Università del Piemonte Orientale: 46 progetti di ricerca sul coronavirus che valgono 3,5 milioni di euro [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

Coronavirus, l’Università del Piemonte Orientale mette in campo 46 progetti di ricerca che valgono complessivamente circa 3,5 milioni di euro. L’impulso viene declinato su più fronti, coinvolgendo i sette Dipartimenti dell’ateneo presenti nelle sedi di Alessandria, Novara e Vercelli, ma anche gli ospedali delle tre città, dove sono giù stati avviati alcuni studi clinici. «Docenti e ricercatori hanno individuato dodici direttrici primarie su cui operare, linee di ricerca che verranno affrontate in maniera inter e transdisciplinare per un totale di 46 progetti» spiega Emanuele Albano, delegato alla ricerca. Lo sforzo scientifico e sanitario dell’Upo sarà affiancato da «studi economici, culturali, etici, filosofici. È una occasione fondamentale per rilanciare l’economia regionale, salvandola attraverso la scienza. Senza la ricerca – è la riflessione di Giancarlo Avanzi, Rettore dell’Università del Piemonte Orientale (nella foto) – non si va da nessuna parte».

Nell’ambito sanitario le linee di ricerca riguarderanno «l’analisi dei meccanismi patogenetici responsabili dell’insorgenza del covid-19 (aspetti epidemiologici, genetici, immunologici e ambientali; sviluppo di nuovi trattamenti terapeutici; studi di comunità); la diagnostica in vitro e in vivo (sviluppo e validazione di nuovi test diagnostici anche per diagnosi precoce di massa, sviluppo di modelli animali per capire l’insorgere dell’infezione, impronta metabolica; dispositivi per test diagnostici semplici); gli studi di popolazione e la creazione di biobanche (valutazione dell’immunità di gregge, creazione di una biobanca di campioni biologici di persone affette da covid-19; miglioramento di qualità e sicurezza nelle Rsa); il trattamento e la gestione del paziente critico (nuovi approcci diagnostici e classificazione dei pazienti, evoluzione della malattia in pazienti con altre patologie).

Sarà coinvolto anche il settore farmacologico dell’ateneo che si concentrerà soprattutto sull’identificazione di nuovi farmaci e nuove strategie terapeutiche, mentre nuovi studi riguarderanno i fattori di rischio e i possibili vettori del virus. L’ipotesi di tracciamento attraverso applicazioni su supporti mobili e sistemi informatici sarà affiancata da studi sui dispositivi di protezione individuale. Gli effetti socioeconomici della crisi pandemica verranno valutati da diversi punti di vista, così come saranno sotto esame anche gli effetti nei confronti della dimensione politico-istituzionale e la comunicazione nella crisi pandemica che sarà analizzata negli aspetti istituzionali, delle fake news e del linguaggio utilizzato. Saranno infine affrontati i temi di bioetica e di etica pubblica di fronte alla pandemia, per analizzare la possibilità di accesso alle cure dei cittadini e la distribuzione delle risorse sanitarie fra ospedali e territorio. Un’area specifica riguarderà i comportamenti sociali: generosità, solidarietà, resilienza in relazione sempre al coronavoris.

È stata poi attivata la Biobanca a Novara che in una settimana ha raccolto una quarantina di campioni biologici di persone infettate dal covid-19, altrettanti arriveranno da Alessandria e l’obiettivo nell’arco di qualche mese è di «raggiungere i trecento campioni da mettere a disposizione dell’intera comunità scientifica». Sono intanto iniziati alcuni studi clinici, a Novara e Alessandria. Il primo, «presentato all’Agenzia italiana per il farmaco e in attesa di risposta» precisa Avanzi, riguarda l’associazione di idrossiclorochina più azitromicina per valutare l’efficacia e la sicurezza, e il secondo è relativo al Protocollo trattamento con Tocilizumab. Entrambi fanno parte delle progettualità gestite insieme all’azienda ospedaliera di Alessandria, attraverso l’Irfi (Infrastruttura ricerca informazione innovazione), diretta da Antonio Maconi, che lavora parallelamente al progetto di riconoscimento di Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) sulle patologie ambientali che vedrà coinvolta con un ruolo da protagonista anche la città di Casale Monferrato. Altri studi riguardano le complicanze trombotiche e infettive.

«L’Università – afferma Avanzi – è il mondo privilegiato dove è possibile trovare convergenza di tutti gli ambiti disciplinari e avviare una ricerca globale che consideri tutti gli aspetti. È il luogo fisico dove trovano convergenza tre grandi missioni: formare una classe intellettuale, dirigente e tecnica in grado di gestire i nuovi problemi; analizzare e ricercare soluzioni; collaborare con le comunità per migliorarne gli standard di vita».

Ma per fare tutto questo è necessario «uno sforzo della ricerca scientifica così importante – sono ancora parole del Rettore – che ha bisogno di un impulso economico forte e condiviso, in primis da parte delle maggiori istituzioni pubbliche e private del territorio. Penso alla Regione Piemonte, alle fondazioni del territorio, alle associazioni di categoria e alle imprese, ma anche dei cittadini».