aveva sporcato il francobollo con inchiostro, continuando il timbro nelle zone in cui naturalmente mancava. Anche in questa operazione lo sciocchino aveva peccato di ulteriore ingenuità: si era servito di inchiostro di altro colore ma non nero.

Insomma, io mi diverto osservando queste stranezze e sono addirittura grato al misterioso falsario (ma non per me) di avermi dato l’opportunità di scrivere queste quattro noterelle con cui spero di non aver annoiato il lettore.