di Piero Archenti
Sono trascorsi 66 anni dal giorno in cui il cronista Piero Angiolini scriveva per gli alessandrini dell’epoca l’articolo sotto pubblicato.
Di fatto più nulla resta oggi della cosiddetta Isola fortificata di Galateri, sostanzialmene ormai inglobata nel lato di sinistra del Tanaro e da tempo ne fu (colpevolmente) addirittura concessa l’edificazone.
Ma chi era il conte Giuseppe Maria Gabriele Galateri di Genola (Savigliano 26 aprile 1762 – Suniglia 20 gennaio 1844) noto soprattutto per essere stato l’artefice della morte di Andrea Vochieri nella piazza d’armi vecchia (oggi piazza Matteotti) il 22 giugno 1833?
Beh, dal 17 maggio 1824 al 7 marzo 1838 fu il governatore di Alessandria sotto il Regno di Carlo Alberto. Nel 1833 il Galateri, che era sempre stato molto attento ai problemi dell’ordine pubblico, si distinse per efficacia e mancanza di scrupoli e fu premiato quello stesso anno con l’Ordine Supremo dela Ss. Annunziata.
Per gli alessandrini dell’epoca era, come scriveva Angiolini, “un reazionario e bigotto quanto Scarpia”, e non era certamente un complimento se gli alessandrini di allora coniarono l’espressione “gràm ‘mé Galateri”, per indicare il massimo della cattiveria!
Evidentemente non la pensava allo stesso modo lo storico Don Francesco Gasparolo (2 giugno 1858 – 6 luglio1930) se in una sua pubblicazione datata 1929, fra l’atro, riporta le “Memorie del Luogotenente Saracco.”
Il Saracco infatti – scrive Gasparolo – fu Aiutante di Campo di Galateri, di cui ebbe la fiducia e confidenza , e ricevette da lui in consegna i suoi documenti per trascriverli.
Anche quando il Galateri aveva lasciato il servizio, ritirandosi da Alessandria, il Saracco si era fermato in Alessandria, donde continuava a tenersi in corrispondenza, anche quando Galateri continuava per suo mezzo l’assistenza alla famiglia della vedova di Andrea Voschieri.
Un particolare quest’ultimo che getta una luce meno cruda sui trascorsi alessandrini del Galateri.
Un altro particolare poco noto riportato dal Gasparolo riguarda il medico chirurgo Tommaso Ferrari. Infatti, riporta il Gasparolo, il medico Ferrari lo curò con assidua e sapiente medicazione specialmente alla testa, in cui il Galateri riportò la ferita in Russia. Spesso i famigliari Ferrari venivano al Palazzo del Governatore, il quale si mostrava di umore gioviale ed affabile.
La ferita alla testa (riportata il 24 ottobre 1805 combattendo presso Ettingen) lo molestò per tutta la vita al punto che aveva bisogno spesso di medicazioni dal Ferrari, e in Alessandria correva la diceria che il Ferrari gli avesse applicato una parte della calotta cranica in argento.
Insomma sembrerebbe che Galateri, quel personaggio tanto odiato dai nostri vecchi, gratta gratta, alla fin fine mostra, grazie al Gasparolo, quell’aspetto umano che pensavamo ignorasse del tutto!
Foto della cella all’interno del Palazzo del Governatore in Cittadella dove fu tenuto prigioniero Andrea Vochieri.
Monumento a Andrea Vochieri nei giardini pubblici di Alessandria.
La casa dove visse Andrea Vochieri con la targa a lui dedicata in via Vochieri 19.
Pianta della città di Alessandria nel 1822 da cui si evince l’isolotto fortificato di Galateri.
Solo chi oggi ha varcato la cinquantina, può forse ricordare “L’isola di Galateri” che sorgeva in mezzo al Tanaro, poco oltre il ponte della Cittadella. Un vecchio isolotto derivato secoli fa dai capricci di un fiume che in passato era molto instabile nel suo letto: un’isola più tardi compresa nel gran giro delle fortificazioni della piazza forte famosa di Alessandria e perciò dotata di valide difese proprie.
Chi si ferma sul ponte ad osservare il nostro fiume, può vedere fra Ferrovia ed Orti, due diversi aspetti del corso delle acque: a monte è calmo e lento quasi fosse un lago, e per questo fu già ottimo specchio per le regate della vecchia Canottieri; a valle invece, infilato il cosidetto canale di maestra (penultima arcata di sinistra) diventa impetuoso tanto che a guisa di freno vennero posti a pié del ponte alcune grossi massi di pietra, i famosi “prisi” del popolino.
Da questa parte le acque si gettano profonde contro l’altra sponda e quì, ai primi del secolo, si vedevano ancora galleggiare gli ultimi mulini sul Tanaro. Per contro dalla parte di destra, verso la città, il fiume è sempre asciutto col greto scoperto o quasi, tanto che moltianni fa in questo punto si era impiantato il gioco del pallone a braccio.
Le due correnti un tempo si riunivano agli Orti, dopo aver formato il nostro isolotto che per la sua posizione divenne, come si è detto una appendice dei bastioni. Nel 1830 Carlo Alberto volle che quell’isola fosse intitolata al Governatore Galateri che per l’appunto si era adoprato per la difesa di questo lato della città; una lapide murata nel 1833 all’ingresso del ponte ricordava il fatto.
Nel 1848 i nostri liberali più accesi chiesero la distruzione di quel marmo che ricordava Galateri reazionario e bigotto quanto Scarpia, colpevole della fucilazione di Vochieri. Il Governatore oppose rifiuto alla richiesta ed avvenne che una notte la lapide finiva in fondo al Tanaro!
I nostri anziani certo ricordano la vecchia e ombrosa strada che subito dopo il ponte seguiva il giro tortuoso del gran fossato della Cittadella fino al ponte levatoio dell’Opera di Valenza oggi azienda agricola.
Nel secondo giorno di Pasqua era meta preferita per la cosidetta festa delle piante e in quell’occasione taluno cautamente si spingeva anche all’Isola Galateri, ormai disarmata e triste ritrovo di ladri e manuetngoli. Nel 1910 fu teatro di un grave delitto della malavita in cui fu vittima un giovane di nota famiglia alessandrina. Abbattuti i bastioni e le piante e stabilito un nuovo tracciato della strada di Valenza, diritta fino all’Osterietta, l’isola scompare ed oggi solo rimane in piedi qualche muro, avanzo di vecchie fortificazioni.