L’arco di via Urbano Rattazzi #2 [Un tuffo nel passato]

frisina_caldi Tony Frisina

 

 

A volte mi chiedo: “Perché accanirmi così tanto sulla città di un tempo, sulle demolizioni, sulle (discutibili) ricostruzioni e – con i miei giudizi – far arrabbiare qualcuno?”

Ora cerco di spiegarlo anche con l’ausilio delle immancabili cartoline d’epoca.

In merito al servizio L’arco di Via Urbano Rattazzi: una cartolina deturpata e restaurata, una Signora (che ho chiamato XX XX per proteggere il suo anonimato) mi aveva scritto una noterella privata, nella posta di Facebook, dicendomi quanto segue:

sono molto arrabbiata per alcune insinuazioni che hai fatto in merito all’arco di via trotti c.so crimea: insinuare che sia colpa del dio denaro la sua demolizione è non conoscere i fatti purtroppo dubito che avrai voglia di modificare il tuo articolo e ristabilire un minimo di verità”.[1]

Su queste parole ho riflettuto a lungo, cercando di capire se la signora avesse ragione almeno in parte.

Nel frattempo è giunta gradita e chiarificatrice una lunga puntualizzazione della signora in cui mi spiegava i motivi del suo disaccordo e che ha fatto rivedere almeno in parte le mie conclusioni. Il palazzo apparteneva a dei suoi antenati che per varie ragioni erano arrivati poi alla conclusione di doverlo ristrutturare o vendere. L’ultima soluzione è stata quasi obbligata e certamente la più sofferta.

A questo punto vorrei chiedere scusa alla signora così gentile e garbata nelle sue espressioni, per il motivo che – certamente – né lei né i suoi predecessori possono essere incolpati di avere speculato sull’operazione abbattimento… Dalle mie frasi, invece, poteva sembrare che tutti fossero accomunati in questa operazione. Mi sembra giusto ribattere che comunque altri, in questo caso come in mille altri, ci abbiano speculato alla grande. Ma diventa così problematico andare a fondo in questi concetti, al punto da arrivare a snaturare il senso della rubrica. Quindi mi fermo.

Devo comunque ammettere che il mio giudizio sulla malafede di molti demolitori è basato unicamente sull’osservazione e sul ragionamento. In particolare i miei ragionamenti si basano sul confronto fotografico, sul prima e sul dopo.

In questa mia chiacchierata ho anche pensato che la bellezza di certe costruzioni del passato non sempre sia stata apprezzata negli anni delle “Grandi Demolizioni”. I concetti del bello e del gradevole li viviamo oggi in maniera diversa. Ora c’è una consapevolezza maggiore (almeno da parte di molti cittadini) sull’urbanistica e sulla città, sulla gradevolezza di piazze, di vie, di angoli.

Credo di essere abbastanza maturo, ora, per giudicare; ne ho viste molte, forse troppe. Ho visto dei disastri che solo chi non vuol vedere non vede. Non un solo quartiere della città si salva.

Per fare solo alcuni esempi, in anni relativamente recenti (quasi totalmente) abbiamo visto annientare la Fabbrica di cappelli Borsalino[2] (con la ciminiera e la passerella compresi), il vecchio Mercato Coperto di Via San Lorenzo, interessanti palazzi ottocenteschi di Corso Roma, Corso XX Settembre, Via Mazzini, Via Guasco. Perfino Piazza della Libertà ha subito sostanziose e gravi mutilazioni.

Forse però è meglio fermarsi. Per completare l’elenco si dovrebbero annotare tutte le strade della città, in quanto nessuna di queste si è salvata.

Esempi ce ne sono tanti e purtroppo la lista non è ancora finita. Basta andare a rileggere i miei scritti precedenti e si può avere così una vaga idea sull’argomento.

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Forse ha ragione la signora XX XX, a proposito della demolizione della casa con sottopassaggio di via Rattazzi quando dice “insinuare che sia colpa del dio denaro la sua demolizione è non conoscere i fatti”. Certamente non conosco i fatti specifici relativi ad ogni abbattimento. (In questo caso e forse in parecchi altri almeno i venditori si salvano dall’accusa). Resta però l’amaro in bocca nel vedere sorgere mostri di cemento armato al posto di gradevolissime palazzine dalle facciate armoniose dalle linee, dalle dimensioni e dai volumi più umani.

Antonio Silvani, carissimo amico che non ricorderemo mai abbastanza, in più occasioni è stato al mio fianco nel parlare di Alessandria e nel condannare gli abbattimenti stupidi e selvaggi a cui costantemente la città è stata sottoposta. Polemico forse più del sottoscritto, per tutta la vita ha sostenuto con le sue idee e ragionamenti il suo grande amore per questa città.

Si vada a leggere il mio pensiero sulla conservazione della città anche in questo intervento: https://mag.corriereal.info/wordpress/2014/08/17/alessandria-e-una-comoda-poltrona-ti-siedi-e-ti-addormenti-un-tuffo-nel-passato/

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[1] La signora voleva riferirsi all’arco di via Urbano Rattazzi.

[2] Si veda in proposito questo scritto di Antonio Silvani che in questa occasione come in molte altre ha saputo far suo anche il mio pensiero:
https://mag.corriereal.info/wordpress/2015/08/15/la-fabbrica-di-borsalino-2-alessandria-ieri-e-oggi/