Piemonte in ginocchio: i fiumi da risorsa a nemico. Che fare? [Piemonte Economy]

di Cristina Bargero

 

A distanza di un mese dall’ultima alluvione che ha devastato il sud della Provincia di Alessandria e alcune zone della Liguria, abbiamo appena vissuto un fine settimana di ulteriori esondazioni e di frane che, in questo frangente, hanno coinvolto molti territori del basso Piemonte, del Torinese e del Ponente ligure. Un’allerta rossa che, dopo essersi estesa come un’enorme macchia su due regioni, purtroppo ha provocato, ancora una volta, una vittima, ingenti danni alla rete viaria e ai privati e, infine, enormi disagi, uniti a un sentimento di scoramento.

Sono state le correnti nordorientali ad insistere sulla nostra regione e sulla confinante Liguria, provocando una persistenza di precipitazioni sulle aree pedemontane occidentali.

Piogge ripetute in soli quattro giorni hanno superato i livelli che, in condizioni atmosferiche normali, si raggiungono in un mese, come mostrano i dati pluviometrici rilevati nelle stazioni Arpa di Ovada ed Acqui Terme.

 

 

Le principali città piemontesi e molti centri minori sono stati fondati, e successivamente si sono sviluppati, sulle rive di corsi d’acqua.

Nell’antichità e anche nel Medioevo il fiume era considerato una preziosa risorsa, in quanto le sue acque dolci erano utilizzate a fini domestici e agricoli e nei tratti di pianura erano navigabili, costituendo, quindi, una via di comunicazione importante per il commercio.

Nel corso del tempo l’uomo ha costruito dighe, canali per sfruttare al meglio le potenzialità dell’acqua e opere idrauliche per difendersi dalle esondazioni.

Ma questi stessi fiumi portatori per secoli di benessere e che oggi vengono rivalutati sotto il profilo urbanistico come elementi caratterizzanti e attrattivi dei centri urbani nel week end appena trascorso sono stati vissuti come una minaccia dai cittadini che li vedevano avanzare impetuosi e impietosi.

 

 

La messa in sicurezza degli argini effettuata dopo le alluvioni del 1994 e del 2000, e la celerità con cui si è attivata la Protezione civile unitamente a Forze dell’Ordine e Istituzioni, hanno evitato il peggio.

Tuttavia, a fronte di un clima che sta cambiando a una velocità imprevedibile, occorre come già scritto in precedenza sbloccare immediatamente i fondi per la messa in sicurezza del territorio e semplificarne le procedure ammnistrative, incrementando al contempo i bacini di esondazione liberi da ostacoli antropici e progettando con maggiore consapevolezza casse di espansione, che diventino occasione per il miglioramento paesaggistico delle aree interessate (come è accaduto a Firenze).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La messa in sicurezza degli argini effettuata dopo le alluvioni del 1994 e del 2000  e la celerità con cui si è attivata la Protezione civile unitamente a Forze dell’Ordine e Istituzioni hanno evitato il peggio.

Tuttavia a fronte di un clima che sta cambiando a una velocità imprevedibile, occorre, come già scritto in precedenza sbloccare immediatamente i fondi per la messa in sicurezza del territorio e semplificarne le procedure ammnistrative, incrementando al contempo i bacini di esondazione liberi da ostacoli antropici e progettando con maggiore consapevolezza casse di espansione, che diventino occasione per il miglioramento paesaggistico delle aree interessate (come è accaduto a Firenze)