A fari spenti nella notte [Lettera 32]

di Beppe Giuliano

 

Cifra tonda. Capitolo 5

 

Dovessimo dimostrare una bizzarra correlazione tra nomi di battesimo e patrimonio genetico, o almeno fisiognomìa, loro sarebbero perfetti.

Non avremmo dubbi, guardando una vecchia fotografia, su quale fosse stato battezzato come il semidio più famoso dell’epica e quale portasse invece un nome da cascina della bassa padana.

Achille è bello, elegantissimo. “L’uomo del calcolo d’acciaio” lo definisce un cinegiornale Luce del 1948.

Tazio è “basso di statura”, “al di sotto del normale”, “è bruno di colore” e “di morire non gli importa niente”.

Achille è l’antagonista. Un individualista preciso e freddo, ma sotto la patina (sottile) cela emozioni, trasgressione, instabilità.

L’incoscienza di Tazio è parossistica, ma è un uomo accurato, parsimonioso, perfino banale, che vive per i figli. “Uomo comune e semplice, al volante diventava un genio” scrive Charles Fox. “L’unico suo timore era di poter morire su un letto, cosa che in effetti gli capitó.”

Il motore all’inizio del ‘900 era un’attrazione formidabile, soprattutto per chi poteva pensare di averlo, e di correrci, racconta Giorgio Terrruzzi. Si iniziava di solito con le moto per poter passare alle automobili.

Il duello tra Achille e Tazio, che caratterizzerà tutti gli anni trenta del Novecento inizia infatti sulle due ruote. E diventerà leggenda con la Mille Miglia del 1930.

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“Camerata Brilli-Peri”

“Presente!”

“Il trombettiere della Milizia suonò i tre rituali squilli del “silenzio” e, nel raccoglimento generale, mentre tutti i militari erano irrigiditi sull’attenti il federale Dugnani chiamò ad alta voce”, così scrive nel suo ‘Le leggendarie Mille Miglia’ Alberto Redaelli raccontando la commemorazione, nei momenti immediatamente precedenti il via della corsa, del pilota toscano che si era ucciso pochi giorni prima provando il gran premio di Tripoli.

Milleseicento chilometri, da Brescia a Roma e ritorno. Sta rapidamente diventando la grande gara d’Italia.

Un terzo delle strade percorse tra cui i durissimi passi appenninici sono sterrate, fangose se piove (e siamo ad aprile, succede spesso). Le strade sono aperte alla circolazione, “si sarebbe potuto trovare di tutto: dalle macchine che marciavano in senso contrario al gregge di pecore, dal bambino che attraversava improvvisamente la strada al camion o alla corriera da superare. Senza contare i 67 passaggi a livello, molti dei quali erano incustoditi.”

Proprio centrando “la grossa berlina di un commerciante ternano: un tal Ceccarani” ha distrutto nelle prove la sua Alfa Romeo la principessa romana Dorina Colonna, “una vera bellezza – come appare dalle fotografie dell’epoca”.

L’automobilismo è uno sport in cui la partecipazione femminile è sempre stata marginale, in quell’inizio degli anni trenta ci sono comunque, oltre a Dorina Colonna, Jole Venturi che “baciò il suo bimbetto, che l’aveva seguita sin lì, poi innestò la marcia e partì decisa” o Corinna Braccialini alla partenza “come la signora Venturi, insieme al marito”.

Alla partenza i favoriti sono indubbiamente Achille Varzi e Tazio Nuvolari, entrambi al volante delle Alfa-Romeo, il mantovano proprio in sostituzione di Gastone Brilli-Peri.

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A Roma, punto di svolta, al controllo nel piazzale dopo il ponte Milvio è in vantaggio Achille, che ha disceso l’Italia in sei ore alla strepitosa media di 100 chilometri orari.

Risalendo Tazio si avvicina, lo sta riprendendo.

“E fu proprio sulle Scale di Primolano che Varzi vide per la prima volta sbucare dietro, in una curva, i fari di Nuvolari… freddissimo come sempre, si voltò verso il fedele Canavesi e disse soltanto “è lui”.

Nuvolari taglia a fari spenti il traguardo bresciano poco dopo le cinque e mezza di mattina. Si inizia a raccontare del sorpasso a fari spenti nella notte, una delle più famose fiabe del nostro motorismo.

Tazio diventa l’eroe dell’epoca, perfetto nel suo incosciente “sprezzo del pericolo” anche per l’immagine che il fascismo vuole dare dell’Italia e degli italiani. Achille il suo rivale, ammirato ma troppo superiore e distante per far battere i cuori popolari.

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Le loro sfide, che proseguiranno per diversi anni, erano di fatto iniziate sulle quattro ruote ad Alessandria, e qui sovente le loro vite si incroceranno.

Dall’edizione del 1928, in cui Varzi correva proprio con una Bugatti della scuderia del mantovano, e: “La telegrafica iscrizione di Nuvolari che ha compiuto il più nobile gesto sportivo, ha raddrizzato le sorti della gara” scrive il Piccolo quando Tazio decise di correre qui al posto di Pietro Bordino, che s’era ucciso durante le prove a San Michele in un incidente davvero sfortunato, fino all’edizione finale del 1934 quando sempre Nuvolari centrò un albero nel viale che dagli Orti porta al vecchio ponte Tanaro, rompendosi una gamba a pochi metri dal luogo dove si era ucciso il suo compagno di squadra, lo svizzero Pedrazzini, e fino a pochi anni fa era lì il monumento che lo ricorda, ora spostato nella piazza dell’Aci.

Quegli incidenti convinsero definitivamente dell’eccessiva pericolosità del nostro “circuito dei 32” e portarono alla decisione di non disputare più il Gran Premio alessandrino, che allora era molto prestigioso.

I duelli di Achille e Tazio invece proseguirono, tra molte peripezie e vicende umane non comuni, fino all’ultimo del giugno del 1948, al via della seconda Coppa Giorgio ed Alberto Nuvolari, i due amatissimi figli di Tazio morti entrambi diciottenni.

Pochi giorni dopo Varzi avrebbe corso a Berna e si sarebbe ucciso per un banale sbandamento, proprio lui che nella vita ne aveva avuti tanti e al volante, invece, praticamente mai.

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Le storie di ‘Cifra tonda’:

I duellanti https://mag.corriereal.info/wordpress/2020/01/06/i-duellanti-lettera-32/

La partita del secolo https://mag.corriereal.info/wordpress/2020/01/13/la-partita-del-secolo-lettera-32/

Il lancio che uccise https://mag.corriereal.info/wordpress/2020/01/27/il-lancio-che-uccise-lettera-32/

Il primo e l’ultimo titolo di Kobe

https://mag.corriereal.info/wordpress/2020/02/03/il-primo-e-lultimo-titolo-di-kobe-lettera-32/