Boldi (Lega): “La sanità non è solo Covid: ripensiamo il modello Piemonte, valorizzando gli ospedali di territorio. Irccs ad Alessandria sarà salto di qualità per tutta la provincia”

print

di Ettore Grassano

 

 

“La decisione di raddoppiare il numero di posti di terapia intensiva e subintensiva negli ospedali piemontesi è un’ottima cosa, ma va chiarito che si tratta dell’attuazione, da parte della Regione, di quanto previsto nei primi articoli del DL Rilancio, per preparare la rete ospedaliera del Piemonte ad un’eventuale seconda ondata autunnale di Covid 19. Per riorganizzare e rilanciare davvero la sanità piemontese, e alessandrina, serve però molto altro, e di più: e la Lega ha già avanzato proposte concrete”.

Rossana Boldi (Lega), Vice Presidente della Commissione Affari Sociali della Camera del Deputati, è complessivamente al suo terzo mandato in Parlamento, e anche in virtù della sua laurea in medicina si è sempre occupata da vicino di tematiche sanitarie, oggi più che mai centrali non solo in un’ottica di lotta al virus, “ma di riorganizzazione profonda del sistema, dopo i tagli drammatici del Governo Monti, di cui abbiamo ora tutti ben chiari gli effetti: dobbiamo partire da una profonda revisione della Delibera regionale 1/600, emanata dalla giunta regionale retta da Chiamparino e figlia della legge “Balduzzi”, e del DM 70 del 2015, questo mi auguro sia chiaro a tutti”.

Cerchiamo allora di capire come è più opportuno procedere, con un’attenzione particolare alla sanità di casa nostra, e al futuro degli ospedali ‘di territorio’, che fino a qualche mese fa parevano destinati ad un ‘declassamento’ inesorabile, e il cui ruolo invece pare essere tornato centrale, e strategico.

La fusione sanitaria di Alessandria tra progetti per l’azienda unica e parole al vento [Centosessantacaratteri] CorriereAl

 

On. Boldi, 25 posti di terapia intensiva in più per gli ospedali della nostra provincia, che diventeranno 70: oltre a quelli di terapia subintensiva, all’occorrenza trasformabili. Sarà sufficiente?
Si tratta di un provvedimento corretto, che recepisce le indicazioni del DL Rilancio. Ma stiamo parlando semplicemente di come attrezzarci in caso di nuova ondata di Covid 19 in autunno-inverno. Ondata che secondo gran parte degli esperti ci sarà, ma dovrebbe avere caratteristiche di minor intensità e virulenza rispetto alla prima. In base a questa analisi forse sarebbe stato meglio, da parte del governo centrale puntare su una maggiore flessibilità con più posti “trasformabili”e vedremo quale sarà il testo finale del decreto. Ma la sanità italiana va profondamente riformata e potenziata, a prescindere dal virus.

Caro Assessore Saitta, se 4 ore di attesa per una prenotazione e 4 mesi per una visita in ospedale per lei sono normali.... CorriereAl

Qualcuno in questi mesi, in area Governo soprattutto, ha fatto capire che si dovrà tornare ad un saldo controllo centrale della sanità, con ridimensionamento del ruolo delle regioni: cosa ne pensa?
Sarebbe semplicemente una follia, un suicidio, oltre certamente ad uno spreco di risorse. Avete presente quali sono stati i tempi con cui Roma ha percepito la gravità della situazione? Biblici…Completamente immobile dal 22 gennaio alla fine di febbraio, poi indicazioni contrastanti su tutto, dai tamponi alle mascherine, infatti qual è la regione del nord che ha saputo affrontare meglio l’emergenza, limitando i danni? Il Veneto, che ha seguito sue tempistiche e suoi protocolli spesso divergenti dalle indicazioni centrali. No, mi credano i lettori, non parlo da persona di parte, ma da cittadina: alla sanità italiana servono più risorse, e più autonomia decisionale per le singole regioni. E si deve ripartire da una profonda revisione della legge Balduzzi (cui è seguita la famigerata delibera 1/600), con cui il Governo Monti in ossequio ai dictat europei decise che per risanare i conti dello Stato si dovevano tagliare drasticamente le spese sanitarie, e del DM 70, che ha definito gli standard qualitativi e quantitativi dell’assistenza ospedaliera ed ha determinato il taglio dei posti letto, non solo in terapia intensiva, ma in tutti i reparti. I risultati eccoli qua, sono sotto gli occhi di tutti.

Secondo molti parlare di post Covid è prematuro: ma intanto gli italiani si ammalano e talora muoiono anche di altro…
Appunto: in questi mesi, inevitabilmente ma drammaticamente, tutto si è bloccato: le visite specialistiche, con allugamento spaventoso delle liste di attesa, gli interventi chirurgici, salvo quelli ritenuti urgentissimi, ma anche gli esami di controllo per patologie oncologiche,cardiologiche, polmonari,cardio-cerebrovascolari ,endocrine, potenzialmente mortali. E’ assolutamente necessario non solo tornare alla normalità, ma ridisegnare il modello della sanità, in maniera tale che determinate patologie vengano affrontate, sul fronte della prevenzione ,della terapia ospedaliera nella fase acuta , nel post acuzie e seguite adeguatamente al domicilio quando croniche.

Guardiamo concretamente al caso Alessandria, intesa come provincia……
E’ presto detto: il centro sinistra a guida Chiamparino, dal 2014 al 2019, ha fortemente indebolito, in nome del rigore, sia la sanità ospedaliera che quella territoriale, e comunità ritenute a torto ‘marginali”, come la provincia di Alessandria, ne hanno fatto le spese più di altre. Ora, paradossalmente, il disastro Covid ci dà l’opportunità di fare tabula rasa, e ripartire da zero. Certo, la Regione non può decidere tutto, e da sola: però alcune scelte sono strategiche, e vanno fatte.

I sindaci del tortonese delusi dal direttore dell'ASL AL: "Gli impegni non sono stati mantenuti" CorriereAl

Ad esempio?
Riqualificare davvero gli ospedali di territorio, prendendo atto che alcuni di questi (cito Tortona, che conosco bene) hanno dimostrato in questi mesi di avere caratteristiche, sia strutturali che logistiche, che li rendono indispensabili. Proprio Tortona, grazie anche all’importante lavoro organizzativo del commissario straordinario Guerra,e all’impegno del Comitato per l’Ospedale, ha saputo rendere un servizio fondamentale non solo alla provincia di Alessandria, ma a tutto il Piemonte. Ora, però, merita un rilancio vero , puntando al ripristino di reparti fondamentali e indispensabili per il nostro territorio, come ad esempio la cardiologia. I lavori per il reparto di fisiatria, promessa mai mantenuta dalla giunta Chiamparino, finalmente appaltati dalla attuale giunta regionale, riprenderanno dopo l’emergenza Covid e sono certa che saranno un punto importante della riqualificazione del nostro Ospedale. Sono anni che lo ripetiamo in tutti i modi: hanno presente a Torino cosa sono le vallate tortonesi? Lo sanno che una gran parte della migrazione sanitaria del Piemonte (che vale 46 milioni di euro) viene proprio dal nostro territorio? Come è possibile che a Tortona o Acqui non esistano ospedali in grado di fronteggiare le emergenze cardiologiche, che non ci sia la possibilità, fondamentale, di stabilizzare i pazienti, senza sottoporli al rischio di un trasporto troppo lungo, e che mette in pericolo la loro vita?

Non serve dunque un unico ospedale provinciale, moderno ed efficiente?
Chiariamo anche questo punto: Il Santi Antonio e Biagio di Alessandria può e deve essere una struttura ospedaliera complessa e di eccellenza, e i passi in avanti che si stanno facendo sul fronte del riconoscimento dell’Irccs sono fondamentali. Ma questo non significa eliminare gli altri presidi ospedalieri, tutt’altro: semmai, secondo me, varrebbe la pena pensare ad una nuova organizzazione: una azienda ospedaliera forte e omogenea, che gestisca sia l’Ospedale di Alessandria, sia gli altri sul territorio, ossia Casale, Tortona, Novi, Ovada, Acqui, e una Asl che si occupa della sanità del territorio, assolutamente fondamentale se si vuole rispondere in maniera efficace ai crescenti bisogni di una popolazione sempre più anziana e affetta da pluripatologie.

A proposito di Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico: a che punto siamo?
Il focus di questo Irccs ricordiamolo, dovrebbe essere sullo studio delle patologie ambientali, e del mesotelioma, in stretta sinergia con l’Ospedale di Casale Monferrato, e benefiche ricadute su tutta la provincia: Irccs significa decine di nuovi posti di lavoro, ad alta specializzazione non solo medico sanitaria, e un volano complessivo per l’economia del territorio. Ricordo che in Piemonte oggi esiste un solo Irccs, a Candiolo, ed è privato: il nostro sarebbe, anzi sarà, quindi il primo Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico pubblico di tutta la regione. Un traguardo fondamentale, a cui in tanti stiamo lavorando da anni. Purtroppo, proprio mentre facciamo questa intervista, mi giunge la notizia che l’emendamento a prima firma Molinari, che anche io avevo sottoscritto insieme a tutti i membri Lega della commissione Affari Sociali, che chiedeva fondi per la ricerca e per l’Ospedale di Alessandria, è stato bocciato dalla maggioranza che sostiene questo governo.
Il commento può essere solo uno: incapaci, inadeguati e privi di una qualunque prospettiva pro futuro per il nostro territorio e per il paese.

Copia di Distretto Sanitario di Novi-Tortona: attivato il nuovo servizio di cardiologia territoriale 1

Altro snodo critico sono i medici di base, on. Boldi: anello debole del sistema, o punto di forza? Oggi l’impressione è che tutto dipenda da capacità o negligenza dei singoli, senza un vero controllo di qualità, per così dire…
Certamente a mio parere, occorre che il medico di famiglia e il pediatra di libera scelta, siano figure sempre più centrali e qualificate, vero e proprio elemento di congiunzione tra il paziente e le strutture sanitarie, ospedaliere e non. Il medico di base deve saper seguire il paziente, consigliarlo, conoscere nei particolari la sua storia clinica , fare da tramite con gli specialisti ospedalieri, e seguirne poi il percorso post ospedaliero, a domicilio e sul territorio. Naturalmente per fare questo è necessario investire sui medici di medicina generale e sui pediatri di libera scelta, sul fascicolo sanitario elettronico, la telemedicina, le applicazioni che permettono il controllo di pazienti a distanza, insomma tutto quello che può aiutare nella gestione dei pazienti.

Ad Alessandria il corso di laurea in Medicina è ormai prossimo al terzo anno, e insieme a Infermieristica andrà a costituire un polo formativo importante per il nostro territorio. Complessivamente, com è possibile che si sia arrivati a questa carenza di personale medico e sanitario?
Si chiama mancanza di programmazione, e naturalmente anche di risorse. Il numero chiuso, nella attuale situazione, va superato, la visione deve essere più ampia e pensare al domani. E, soprattutto, occorre fare in modo che esista un accesso alle specialità (che per legge necessitano di borse di studio) ,con numeri infinitamente più ampi degli attuali, e su questo anche la Regione può e deve fare la sua parte.Poi, naturalmente, esiste il problema dell’inserimento professionale, che deve essere in grado di stimolare i neo medici, soprattutto in termini di prospettiva e di remunerazione Altrimenti ovviamente i migliori continueranno a guardare altrove: al privato, e all’estero. Non basta aumentare il numero dei posti letto, bisogna risolvere il problema del personale sanitario, in termini di numero e di formazione.
Nell’emergenza io sono assolutamente favorevole alla immissione nel SSN degli specializzandi al penultimo e ultimo anno di specializzazione e naturalmente alla loro stabilizzazione e al coinvolgimento pieno di tutte le professioni sanitarie, divenute ormai una realtà indispensabile nella gestione dei pazienti, in ospedale come sul territorio. E parlando di gestione dei pazienti un richiamo doveroso va fatto alle farmacie, che nell’emergenza hanno dimostrato di essere un riferimento indispensabile per i cittadini e che meritano di vedere realizzata finalmente appieno la legge sulla farmacia dei servizi.

On. Boldi, l’ultima domanda è molto personale, decida lei se rispondere. Il Covid ha colpito direttamente la sua famiglia, e per fortuna è finito tutto bene. Ma è finito davvero?
(la voce si incrina, ndr) Rispondo, perché spero possa servire a chi è stato colpito dalla malattia. Purtroppo non finisce, non subito almeno. E’ una esperienza terribile, una distanza straniante con il tuo famigliare, che non puoi incontrare per tutto il tempo del ricovero: e per fortuna esistono i cellulari, altrimenti sarebbe un disastro. Ma gli effetti psicologici restano, eccome: su chi è stato in ospedale, e sui famigliari. Senza dimenticare le possibili conseguenze fisiche, su diversi organi, che sono ancora tutte da verificare. Questi sono pazienti che necessitano di essere monitorati e seguiti per molto tempo e rischiano di alimentare il numero dei malati cronici.Ma non abbiamo alternativa: dobbiamo andare avanti, e naturalmente attuare tutte le procedure di prevenzione e cura, fondamentali, nella speranza che il Covid non torni, o torni ,e credo che sarà così, in forma molto più leggera. Questa volta saremo pronti a fronteggiarlo, con il plasma iperimmune, con gli anticorpi monoclonali, utili anche per la profilassi, e quando arriverà anche con il vaccino.