Napoleone e Marengo, un binomio indissolubile [Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti
Oggi, grazie anche alle memorie lasciate da Piero Angiolini e pubblicate in neretto qui sotto a seguire, parleremo della battaglia di Marengo, ossia la località dove avvenne la battaglia che il 14 giugno 1800 cambiò la storia europea. Infatti, con la vittoria di Napoleone sugli austriaci, l’Italia, e gli italiani, si trovarono nella condizione di dover cambiare in modo repentino l’approccio con i nuovi “padroni”. Da quel giorno, sulla Cittadella di Alessandria sventolò la bandiera francese ma per i nostri concittadini poco cambiò, a parte l’impegno per adattarsi ai nuovi “inquilini”.
La vittoria di Napoleone sugli austriaci però, non fu indolore neppure per i francesi, infatti, il malcontento popolare si manifestò ben presto con forme di opposizione silenziosa oltre che di resistenza passiva e boicottaggio, infatti, le famiglie si rifiutarono di far frequentare dai loro figli le scuole dei religiosi preferendo le scuole statali boicottando così la prospettiva di una chiesa nazionale francese.
Scrisse un contemporaneo fiorentino: “…i fucili e le spade non dominano sulle coscienze, né fanno cangiare opinione, anzi, perchè in tale circostanze si credevano meritori, siccome patimenti per la causa di Dio e della Chiesa, le rigorose misure del governo aumentava il numero e il coraggio dei suoi nemici”. Proprio la scelta dell’imperatore di nominare arcivescovo di Firenze il presule di orientamento tedesco Antoine Eustache d’Osmond, senza approvazione pontificia, fu all’origine di reazioni che portarono non pochi canonici e oscuri parroci alla deportazione in Corsica o nella fortezza prealpina di Fenestrelle in provinca di Torino”.
Ma, tornando alla resa di Alessandria e conseguente abbandono da parte delle truppe austriache si pensò di individuare un nome da dare alla località che risultasse all’altezza del trionfo di Napoleone. Evidentemente Spinetta non fu di gradimento per via delle scorribande del noto brigante antifrancese Majno, detto della Spinetta, per cui ci si indirizzò sulla scelta di Marengo, sebbene in quella località non esistesse più nulla da moltissimi anni, a parte una vecchissima torre longobarda.
Una torre per la quale risulta difficile stabilirne la proprietà, sebbene per alcuni sia certo il fatto che risale ad un’epoca storica collocata fra il VIII e il secolo XIII (così recita la targa collocata ai piedi della torre, ma una pubblicazione a cura di Gian Luca Veronesi la colloca invece nel XIV secolo) e faceva parte della famiglia Gamberini di Marengo, un importante casato alessandrino che fu tra i primi a lasciare Marengo e a ricostruire le loro case in Rovereto (uno dei primi Cantoni della città entro le mura).
Fu evidentemente la storia dell’antico borgo medievale in cui essa sorge a suggerire il nome di Marengo in quanto legato alle Vie Marenche, cioè quelle strade che sin dagli albori della civiltà venivano utilizzate come snodo principale tra la pianura e il mare.
Alla Regina dei Longobardi, la cui leggenda fu coltivata dalla Chiesa dell’Italia Settentrionale, rimasta a lungo viva nel popolo, fu attribuita l’origine di conventi, strade, torri di avvistamento…per l’appunto, come quella, detta di Teodolinda, eretta dalla famiglia degli Stortiglioni in epoca Medievale e rimasta nei secoli muta testimone della Battaglia che lì ebbe luogo.
Infine diremo che la torre, per un periodo che va dagli anni ’50 al 1965 circa, fu occupata (ovviamente abusivamente) da un certo Leccacorvi Carlo detto Pepino, originario di Piacenza o Parma. Da informazioni raccolte sul posto risulterebbe che il citato Leccacorvi destinò la torre a sua abitazione personale svolgendovi anche l’attività di calzolaio. Personaggio alquanto strano, privo di una gamba si spostava utilizzando una bicicletta a cui aveva bloccato una pedivella per meglio adattarla alla sua menomazione, il che gli consentiva una certa mobilità.
L’esiguo spazio del piano terra fu utilizzato dal ciabattino per ricoverare la bicicletta e quant’altro, mentre il primo piano lo adibì a luogo destinato allo svolgimento della sua attività. L’abitazione vera e propria si trovava nei piani soprastanti. Il dato più recente riguardante la Torre risale al 12 marzo 1968, allorché una nota della Sovrintendenza ai Monumenti del Piemonte, protocollata dal Comune di Alessandria in data 10 giugno 1968, elenca una serie di monumenti posti sotto vincolo, e fra questi cita: “Torre quadrata del secolo XIV Frazione Marengo, proprietà Orfanatrofio San Giuseppe, e per esso dott. Giovanni Biginelli con notifica del del 12-10-1946”.
Pubblichiamo 3 foto scattate all’interno del Museo di Marengo e due immagini della Torre riportate in epoche diverse.
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Bonaparte a Marengo
Molto si è scritto su Marengo nessuno però ritengo abbia detto come sia nata la denominazione stessa, da un luogo che fra tutti fu il meno importante nelle diverse fasi della famosa vicenda. Una battaglia del Colleoni nel 1447, sulla stessa piana, fu chiamata della “Fraschetta”. E’ noto che nella prima notizia spedita a Parigi, il nome di Marengo non figurava affatto; Bonaparte, unendo insieme due diversi scontri avvenuti il 9 e 14 giugno, così scrive al Direttorio: “Abbiamo combattuto una dura battaglia tra Montebello e San Giuliano….”. E infatti a Montebello il gen: Lannes aveva avuto ragione in duro scontro del gen. Ott; a San Giuliano nel pomeriggio del 14 giugno il gen: Dessaix risollevava le sorti della giornata campale già perduta, attaccando di fianco gli austriaci che, inebbriati, inseguivano le colonne di Bonaparte in ritirata.
L’indomani la domanda di armistizio con la resa di Alessandria, da parte di Melas, metteva fine alla campagna con risultati veramente grandiosi, sicchè la incerta battaglia del giorno prima apparve come un trionfo, tanto da meritarsi un bel nome antico; fu scelto quello di Marengo, sebbene nel 1800 quel luogo più non esistesse e al suo posto poco più lungi vi fosse invece il borgo di Spinetta, tristemente noto in quel tempo per il famoso brigante anti francese, Majno detto della Spinetta! Di Marengo antico, distrutto al tempo della fondazione di Alessandria e ricostruito a fianco di Rovereto, rimaneva soltanto la Torre dei Gamberini, detta anche di Teodolinda, sulla quale, tradizione vuole, sia salito Bonaparte durante la battaglia. Napoleone non doveva certo ignorare l’importanza in passato di quella terra che fu Corte Regia al tempo dei Longobardi, e così Marengo fu scritta a caratteri d’oro sul libro della Storia di Francia.
Naturalmente di Montebello apparso sul primo bollettino come antefatto della famosa battaglia, nessuno più disse per quanto i due avversari del primo scontro, Lannes e Ott, siano ancora di fronte a Marengo e Ott si prenda la rivincita su Lannes. E’ storia francese, ma è anche storia della nostra terra, che talvolta giova ripetere, Melas al rientro di Bonaparte dall’Egitto sta dapprima in Liguria dove si attende venga l’avversario; è però ingannato dalla formazione nemica che ritiene composta di soli 8000 uomini tra invalidi e coscritti. Sono invece ben 40.000 mila soldati che come Annibale compiono il prodigio di scendere in Italia per il San Bernardo. I due eserciti formano tosto un grande arco al cui centro si trova Alessandria dove è rinchiuso Melas: il vantaggio sarà di chi primo passerà il Po. Bonaparte spinge all’avanguardia Lannes che giunge sino a Pavia; Melas a sua volta richiama da Genova Ott, e per la valle della Scrivia lo sospinge in direzione di Piacenza dove sembra si diriga Bonaparte.
L’inconto tra Lannes e Ott avviene a Montebello il 9 giugno 1800, cinque giorni avanti Marengo. Si disse che Lannes fosse andato oltre gli ordini ricevuti, dovendosi mantenere coi suoi 8000 uomini, nella stretta di Stradella. Ott che avanza con ben 18.000 austriaci e molti cannoni, si scontra dapprima con la divisione Watrin, presso Casteggio, ed i francesi hanno la meglio sull’avanguardia O’ Reilly. Poi il combattimento si estende sulle colline fra Casteggio e Montebello dove Lannes sta per cedere al numero e alle cannonate del soverchiante Ott. Ma ecco giungere, mandata da Bonaperte, la divisione Chamberlhac, sicchè Lannes riordinati i suoi battaglioni, batte a Montebello il gen. Ott che cede il campo riparando in Alessandria con la perdita di 8000 uomini. Il 14 successivo Melas tenta arditamente di raggiungere Piacenza, ma oltreBormida si contra con le divisioni francesi ed uno dei primi combattimenti si svolge poco oltre Spinetta, proprio là dove in antico stava Marengo. E’ Haddick che travolge i soldati di Victor; a Castelceriolo invece il gen. Ott trova Lannes e in mattinata l’austriaco si prende la rivincita di Montebello. Le vicende del pomeriggio sono troppo note per ripeterne il racconto; altra volta vedremo invece quale era l’armamento di Bonaparte in quel tempo.
Piero Angiolini