l’Alluvione, 25 anni fa: e se fosse toccato a te?

di Graziella Zaccone Languzzi

 

Sono trascorsi 25 anni dalla disastrosa calamità che colpì il Piemonte, e alla nostra città toccò il peggio, con vasti e rovinosi allagamenti che procurarono vittime e danni privati e pubblici, mettendo in ginocchio la nostra comunità in alcuni casi per sempre.

Sembra un ricordo lontano, ma non è così per chi l’ha subita. Alessandria è stata colpita a metà, la parte nord e il suo “cuore” con realtà private,  economiche,  pubbliche, istituzionali, sanitarie come i due Ospedali e il Cimitero monumentale. Il ricordo è sempre vivo e si rinnova ad ogni maltempo e nell’anniversario.

Chi non ha mai subito una alluvione è lontano dal capire che accade, quindi provo a spiegarlo: caro lettore mentre stai leggendo prova immaginare se quel sei novembre fosse toccato anche a te. Subire una alluvione è una autentica tragedia, e tu che leggi dovresti chiudere gli occhi e provare ad immaginare di perdere tutto: la tua casa con tutte le cose in essa contenute, cose a  te  utili, cose a  te care, i ricordi di una vita e di generazioni. Perdere il calore di quella casa, perdere la sicurezza, l’intimità di quella casa. Prova ad immaginare di vedere la tua casa piena di acqua, fango e gasolio, violata, gelida e irreale. Immagina di trovarti sfollato, sballottato qua e là con una parte della tua famiglia, l’altra non sai dov’è e hai l’angoscia di non avere notizie, provi una tristezza nel cuore infinita e magari dover sorridere per confortare i tuoi cari sconvolti, annichiliti che cercano nei tuoi occhi un pò di forza per non impazzire.

Quello che ti è rimasto ce l’hai addosso, sei scappato senza pensare che siamo alle soglie dell’inverno, e non hai più di che coprirti. La tua salute: in quella casa c’erano le medicine da prendere magari tutti i giorni, i cosiddetti salvavita, il nutrimento è quasi precario, cibi conservati, scatolette, se si è giovani può anche andare bene ma i bambini e gli anziani? Non parliamo poi degli  animali domestici, forse annegati perché scappando ti sei dimenticato di loro, e soffri perché eri affezionato. Il lavoro: la paura di perderlo perché scopri che anche il tuo posto di lavoro non c’è più, l’alluvione si è portata via anche quello. Poi ci sono le vittime innocenti: hai perso un tuo caro o un amico in quel modo assurdo.  Nell’immaginare stai tremando dall’orrore e senti dolore, ed ora apri gli occhi e tiri un lungo respiro liberatorio,  quell’incubo è stato solo un brutto sogno per te, ma sappi che per molti altri in questa città meno fortunati di te…no! E’stata realtà, un brutto ricordo per sempre .

Sono trascorsi 25 anni ma ciò che è accaduto in questa parte della città che è la mia,  e ciò che  gli alessandrini alluvionati hanno subito e non lo dimenticheranno mai. Sono rientrati nelle loro case  ma non sono più quelle di prima, le mura nonostante anni di trattamenti trasudano ancora, si percepisce la puzza di gasolio  e di muffa. In quella casa si sentono estranei, si guardano attorno e non vedono più le cose care di un tempo, vivono nella paura che si ripeta nonostante parziali rassicurazioni, nei  loro occhi e nel loro cuore non c’è più serenità ogni volta che inizia a piovere un po’ più forte e viene dichiarata un’allerta.

Dopo aver letto, la tua sensibilità di cittadino forse  ti ha fatto pensare e forse ti ha intristito, ma attento…quando succede una tragedia simile per le persone e  per il territorio, il comportamento è sempre lo stesso. Nessuno dei preposti si assume responsabilità, uno scaricabarile nazionale e perdipiù nessuno paga mai.

Queste catastrofi sempre meno naturali ma colpose dal ’94 non si sono mai fermate in tutto il paese e ciò che è accaduto nei giorni scorsi nella nostra provincia lo denuncia. Come di routine lo Stato ci porta la sua solidarietà con proclamazione di dolore, generosissimo di parole e promesse di aiuto per i colpiti e per il ripristino del territorio, ma non è così semplice ed è sempre più difficile e poco veritiero ottenere ciò che è stato manifestato sul momento.

Allo Stato, non importa tutto questo, perché lontano mentalmente e fisicamente: manca la formazione, la cultura, i valori, la volontà di fare, bagaglio utile di uno Stato al servizio dei cittadini.

E’  un dovere costituzionale salvaguardare territorio e popolo, e far sì che queste calamità chiaramente colpose non abbiano più da essere in modo così aggressivo. Qualcosa si è fatto ma solo a metà dopo il ’94. E’ nata la necessità di aprire un processo di Protezione Civile snello, veloce, vicino al cittadino e ai problemi del territorio introducendo un nuovo modo di informare, formare, comunicare utilizzando nuovi modelli per la pianificazione dell’emergenza e l’organizzazione degli interventi di soccorso.

Il  Dipartimento della Protezione Civile è diventato il titolare  in ambito, ma soffre della totale mancanza di pianificazione territoriale nel “dopo”: , finita la prima ed immediata emergenza della Protezione Civile,  che c’è dopo? Per questo servirebbe un Ministero ad hoc che si occupasse di opere di difesa geologica, idrografica per  controlli, ripristini e manutenzione del territorio a cui aggiungo una tanto sospirata Legge Quadro valevole per tutte le Regioni che comprenda anche disposizioni con regole uguali per tutti i danneggiati, e la capacità di utilizzare i fondi UE messi a disposizione  per la difesa del territorio nazionale con lo scopo è di evitare meno tragedie, e di spendere denaro solo per le emergenze.

Caro lettore vorrei scusarmi se ti ho chiesto di immedesimarti nella grave situazione sopra riportata, ma credimi quanto sopra scritto è la cruda, autentica realtà di cittadini che hanno subito e vissuto, e nonostante gli anni non hanno dimenticato.