L’insondabile [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

 

 

Usciamo da una settimana ricca di comunicazioni di allerta, a causa del maltempo.

Le scuole sono ostaggio delle arpal, dei meteorologi e dei sindaci; si attendono con ansia gli sms che seguono le comunicazioni di allerta arancione e rossa, chi con la legittima speranza di poter saltare un’interrogazione, chi di poter dormire un’ora in più non essendo costretto a lavorare.

Lunedì scorso – a seguito dell’allerta rossa – ho approfittato del bel tempo per fare un paio di commissioni.

Nell’ufficio postale la signora allo sportello mi ha chiesto se trovassi giusto che un impiegato andasse al lavoro mentre un insegnante no.

Ci siamo scambiati alcune idee e ho scoperto che un impiegato e un insegnante possono avere visioni simili.

Ciò che penso non desta interesse poiché è profondamente impopolare.

Il pensiero che le famiglie, i bambini ed i ragazzi vengano trattati come deficienti mi infastidisce; ricordo giornate in cui si andava a scuola con pioggia fittissima (non si chiamavano ancora bombe d’acqua) e siccome c’era una verifica i genitori ci dicevano cartella in spalla e camminare; ricordo giornate in cui ti svegliavi al mattino con i tetti imbiancati di neve – le auto bloccate nei parcheggi – e siccome il senso del dovere veniva prima, i genitori ci dicevano scarponcini e camminare; ricordo mattine in cui mi svegliavo con un raffreddore asinino e ci dicevano latte e miele e a letto che sennò impesti tutti.

Queste e altre cose, ricordo.

Per tacere dei racconti dei nonni, altri tempi ancora.

Le scuole chiudono per ragioni di sicurezza, non tanto per la scuola che di per sé è un luogo sicuro, quanto per il tragitto casa/scuola che può diventare un percorso ad ostacoli, pericolosi o quantomeno insidiosi.

Mi piace pensare ad un’Amministrazione Pubblica che ci sorveglia e protegge (to serve and protect direbbero negli States) senza l’uso di telecamere ma con il buon senso.

Ma c’è un ma.

Non credo che questo sia la maniera corretta.

Non è in questo modo che crescono cittadini consapevoli.

Non trovo sia il modo giusto per educare piccoli e adulti alla responsabilità.

Con questo modus operandi ci si deresponsabilizza e si istiga il popolo alla dipendenza.

È una maniera di preparare la popolazione al potere assoluto, si decide dall’alto e si annulla il libero arbitrio, concetto per cui il mondo della cultura ha dibattuto da sempre.

A fronte di qualsiasi norma imposta, anche apparentemente plausibile e auspicabile, l’umanità deve tenere in considerazione l’insondabile.

L’insondabile non è solo un imprevisto: è ciò che anche attraverso migliaia di leggi, regole, prescrizioni e disposizioni non potrà mai essere evitato.

È un bambino di sei anni che elude la sorveglianza scolastica, sale su una sedia e cade dal secondo piano, con il dolore di tutti.