Risale al 1920 la nascita del Cinema Dante del cav. Aristide Massari [Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti

 

Chi si trovasse a passare per il fondo di via Dante dove oggi si trova il palazzo che va dal numero civico 122 al 126 per poi proseguire, dopo una breve rientranza, fino al civico 130, deve sapere che in quel luogo, nel 1952, venne alla luce, come riporta il cronista dell’epoca Piero Angiolini, un vecchio cimitero ebraico.
Fu Napoleone (nel 1804) per ragioni igieniche ad imporre che il divieto di sepoltura nelle chiese e negli abitati fosse esteso anche alle province italiane, il che segnò la fine di una pratica invero assai poco gradevole!
Chiusa questa parentesi, tentiamo di raccontare cosa invece venne realizzato su quell’area dopo che venne risanata, diciamo, dopo il 1920, ossia cent’anni fa, anno più anno meno.
Ebbene, fu proprio su quell’area rilevata dal cav. Aristide Massari (così era noto a tutti), che sorse l’allora cinema Dante...e non solo…
Il Massari infatti, dimostrò una vera passione per le novità che offrirono i cosiddetti “anni venti”. Oltre al cinema Dante infatti, il Massari diede vita alla prima concessionaria alessandrina dell’Alfa Romeo e della Fiat, oltre a quella della Vespa e, nel 1946, del VeloSolex. Il tutto con vetrine su via Dante, oltre ad un’ampio garage, sul cui frontespizio campeggiava la scritta “FIAT”, per il ricovero e la loro manutenzione.
Questo garage era talmente ampio, che sostanzialmente si affacciava, oltre che su via Dante, sul “rondò” tutt’ora esistente (anche se attualmente il rondò è molto meno accentuato) e l’accesso era possibile anche da via Ghilini.
Ovviamente, a parte l’area piuttosto vasta occupata dal Cinema Dante, dalle fondamenta al tetto, il Massari realizzò, al primo e secondo piano della parte confinante con il cinema, la dimora sua e della sua famiglia, che si estendeva fino al grande terrazzo del primo piano che ospitava, al piano terra, l’accesso al garage. In alcune cartoline d’epoca si notano i caratteristici balconi chiusi, in legno, a sbalzo sulla via Dante.
L’area di sua proprietà si estendeva come già detto, dall’attuale civico 122 al 126 per poi proseguire, dopo una rientranza meno ampia del “rondò” ma ancora visibile sulle cartoline dell’epoca, fino ad occupare parte del civico 128 (oggi farmacia Castoldi). La restante parte, che si affacciava anche su via Lamarmora (oggi Ortopedia Noli), era occupata da un’altra proprietà di tre piani fuori terra che ospitava, fra l’altro, una osteria piuttosto nota all’epoca.
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Rinvenute ossa umane in un cortile di via Dante
Durante i lavori di scavo la impresa Italo Fossati rinvenne in un cortile di via Dante molte ossa umane, di epoca assai lontana. Si tratta dei miseri resti del vecchio Campo degli Ebrei, situato diversi secoli fa in questa parte della città. Il Cimitero cristiano si stringeva invece al Duomo antico, quasi di fronte alla Prefettura attuale.
Risulta che ancora sul finire del 700, il fondo della via Dante, allora detta della Fiera Vecchia o di Porta Marengo, una zona un pò fuori mano, era destinato a cimitero della Comunità israelitica alessandrina; di fronte si elevava la Cittadella Spagnola, distrutta poi da Napoleone (piazza d’Armi vecchia).
Anticamente il terreno apparteneva ai Calcamuggi e fu venduto per lire mille milanesi nel 1601, da Ottaviano Calcamuggi, malgrado l’opposizione dei familiari che non gradivano quella insolita destinazione.
Nel 1790 parte del campo fu ceduto all’architetto Caselli, il quale costruì per sè l’odierno palazzo circolare dai caratteristici balconcini (oggi casa Carnevale). Quivi appunto vennero rinvenute le ossa umane.
Il Cimitero si restringeva così al recinto di fronte (ora casa Massari), ma per poco tempo, in quanto già nel 1798 i francesi si prendevano quel sito per altra destinazione. Ed avvenne che qualche anno dopo il Direttore delle Fortificazioni napoleoniche, colonnello Liedot, considerato che dalla demolizione della Cittadella spagnola doveva sorgere su progetto suo in quel medesimo tratto un pubblico passeggio, riduceva il campo a giardino privato, e tale doveva poi rimanere sino al 1920 circa. I maligni dissero allora che quel luogo serviva al Liedot per ricevere la sua “bella”.
Nel 1814, dopo la restaurazione, il Rabbino di Alessandria si affrettava a reclamare il mal tolto, lamentando che troppo a lungo si erano profanate le ossa dei padri loro; in effetti riavuto il Campo fu subito affittato ad uso orto e così rimase anche in seguito per oltre un secolo. Ciò per altro ritardò il completamento dei palazzi secondo il progetto Caselli, attuato solo dopo il 1920.
Risulta che l’acquirente Massari dovette prendere impegno di versare per dieci anni un canone a titolo di rimborso spesa posteggio del carro funebre degli Ebrei! Lo scavo eseguito riuscì abbastanza profondo e le ossa rinvenute furono raccolte in tante cassette e trasportate poi nel campo attuale di piazza d’Armi nuova.