La maratona di Nicola con New York negli occhi [Lettera 32]

di Beppe Giuliano

 

 

Nicola Mandirola, trentacinque anni, lavoro come ufficio legislativo di un gruppo del Consiglio Regionale, alessandrino (tortonese di nascita) che ama la nostra città anche se lamenta una certa disattenzione degli automobilisti nei confronti di chi corre, come fa lui, per allenarsi visto che lo intervistiamo sulla “sua” maratona di New York, la prima a cui ha partecipato, tra l’altro arrivando al traguardo con un tempo di tutto rispetto.

 

Partiamo dalla fine. 3 ore e 22 minuti alla prima maratona è un tempone.

Negli ultimi quattro cinque mesi ho seguito qualche programma di allenamento più strutturato e mi sono reso conto di quanto si possa migliorare. Allenamenti non con un coach ma con tabelle perché per me avere un obiettivo su cui focalizzarmi è necessario. Le tabelle che ho usato fino all’inizio dell’estate erano un po’ indulgenti, anche perché ho un ginocchio operato per un legamento e un menisco rotto (d’altronde, chi non ce l’ha tra i corridori?). Erano allenamenti di mantenimento. Con un programma di allenamento più attivo, comunque fatto “in mezzo alla vita”, compreso a Shanghai, dove ho raggiunto Cristiana (la sua compagna, là per lavoro, pure lei eccellente atleta tra l’altro-NdR), con un tasso di umidità “a mille”, i miei tempi diminuivano. Avevo immaginato di fare un 3 ore e 30’ anche perché New York è una maratona abbastanza lenta. A metà gara, quando ho visto che il mio passo era a 3 ore e 19’ ho scelto di godermi la gara e la città. Nel finale ho un po’ rallentato proprio perché avevo paura di rovinare tutto e non godermi l’arrivo: ho messo sulla bilancia il correre in uno o due minuti di meno o il tenermi negli occhi tutto quello che c’era attorno e ho scelto la seconda ipotesi.

Da bambino sognavi di essere un atleta?

Sognavo di essere un calciatore. Il numero 10 della Juventus. In realtà il mio allenatore mi diceva che anche giocando a calcio più che altro correvo. Correre mi è sempre piaciuto, da ragazzino andavo agli argini, abitando lì vicino.

Dopo cosa succede. Ci si sveglia alla mattina e si dice: faccio una maratona?

In realtà ho ripreso a correre dopo l’intervento al ginocchio per rimettermi in forma. Poi, visto che Cristiana all’epoca correva, è stata un’occasione per fare qualcosa insieme. Dal marzo del 2016 ho iniziato a correre con un programma, seppur blando, e infatti prima della maratona ho corso cinque mezze maratone, di cui tre in questo 2019. Naturalmente quando fai una mezza, anche se la prima è stata una delusione visto che l’ho preparata malissimo, allora l’idea di fare almeno una maratona nella vita viene.

Si fa una maratona, o si pensa di proseguire e diventare, pur da “amatori”, maratoneti?

Nel mio caso è stato: faccio almeno una maratona. Appena conclusa New York però ho detto: adesso ne vado a fare un’altra. Ci sono anche quelli che preparano la prima gara, poi la soffrono così tanto da smetterla lì. Io non ho sofferto, anche perché credo New York aiuti, infatti ne voglio correre un’altra in un posto meno “affascinante” per capire se, come dicono molti soffrirò la corsa oppure no. Come dice Teresa, che gareggia nel mio stesso gruppo sportivo: facile fare le sei “grandi” maratone, riparliamone dopo che avete fatto Trino Vercellese.

Hai parlato di un gruppo sportivo. Con chi corri?

Faccio parte di “Correre per…” associazione che si chiama così perché corriamo con una finalità anche benefica. È un gruppo di Novi, con caposquadra Andreino Boggeri che a settant’anni ha finito l’ennesima sua maratona (la prima a New York giusto vent’anni fa-NdR). Tra l’altro mangiando, la sera prima, qualsiasi cosa, tanto che gli ho chiesto se il giorno dopo avrebbe davvero corso. Non voglio dire che l’alimentazione, come l’età, non influiscano sulle prestazioni, però spirito e mentalità, quando sono come nel suo caso così forti, diventano certamente un fattore in un impegno sportivo al limite com’è la maratona.

I prossimi obiettivi? Scendere sotto le tre ore?

Io francamente non so neanche se per me è possibile, perché non ho i parametri per misurarmi. L’obiettivo immediato è scendere sotto l’ora e trenta della mezza maratona (due giorni dopo la nostra chiacchierata Nicola ha corso a Vicenza in 1:27.54 oltretutto piazzandosi secondo di categoria, insomma un risultato sportivo eccezionale-NdR).

Ci si prepara anche mentalmente?

Sì, e si tende pure a esagerare. C’è stato un momento in cui leggevo libri sulla maratona, la mia vita ruotava attorno a quello, una sera prima di dormire stavo leggendo l’ennesimo libro a tema e ho proprio capito di dover staccare, che ci vuole un limite: ho aperto la trilogia ‘Millenium’ di Stieg Larsson che era lì da dieci anni e ho letto quella, prima di impazzire completamente. È necessario trovare un equilibrio, anche per gli infortuni: sai, io già negli ultimi mesi mi sono allenato quattro volte alla settimana, ma trovi quelli che lo fanno sei giorni alla settimana, e ti verrebbe voglia di chiedergli: ti pagano per farlo?

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(la seconda parte dell’intervista la prossima settimana su Lettera 32)