Questa casa non è un albergo 1 [Il Flessibile]

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di Dario B. Caruso

 

Credo che valga per tutti.

Almeno una volta ci siamo sentiti dire: “Questa casa non è un albergo!”

Sabato.

Ore 19 cena composta da primo, secondo con contorno, formaggio e dolce, bevande incluse.

Ore 19,35 ritirata in bagno per provvedere a igiene intima, sbiancare denti, sagomare capigliatura, innaffiarsi col dopobarba.

Ore 20,15 ritirata in camera da letto, cosa mi metto, sempre gli stessi jeans, t-shirt e giacchina di pelle, scarpe da ginnastica (oggi diremmo sneakers).

Ore 20,25 seconda ritirata in bagno per ritocchi finali.

Ore 20,45 uscita di casa salutando, tutti che stanno guardando come si guarda un tarantolato che non guarirà mai (a parte mio nonno che legge il giornale fingendo disinteresse ma – in cuor suo – pensando “dove andremo a finire?”).

Domenica.

Ore 2,00 ritorno puntuale a casa secondo accordi inderogabili con mamma e papà.

Ore 12,30 sveglia col profumo del ragù della nonna.

Ore 13 pranzo, mia sorella “che fai oggi?” risposta con la bocca piena “vado in disco con la compagnia…gnam….”; lei mi guarda con un piccolo sorriso perché sa che fra un paio d’anni sarà tarantolata alla stessa maniera.

Quanto è bella la vita a diciotto anni, quando le responsabilità sono presenti ma sovrastate dalla voglia di vivere, conoscere, fare esperienze, macinare chilometri a piedi in moto in auto.

Poi qualcuno un giorno ti dice “Guarda che questa casa non è un albergo!”, senza gridare ma con fermezza, guardandoti negli occhi.

È allora che cresci, fai tesoro dell’esperienza e cominci ad aggiustare il tiro, lo svago e il divertimento non vengono tarpati ma semmai affiancati ai doveri di adulto.

Finisce l’adolescenza e con essa la spensieratezza.

La nostra missione di post adolescenti è di riuscire a non perdere di vista l’equilibrio delle cose che ci circondano, i diritti, i doveri, gli affetti, gli spazi vuoti.

Dove andremo a finire? diceva mio nonno.