Un uomo del sud, senza pista [Lettera 32]

di Beppe Giuliano

    

Cifra tonda. Capitolo 9

Antonio è medico. Anatomo-patologo. Una delle persone più equilibrate e posate che io abbia conosciuto, ed era già così quarant’anni fa, e oltre che mio amico era uno dei miei miti, come succede tra ragazzi con quelli un po’ più grandi di noi.

La sera del 25 luglio, un venerdì, siamo nel bar dell’albergo, su in Valsesia. Lui è in piedi, le mani appoggiata alla spalliera di una sedia.

Prende la sedia, la solleva poi la sbatte con forza sul pavimento. Non si può, dice, non si può.

La sua delusione, per una volta incontrollata e così evidente da stupirmi, è quella di tutti gli italiani, davanti ai televisori.

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Il giorno dopo, a fianco della notizia sul ‘Calcio-scommesse, Lazio retrocessa in B, forse il presidente Lenzini si dimette’ c’è una fotonotizia: ‘Pietro Mennea eliminato in semifinale’.

“Forse Mennea ha perso ieri i 100 e i 200 insieme”, scrive a caldo Gian Paolo Ormezzano. In semifinale ha corso male, “senza neppure l’alibi della partenza sbagliata”. “Mennea sesto in 10”58 è una brutta faccenda, sia per i 100 sia per i 200. Ci fosse in lui un male spesso oppure sottile, ci fosse stata una sua gara sballatissima, ci fosse stato un suo procedere sbilenco, ci fossero stati errori clamorosi… Niente, Mennea sta bene, lo dicono i professoroni al suo seguito qui a Mosca. Non ci sono spiegazioni contingenti. Neppure quella della superbravura altrui.”

I 100 metri li vince poi lo scozzese Wells, l’ultimo grande sprinter britannico, il maggiore rivale di Mennea per i 200. ‘Ma Pieretto ora correrà i 200?’ titola il giornale lo stesso giorno.

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Un uomo del sud, senza pista, è primatista del mondo.

Sono le prime parole che Mennea ha detto, a caldo, intervistato dopo la straordinaria impresa del record del mondo sui 200 metri, il 19”72 corso nel 1979 a Città del Messico, cancellando dopo undici anni Tommie ‘Jet’ Smith, campione olimpico di Messico ‘68. Una prestazione talmente straordinaria che a oggi solo due fenomeni come Michael Johnson e Usain Bolt hanno scritto il loro nome nel libro dei primatisti dopo il barlettano.

Eppure, anche dopo una impresa del genere le sue prime dichiarazioni sono polemiche, amareggiate.

Pietro Mennea non ha niente del campione come di solito ce lo immaginiamo: è brutto, sgraziato, pessimista, sempre negativo, quando parla di sé (in terza persona, sovente) lo fa con una pronuncia dialettale molto marcata.

Come gli dice il professor Vettori, il suo grande mentore, lui stesso è il suo unico, vero, nemico.

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Paolo Rosi ha un passato leggendario: alla fine degli anni quaranta segnò una meta nel tempio del rugby di Twickenham, unico italiano convocato per sfidare l’Inghilterra con una squadra dei più forti giocatori europei.

Dopo l’attività agonistica diventa giornalista Rai (nello stesso concorso in cui vengono assunti anche Tito Stagno e Adriano De Zan, altri miti): con voce bellissima e grande competenza commentava, oltre al suo rugby, il pugilato e appunto l’atletica leggera. Da leggenda oltre alla perfezione con cui raccontava le gare, la sua impeccabile eleganza: d’estate era spesso vestito d’un mai stazzonato completo di lino bianco.

Lui ci racconta la finale dei 200. Mennea alla fine ha deciso di correrli. Ha vinto batterie e quarti con tempi abbastanza modesti, pure in semifinale gli è bastato un 20”70 che dista un secondo dal suo primato, per regolare il “vecchio” giamaicano Don Quarrie, il campione uscente. In effetti il quadro dei finalisti non è da strapparsi i capelli. Oltre al nostro, i più forti sono appunto Quarrie e i primi due dei 100, lo scozzese Wells e il cubano Leonard.

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La guardiamo nuovamente insieme, nel bar dell’albergo, su in Valsesia, e all’inizio del rettilineo temo che la sedia cui è, anche questa volta, appoggiato Antonio possa essere sbattuta, e con ancora più forza.

Mennea in ottava corsia è stato subito sopravanzato da Alan Wells, e lo spazio tra loro non è poco.

Quel che succede poi lo descrive perfettamente la telecronaca di Paolo Rosi, con quel: “recupera, recupera, recupera, recupera… recupera! Ha vinto. Ha vinto!”

Lunedì 28 luglio, ultima settimana dei Giochi Olimpici di Mosca 1980, quelli del boicottaggio occidentale dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan, Pietro Mennea, un uomo del sud, senza pista, ma dal talento straordinario, sconfigge anche sé stesso: era primatista mondiale, ora è anche campione olimpico dei 200 metri.

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Le storie di ‘Cifra tonda’:

I duellanti https://mag.corriereal.info/wordpress/2020/01/06/i-duellanti-lettera-32/

La partita del secolo https://mag.corriereal.info/wordpress/2020/01/13/la-partita-del-secolo-lettera-32/

Il lancio che uccise https://mag.corriereal.info/wordpress/2020/01/27/il-lancio-che-uccise-lettera-32/

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Eravamo in centomila allo stadio quel dì

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