Alessandria, le sabbie mobili, il passato che torna sempre. Il futuro? Immancabilmente da scrivere [Centosessantacaratteri]

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di Enrico Sozzetti

 

 

Immancabili ogni fine anno arrivano le interviste al sindaco di turno che altrettanto puntualmente provocano la reazione delle opposizioni. Nelle prime è ben difficile trovare elementi critici, nelle seconde è altrettanto difficile individuare elementi positivi. Copioni che si ripetono, uguali a se stessi. E non dovrebbero fare notizia. Ma Alessandria è un capoluogo particolare. Capace di improvvisi guizzi di fantasia e innovazione. Al punto da dire che quanto era stato prospettato nel 2007 (intanto l’anno appena iniziato è il 2020) era così straordinario che… non esiste ancora oggi.

Succede infatti che Domenico Ravetti, consigliere regionale del Pd, interviene per commentare le parole del primo cittadino Gianfranco Cuttica di Revigliasco. E per farlo è andato a rileggere il documento di fine mandato della giunta di centrosinistra guidata da Mara Scagni. Ed ecco cosa scrive a un certo punto: «Ho riletto in queste ore le 316 pagine di relazione di bilancio 2007 della Giunta di Mara Scagni. C’è più futuro in quella relazione che nell’intervista del sindaco attuale (pubblicata sulle pagine locali de La Stampa, ndr). O, per non essere faziosi, già 13 anni fa l’idea di futuro conteneva fondi Ue, logistica retroportuale, programmi di adeguamento alle norme legislative e riduzione del quantitativo di rifiuto da smaltire, sviluppo e razionalizzazione della mobilità urbana per rendere la città più vivibile diminuendo l’inquinamento acustico ed atmosferico. Ma, a differenza della rassegnazione contemporanea, c’era un’idea di sviluppo legato al turismo e alla cultura, quindi al teatro, ai musei, al sistema bibliotecario. C’erano programmi precisi sullo sviluppo dell’università, si progettavano residenze universitarie e servizi per gli studenti. Addirittura c’era già allora un progetto per il secondo ponte sul fiume Bormida e una riflessione sull’utilizzo delle sponde urbane del fiume Tanaro. Insomma, nulla di originale in Cuttica di Revigliasco e nel leghismo nostrano, solo un imperdonabile ritardo di 13 anni (…). La verità è che oggi manca la cura dell’anima della città, manca anche la cura del corpo, manca bellezza e futuro e il sindaco è rimasto fermo alla previsione di bilancio 2007 o, se preferite, Alessandria è tornata semplicemente indietro di 13 anni. Non si leggono le traccie dei progetti per le fondamentali infrastrutture sanitarie e culturali come il nuovo ospedale e il riutilizzo del teatro comunale anche in collaborazione con l’Università. Non si trova concretezza sulle scelte che migliorano l’ambiente a partire dalla qualità dell’aria, dal consumo del suolo, dalla riduzione pro capite dei rifiuti e dalla differenziata. Non si leggono precise posizioni sul ruolo del capoluogo in relazione ad un territorio più ampio per esempio sul dissesto idrogeologico oppure sulle attività economiche a partire dalla protezione e valorizzazione del piccolo commercio».

E ancora una volta si ripete un altro copione tipicamente alessandrino: voler parlare del futuro guardando al passato. A parte il fatto che ogni maggioranza nuova, per prima cosa smantella quasi tutto quello che trova (succede sia a livello locale, sia nazionale), bisogna ricordare che il lungo elenco fatto da Ravetti è riferito al documento di fine mandato. Facile promettere un futuro fantastico, quando sai, in realtà, che la rielezione è poco più di un miraggio. Quello che invece conta è ciò che hai costruito durante il periodo di governo in relazione ai progetti di sviluppo. E qui il discorso si fa un po’ più complesso. La giunta Scagni e quella successiva di Piercarlo Fabbio in realtà hanno avuto delle idee. Hanno cercato di mettere a fuoco un progetto di città, poi declinato in maniere differenti. La prima ha individuato alcuni temi forti, senza riuscire però a svilupparli (molteplici le cause, anche legate a competenze e capacità di visione globale, oltre che a una politica partitica che ha remato contro), la seconda ha addirittura investito ingenti risorse in un piano strategico ambizioso per dimensione e portata che, anche a causa della dimensione, è rimasto lettera morta pur avendo avuto il merito di mettere nero su bianco problemi e possibili soluzioni.

La morale? Nelle sabbie mobili non si può sprofondare interamente, però neppure liberare da soli (non sempre). Alleanze e collaborazioni sono fondamentali. Ma vanno fatte guardando al merito dei problemi e non solo ai colori politici di turno. Ad Alessandria una esperienza c’è stata. E risale ormai a molti anni fa quando la Lega Nord era al governo di Palazzo Rosso e il centrosinistra era a Palazzo Ghilini. Francesca Calvo e Fabrizio Palenzona avevano creato i presupposti per lavorare concretamente su fronti innovativi, per l’epoca, come università e logistica. Ma gli amministratori sono in carica pro tempore e la continuità amministrativa a medio e lungo termine è una costante chimera in Italia. Questo è avvenuto a Palazzo Rosso, ma anche in Provincia dove la continuità politica è stata confermata con i due mandati di Paolo Filippi, ma quella amministrativa ha visto man mano disperdere il patrimonio di progetti, idee e anche realizzazioni delle due giunte di Palenzona.