Nella trappola [Il Superstite 460]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

 

L’apertura di In the Trap – Nella trappola, nuovo lungometraggio di Alessio Liguori, propone con in sottofondo una sontuosa colonna sonora ad archi l’incontro-scontro di un bambino dal nome Philip con il nostro spauracchio preferito, la Cosa nella Camera da letto –  quando dico “nostro” estendo la presunzione di paternità al fratello Edoardo Rosati, con il quale ho prodotto L’oscuro bagliore dell’Uomo Nero edito da INK.

Esiste sempre un po’ di vanagloria quando si cita una propria opera per lanciarne un’altra. In parte di sicuro è vero, ma la tesi che mi preme sottolineare è che nell’horror planetario degli ultimi anni esistono fantasmi trans-generazionali con cui diventa impossibile non fare i conti. Il più “pesante”, a mio parere, è quello che chiamo “la Cosa nella Camera da Letto”, che è probabilmente la creatura fantastica che da più secoli perseguita l’umanità. Sin dai tempi più antichi, infatti, un esercito notturno di bedroom invader (fantasmi, demoni, streghe, vampiri e, in tempi più recenti, creature aliene provenienti da altri pianeti) ha turbato e scombinato i sonni dell’uomo, giungendo a invadere lo spazio più intimo e inviolabile della casa, la camera in cui si dorme e laddove si esprime e si coniuga la sessualità. Ogni epoca sembra avere reso concrete specifiche ossessioni legate agli usi e ai costumi del tempo di riferimento e non sorprende quindi che, negli anni della tecnologia più avanzata, le vittime degli “invasori della camera da letto” scoprano sovente che il loro corpo sia stato violato da supposti microimpianti d’ipotizzata matrice aliena. Mistero antico, quindi, e mistero moderno, ma quasi sempre accompagnato da una costante inalienabile: l’aggressione di natura intima quando non  sessuale. Come se la sempiterna Lilith, madre degli Incubi e predatrice notturna del seme maschile, e le creature di natura aliena che hanno popolano negli anni ’90 del secolo scorso gli studi di centinaia di psicoanalisti americani, altro non fossero che due diverse maschere di un’unica “forza” che da sempre si nutre in modo vampirico delle pulsioni dell’umanità.

Certo, la vittima di turno in In the Trap è un bambino e magari la pertinenza sessuale non sembrerebbe appropriata, anche se non ci giurerei. In ogni caso, per quanto basica, la scena del lenzuolo che si alza davanti a Philip urlante è efficace e funziona. Lo spauracchio esiste, è invisibile o quanto meno lo vede solo lui. E i secondi successivi daranno ragione a Philip: una forza oscura ghermisce la sorellina svegliata da urla e clamori per ucciderla in modo brutale. Notevole antefatto, dopo il quale la madre farà dono al figlio della catena della nonna con raffigurato San Michele Arcangelo, tradizionale avversario delle orde demoniache. Dicendogli: «Quello non è un mostro qualsiasi ma qualcosa di molto più potente», così da comunicarci temporaneamente che ci troviamo in un prodotto del filone satanico. Sì, è anche così, ma non solo, ed è questa difficoltà di definizione la nota positiva del film. Ovvio, secondo me.

In ogni caso Philip cresce. Correttore di bozze, è un adulto che pare ancora un bambino indifeso, sin troppo piagnucolante, su questo fronte ben assecondato dall’atteggiamento alquanto efebico del protagonista Jamie Paul. Con lui una giovane fidanzata che, vivendo e dormendo a casa sua in quella stessa magione dalla quale non pare possibile affrancarsi, inizia pure lei a essere perseguitata nottetempo dapprima nelle stesse modalità di Philip per poi arrivare a una classica possessione che avviene nella camera della sorellina defunta. Sotto le volte della casa che poi è la vera protagonista – un set sopraffino costruito da zero- il terrore dilaga tra voci ghostly di bambini ridenti, carillon e tuoni temporaleschi, crocefissi e santini, per arrivare a un autentico esorcismo praticato da Padre Andrews, antico consigliere spirituale che segue Philip sin da piccolo. La cerimonia avviene con tutti i crismi filmici del caso, tra un Vattene, spirito immondo e Faffanculo, merda di un prete. E giù di poltergeist, telefonate mute da chissà dove, una bella vicina demoniaca che si chiama Sonia e Philip che trema e prega quasi sempre. Fino a quando…

Beh, insomma, il film, nonostante sia già stato presentato a qualche festival, ha da uscire il 26 marzo (Coronavirus permettendo) e non voglio affatto rovinarvi il piatto che, per quanto possa sembrarvi, è sul serio molto meglio di quanto l’abbia raccontato. Innanzitutto per la cura assoluta con cui Liguori gira un film che è quasi una scommessa, svolgendosi praticamente tutto in interni. Poi perché gli elementi tradizionali del genere vengono rispettosamente ossequiati e non abusati: il fine infatti è un altro e lo si deve scoprire man mano si procede verso la conclusione. Qualcosa di più però lo si può dire: qui l’oggetto della ricerca – e il lungometraggio precedente di Liquori, Report 51,  ne fa in qualche modo fede –  è l’Alterità, ovvero il carattere, somatico e interno, di ciò che è Altro, un “qualcosa” che può essere più potente di qualsiasi mostro. Soprattutto se si scende nei meandri più profondi della psiche.

Davvero l’horror italico non se la passa affatto male: dagli ultimi titoli di Ivan Zuccon al sorprendente The Nest – Il nido di Roberto De Feo, dalla zampata d’autore di Pupi Avati de Il signor Diavolo a The Last Heroes di Roberto D’Antona, la materia oscura nel bel paese non manca. Già, ma visto che siamo sul pezzo, quando ci fate vedere L’angelo dei muri, l’ultimo del magnifico Lorenzo Bianchini?