Viva lo smart working, ma con il ‘nodo’ della connettività [Piemonte Economy]

di Cristina Bargero

 

Durante i due mesi di lockdown, in cui parte delle attività produttive e degli uffici erano chiusi, molti lavoratori hanno potuto proseguire la loro attività a casa in smart working: 2,5 milioni nella pubblica amministrazione e altrettanti si stima nel privato (al primo maggio le comunicazioni al ministero del Lavoro risultavano 1.827.792 contro 221.175 della fase pre-Covid, dopo sono state sospese).

Tale modalità di lavoro, già consentita per legge e di cui si è discusso per anni, con forti resistenze spesso all’interno degli stessi enti pubblici, di colpo è diventata la norma e fino al termine dello stato di emergenza, decretato il 31 gennaio 2020 e in vigore per sei mesi (salvo proroghe) il datore di lavoro può “mettere in smart working” il dipendente in modo unilaterale.

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Lo smart working, che secondo una ricerca condotta da One Poll ha portato a un aumento di produttività, nella fase di ripresa sta permettendo di evitare il sovraffollamento degli uffici e dei mezzi pubblici e un maggior inquinamento da traffico legato all’utilizzo delle auto private, legato alla paura del contagio utilizzando il mezzo pubblico.

Sempre da marzo a maggio sono aumentate le piattaforme di marketplace e di delivery da parte di ristoranti, artigiani e negozi. La pandemia ha accelerato alcuni processi già in atto, con un forte impulso all’e-commerce, anche di prossimità.

Per i servizi il digitale sta fungendo velocemente da driver del cambiamento, aprendo a nuove opportunità di business e di lavoro.

Resta, tuttavia, il nodo della connettività. La copertura del servizio a larga banda in provincia di Alessandria non risulta uniforme tra le città e aree a bassa densità di popolazione, dove l’investimento non assicura una remuneratività in tempi brevi.

Il 91% delle famiglie in Provincia dispone di una connessione, ma solo per il 51% è superiore a 30mbps e per il 30% a 100 mbps.

Molte persone continuano, tuttavia, a trovarsi in una condizione di digital divide (divario digitale), ossia di impedimento per cittadini e aziende di usufruire di un collegamento a banda larga o ultralarga
montagna e di collina, anche se non mancano criticità anche in zone periurbane.

Il Piano BUL è un’operazione molto complessa dal punto di vista progettuale e realizzativo, ed ha scontato alcuni ritardi di avviamento a causa della complessa governance tra Stato e Regioni, da un lato, e dell’enorme numero di pratiche burocratico-autorizzative da espletare per avviare i cantieri a causa dell’altissima frammentazione amministrativa del nostro territorio.