Mercogliano: “Qualità del pubblico, efficienza del privato: ecco il modello vincente per la sanità piemontese. Ad Alessandria puntiamo su Università e IRCCS”

di Ettore Grassano

 

“La qualità del pubblico, l’efficienza del privato con piena sinergia fra loro: questo è il modello vincente per la sanità di oggi, e di domani. Parola di medico, ma anche di paziente”. Domenico Mercogliano non è proprio una persona qualunque, soprattutto quando analizza il comparto sanità. Negli ultimi vent’anni apprezzato cardiochirurgo ad Alessandria, e a lungo responsabile della Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliera, un anno e mezzo fa il dottor Mercogliano ha dovuto affrontare una lunga maratona sanitaria come paziente (una complicanza a seguito di un intervento sulla colonna che lo ha costretto ad un lungo periodo di ospedalizzazione), che si è conclusa felicemente, e che lo ha ancor più rafforzato nelle convinzioni di sempre: “Quella piemontese è una delle migliori sanità d’Italia, mi riferisco sia alla qualità delle prestazioni medico sanitarie, sia all’umanità dei suoi operatori, che non è assolutamente secondaria”.

A Mimmo Mercogliano, da anni impegnato anche sul fronte politico nel Partito Democratico alessandrino, chiediamo di aiutarci a capire cosa davvero funziona, e cosa no, nella sanità di casa nostra. E come si possono affrontare, con lucidità, le sfide non del 2020, ma dei prossimi 10-15 anni.

Conti ‘ballerini’ in corsia. E ad Alessandria c’è chi si insospettisce…[Centosessantacaratteri] CorriereAl

Dottor Mercogliano, intanto bentornato, e complimenti per la determinazione con cui ha affrontato e vinto la sfida più importante, quella per la vita…
(sorride, ndr) Grazie, è stata una bella battaglia, davvero impegnativa. E se sono qui devo ringraziare tante persone: dalla mia famiglia, che si è sacrificata senza limiti, agli amici e a tanti colleghi del mondo della sanità, medici e non solo, che hanno fatto davvero il massimo, e di più. Già ne ero certo da addetto ai lavori, ma l’ho sperimentato ancor più sulla mia pelle come paziente: il Piemonte ha una delle migliori sanità di questo Paese, e quindi…del mondo.

Eppure ci lamentiamo spesso, Dottore, sempre di più: siamo incontentabili?
Un po’ sì, siamo diventati tutti incontentabili, esasperiamo il dettaglio, non ci basta mai ciò che riceviamo, e siamo contro per partito preso: anche se ovviamente ogni caso fa storia a sé, e tutto è migliorabile. Faccio un passo indietro: sono arrivato a lavorare come cardiochirurgo in Piemonte, ad Alessandria, nel 1998, e non credo che qualcuno possa smentirmi se affermo che, allora come oggi, la nostra sanità regionale è sempre stata ed è un punto di riferimento per tutto il Paese….

Nonostante la politica, diciamo così…?
La politica, e non faccio distinzioni di partiti o schieramenti, quando riesce ad essere non litigiosa e a guardare all’interesse generale, può e deve fare la sua parte. Precisiamo: è vero che ogni Regione ha ampia discrezionalità, e che il 90% del bilancio regionale è destinato alla sanità. Ma è altrettanto evidente che molte decisioni ‘di sistema’ spettano a Roma, al Governo. Emblematico e drammatico esempio di errata programmazione, nazionale e non regionale, è la mancanza di medici specialisti con cui ci stiamo confrontando, e sempre più ci confronteremo.

Si dice che molti ospedali stiano ‘richiamando in campo’ i pensionati….
E’ vero, ma non è una soluzione, se non nell’emergenza. La strada da percorrere è un’altra, e si chiama programmazione. Occorre tener conto, oggi, di quali saranno le patologie prevalenti fra 10-15 anni. E non è così difficile prevederlo: oltre alle specialità classiche, ci sarà un grande bisogno di specialisti in geriatria, ad esempio. Oggi il problema non sta tanto nel numero chiuso delle iscrizioni a Medicina, ma nell’esiguo numero di specializzandi; i pochi specialisti a disposizione preferiscono Paesi o strutture che offrono remunerazioni e opportunità di carriera maggiori. Che vogliamo fare? Continuare a formare medici fino alla laurea, per poi spingerli a specializzarsi e a cercare lavoro all’estero? Perché è questo che già succede, e il fenomeno in mancanza di correttivi seri crescerà ancora.

Una visita reumatologica? Se ne parla nel 2018! [Controvento] CorriereAl 1

Rimaniamo in Piemonte, dottor Mercogliano: si parla di forte mobilità passiva. Ossia cresce il numero dei piemontesi che decidono di curarsi altrove, con costi rilevanti per il sistema. Queste persone non sono così convinte che la nostra sanità sia adeguata, evidentemente….
In parte forse dipende dalla maggior capacità di altre regioni di fare marketing sanitario, diciamocelo. In parte anche da ragioni culturali: penso all’Alessandrino, che è provincia che da sempre guarda in parte alla Lombardia e in parte alla Liguria. Ma il fenomeno ‘migratorio’ verso la Lombardia interessa anche altre province piemontesi, da VCO a Novara. Allora, chiariamoci: la Lombardia ha certamente un’ottima sanità, pubblica e privata convenzionata, con punte di vera eccellenza. Una loro scelta vincente fu mettere in competizione le strutture tra loro, legando i finanziamenti all’esistenza del Pronto Soccorso, e spingendo gli ospedali a specializzarsi in determinate patologie. Detto questo, i dati degli ultimi anni dicono che la Lombardia non è più così attrattiva. Certo da parte nostra, in Piemonte, occorre parlar chiaro ai cittadini/pazienti, e perseguire un modello condiviso di sanità, a prescindere da chi vince le elezioni. Non possiamo cambiare direzione e metodo ogni cinque anni: sarebbe, anzi è, un disastro.

La fusione sanitaria di Alessandria tra progetti per l’azienda unica e parole al vento [Centosessantacaratteri] CorriereAl

Il modello del futuro secondo lei è meno ospedali, sempre più qualificati e specializzati?
Se guardiamo a certi territori, come il quadrante Alessandria Asti per rimanere a casa nostra, non può che essere così. Al nostro capoluogo, in particolare, servirebbe una nuova struttura, moderna e funzionale da tutti i punti di vista: dalle infrastrutture interne alla logistica. E c’è oggi un dato preoccupante e su cui lavorare, per chi fa politica, a prescindere dagli schieramenti: nel piano di edilizia regionale non c’è traccia di investimenti alessandrini!

Treno perso negli ultimi 15 anni?
Vero, ma fare dietrologia non serve a nulla. Meglio guardare avanti. E avanti credo ci debba essere, per forza di cose, una visione di ‘rete’, e di specializzazione diffusa: ossia un unico grande ospedale provinciale, oggi ad alta specialità e domani speriamo anche IRCCS e una serie di presidi ospedalieri, ognuno dei quali in grado di fornire primo soccorso, e qualche specifica specializzazione. Essi dovrebbero essere parte di un’ unica “governance” che comprenda ASO-ASL-PRIVATI (invito a guardare ciò che si sta facendo a Varese, per non essere tacciato di essere di parte. Una unica ASST per un ospedale HUB con anche l’UNIVERSITA’ e sei presidi SPOKE oltre il TERRITORIO ) . Già oggi, per tornare a casa nostra, in caso di infarto, per capirci, il 118 porta il paziente direttamente ad Alessandria, e giustamente; non può essere altrimenti, per poter offrire cure che siano adeguate, con il massimo delle competenze mediche e delle tecnologie necessarie.

Caro Assessore Saitta, se 4 ore di attesa per una prenotazione e 4 mesi per una visita in ospedale per lei sono normali.... CorriereAl

Quindi arriveremo alla chiusura di presidi ospedalieri come Tortona, Ovada, Novi, Acqui, Casale?
Ovviamente no. Ma non ci vuole un esperto per capire che oggi tenere aperti 6 ospedali veri, in una provincia come quella di Alessandria, è impossibile proprio perché gli standard di cura sono enormemente cresciuti, e i pazienti sono diventati giustamente estremamente esigenti. Siamo seri: curare le persone costa, e costa tanto, in termini di personale specializzato, di infrastrutture, di tecnologie. La provincia di Alessandria può permettersi un solo vero grande ospedale HUB ad alta specialità, non sei o sette. Occorre però che da un lato i cittadini possano raggiungere l’ospedale stesso (che ad oggi è il Santi Antonio e Biagio di Alessandria ovviamente, ndr) in maniera rapida, non solo con il 118 in casi di urgenza, ma anche con navette dai vari centri zona della provincia. Dall’altro lato anche gli alessandrini residenti nel capoluogo, nell’ambito di questa riorganizzazione ‘a rete’, devono mettere in conto di potersi spostare, per curare determinate patologie, a Tortona, a Casale, a Novi, a Ovada, o presso altri presidi, se lì verrà centralizzata una certa specializzazione per una determinata patologia.

Sanità pubblica: grandi spese per ritorni insufficienti [@SpazioEconomia] CorriereAl 1

Il rischio non è un’ulteriore ‘fuga’ verso altre regioni?
E’ ovviamente diritto di ogni cittadino decidere dove curarsi: sta a noi, sanità piemontese e alessandrina, essere competitivi e attrattivi, per essere scelti, non solo dai residenti, ma anche da chi viene da fuori.

Conti ‘ballerini’ in corsia. E ad Alessandria c’è chi si insospettisce…[Centosessantacaratteri] CorriereAl

Un tassello fondamentale per diventare sempre più competitivi è la crescita di medicina, e il riconoscimento dell’Ospedale di Alessandria come IRCCS, seconda struttura in Piemonte dopo Candiolo?
Certamente sì, e su questo fronte si sono fatti in questi anni passi in avanti fondamentali. Ad Alessandria abbiamo già attivi i primi due anni di Medicina, e oltre a completare anno dopo anno il corso di laurea occorre ora fare in modo che gli studenti siano davvero fortemente legati alla formazione ospedaliera, in reparto. Per quanto riguarda l’IRCCS, Alessandria sta dando un contributo fondamentale nella ricerca relativa al mesotelioma: credo e spero che a breve questo lavoro di squadra sarà premiato.

Cisl: "Fuga dalla sanità: giovani e anziani alessandrini vittime del 'caro cure'" CorriereAl

 

Una riflessione sulla prevenzione, dottor Mercogliano: non tanti anni fa le campagne del Ministero ci martellavano, per convincerci dell’utilità di esami di controllo preventivi, soprattutto dopo una certa età. Oggi, al contrario, sembra che i medici di base siano terrorizzati all’idea di segnare un esame del sangue di troppo. Dove sta la verità?
Nel mezzo, probabilmente. Nel senso che la prevenzione ha senso se mirata: ossia chi sa di avere famigliarità per una certa patologia perché ne hanno sofferto genitori o parenti, o perché ha già avuto sintomi manifesti, deve assolutamente fare prevenzione, così come è certamente valida la prevenzione per alcune forme tumorali (es: mammografie o colonscopie). Ma l’idea di una prevenzione di massa è insostenibile, perché è gratis o quasi per i singoli pazienti, ma non per il sistema sanitario, che rischia di collassare. E poi serve davvero a poco.

Chiudiamo con la politica: lei è ancora iscritto al Partito Democratico? Nessuna tentazione ‘renziana’?
(sorride, ndr) Nessuna tentazione, resto fedele alla linea, e convinto che Renzi, che pure ha meriti innovativi indiscutibili, abbia commesso un grave errore, conseguenza di una visione troppo personalistica e forse narcisistica della politica. Se perdi una battaglia rimani dentro, e cerchi di vincere la battaglia successiva: andarsene portando via il pallone è da ragazzini un po’immaturi. Detto ciò, nel PD c’è tanto da migliorare, e da cambiare, anche a livello locale: ci stiamo lavorando, il 2020 porterà molte novità.