L’assessore Lumiera: “La condizione femminile è emergenza nell’emergenza: il comune ce la sta mettendo tutta, ma il Governo dov’è?”

“Avete notato che le task force di esperti del Governo per la gestione di questa emergenza sono quasi esclusivamente al maschile? Non ne faccio una questione femminista, ma di sensibilità e conoscenza dei problemi. Parlo da assessore, certo, ma prima ancora da mamma, e da moglie”. Una volta tanto, non sentiamo Cinzia Lumiera per parlare dei conti del Comune di Alessandria (“anche su quel fronte speriamo di non essere lasciati soli: ma ne parliamo separatamente”), in qualità di assessore al Bilancio, ma approfondiamo con lei tematiche femminili, ed educative. “Da assessore alle Pari Opportunità rilevo che a casa nostra si fa davvero il possibile, e a volte anche l’impossibile, grazie ad una fortissima collaborazione tra professionalità comunali, Consulta, Centri di Ascolto e Antiviolenza, volontariato diffuso: sono le normative nazionali ad essere carenti, oltre a mancare la sensibilità sul tema, e naturalmente ad esserci un deficit di risorse”.

Insomma, l’esplosione ai primi di marzo dell’emergenza Covid-19 ha costretto decine di milioni di donne italiane (naturalmente anche ad Alessandria) a fare i conti con una realtà assolutamente ‘fai da te’, e ‘aiutati che lo Stato (non) ti aiuta’, sia sul fronte lavorativo che domestico, e nella gestione dei figli. “Vale anche per gli uomini con figli ‘a carico’, sia chiaro: non ne faccio una sola questione di genere. Anche se è evidente che, statisticamente, sono sempre le donne ad essere le più penalizzate. Senza dimentica un aspetto tutt’altro che secondario: la violenza tra le mura domestiche”.

Facciamo un po’ d’ordine allora, mettiamo le questioni sul tappeto e soprattutto proviamo a capire quali potrebbero essere le possibili soluzioni.

Assessore Lumiera, pari opportunità rischia di tornare ad essere, soprattutto di questi tempi, un’espressione priva di sostanza…che è successo con la fase 1 dell’emergenza, e come stanno le cose oggi, avviata la fase 2?
E’ successo, semplicemente, che le donne si sono ritrovate improvvisamente sole, tanto per cambiare. Tante mogli e mamme lavoratrici hanno optato per lo smart working, o lavoro agile da casa, che mediamente ha mostrato di funzionare. Senza peraltro dimenticare, anzi mettendo al primo posto, le tante donne impegnate in prima linea sul fronte sanitario, o anche in attività, come nei supermercati ad esempio, dove praticamente non ci si è mai fermate, ma lavorare è diventato cento volte più difficile, e rischioso. Ma anche appunto chi da marzo ha lavorato da casa, magari con figli piccoli (ho un figlio di 9 anni, un nipote di 3 e tante amiche in situazioni analoghe: insomma so di cosa parlo), ha dovuto confrontarsi con una realtà difficile. Smart working, intanto, significa mediamente lavorare di più, e non di meno: di questo negli ultimi due mesi ci siamo accorte tutte, e tutti. Ma per una donna accanto a ciò c’è il resto. Figli a casa da gestire prima di tutto, lezioni a distanza comprese: che fai, abbandoni un bambino davanti al pc, e faccia quel che crede? Ovviamente no, di fatto la mamma lo segue dall’inizio alla fine delle lezioni. Intanto però c’è il lavoro, anche domestico, da portare avanti. Quindi ci si è fatte in tre insomma, come minimo. Ma non basta mica….

Già, ora con la fase 2 che succede?
Caos, direi. Nel senso che nelle task force governative non ho visto esperti a supporto della famiglia, della tutela della Donna né dell’infanzia. Esperti di vita vera, reale e quotidiana. Sono mancate queste figure e si vede, a giudicare dalla carenza di analisi, e di proposte. In queste settimane tante persone tornano al lavoro, ma cosa si legge? Che per l’80% sono uomini, mentre per le donne continua il telelavoro, quando va bene.

Quindi che facciamo, assessore? La donna torna ‘angelo del focolare’ al tempo pieno?
Alt, qui bisogna essere chiari: se qualche donna lo desidera, e sceglie stabilmente il telelavoro, o magari anche un part time per badare di più alla famiglia, è più che legittimo. Ma deve essere una libera scelta: un’opportunità e non un’imposizione, che può diventare dramma. Per questo chiedo: il Governo che fa? Mica penseranno che possano pensarci gli enti locali, specie se lasciati completamente a secco di risorse…..

Cosa sarebbe necessario?
Sentiamo parlare di congedo parentale e di bonus baby sitter: strumenti utili, ma non basta. Non vedo e invece è assolutamente necessario, un approccio ‘di sistema’, ossia: ok, siamo rientrati al lavoro, ma i figli non torneranno a scuola fino a settembre. Che si fa nel frattempo? Dai nonni possono tornarci, e se sì non è rischioso che i nonni tornino a fare i baby sitter? Concediamo solo rapide visite di saluto? E allora bisogna capire come si gestiscono questi mesi. Il Comune di Alessandria, con il suo personale specializzato nella gestione dell’infanzia, ha diverse proposte: facciamo piccoli gruppi di bambini, e il più possibile incontri, di gioco e di lezione, all’aperto. Ci stiamo organizzando, ma non vogliamo essere lasciati soli. E le indicazioni da parte del Governo latitano…..

Poi ci sono gli aspetti psicologici, assessore Lumiera. Che pesano enormemente sugli adulti, ma i bambini non sono da meno. Lei come ha fatto, da mamma?
Il problema c’è stato, enorme, fin dall’inizio. Spiegare ad un bambino di 9 anni che non andrà più a scuola, che non vedrà più i nonni, che può uscire solo con la mascherina e deve stare attento a tutto, è complicato. In più il bombardamento televisivo non ha aiutato. Il rischio che i piccoli si sentano ‘untori’, soprattutto verso i nonni, esiste. Nel comportamento, in realtà, se ben educati sono più consapevoli e coscienziosi degli adulti. Il problema è non lasciarli soli psicologicamente, perché gli effetti magari non si vedono nel breve, ma rimangono eccome. Anche su quel fronte, come Comune, ci stiamo attrezzando per un supporto qualificato, un dialogo costante con esperti.

Zonta in carcere con parole e musica: il "Reading" contro ogni forma di violenza CorriereAl 1

Altro aspetto non irrilevante assessore: nel 2019 si è parlato molto di contrasto alla violenza contro le donne. Anche a casa nostra non sono mancati casi eclatanti nei mesi scorsi. Poi, con il coronavirus, d’improvviso la violenza è scomparsa?
E’ tornata sommersa semmai. Il nostro comune, in stretta collaborazione con la Consulta per le Pari Opportunità e con il centro antiviolenza Me.Dea, non molla la presa: è stata aperta una campagna di sensibilizzazione specificando che i centri antiviolenza, durante questo periodo, rimangono aperti e chi si può denunciare anche in questi periodi di confinamento in casa con un compagno o un marito violento. Allora diciamolo chiaramente: non abbiate paura, e non nascondetevi. Bastano 5 minuti, magari quando andate a buttare la spazzatura o portate il cane fuori, per fare una telefonata, e trovare persone disponibili, esperte, responsabili. Amatevi, e non rinunciate a segnalare situazioni di violenza domestica che vanno fermate fin che si è in tempo”.