Dario Gemma: “L’Anpi non è un partito politico: in provincia abbiamo 2 mila iscritti, e tanti giovani”

di Ettore Grassano

 

“Mi sento prima di tutto un patriota, come lo furono i partigiani nella Resistenza. La mia casa oggi è l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia: non un partito politico, sia chiaro, ma certamente un soggetto che rivendica il diritto di fare politica. In provincia di Alessandria abbiamo circa 2 mila iscritti, e organizziamo oltre 60 eventi all’anno, e non solo commemorativi”.

Dario Gemma, 63 anni, famiglia alessandrina di tradizione comunista (“Mio padre, Enzio, fu partigiano e assessore del Pci a Palazzo Rosso fino al 1958”), è cresciuto a “pane e politica” (“ma sempre vivendo del mio lavoro di imprenditore privato”), cercando sempre di tener fede ad un ‘filo rosso’ che lo ha spesso portato in minoranza, all’interno della stessa sinistra.

“Oggi sono un extraparlamentare”, sorride, “iscritto al Partito Comunista Italiano che ha come segretario nazionale Mauro Alboresi. Siamo nati nel 2016, tornando in possesso dello storico marchio del Pci, con l’intenzione di continuare a fare sentire la voce di chi ha una visione della società radicalmente opposta rispetto a quella attuale”. Ma non aspettatevi un ‘incendiario’: Dario Gemma, chi lo conosce lo sa bene, è persona garbata e riflessiva, un intellettuale che ama confrontarsi con chi la pensa diversamente, e anche uno straordinario testimone della politica alessandrina degli ultimi cinquant’anni. Si ricorda davvero tutto, protagonisti, nomi e date, “errori compresi: altrui, e anche miei naturalmente”.

Come vede, un comunista come Dario Gemma, l’Italia e l’Alessandria di oggi? E che ruolo crede debba avere oggi l’Anpi, di cui è presidente per la zona di Alessandria, e responsabile organizzativo provinciale?

 

Dario Gemma, una vita di militanza a sinistra: ma oggi ha ancora senso dirsi comunista?
(sorride, ndr) Per me, per noi che ci crediamo, assolutamente sì. Mi rendo conto peraltro che ci sono tante di quelle sigle, e movimenti, nell’area ormai extraparlamentare di sinistra, che è difficile orientarsi, e soprattutto far arrivare un messaggio forte e chiaro agli elettori. Non a caso da tempo siamo ormai fuori dal Parlamento.

Lei viene da Rifondazione?
Da molto prima. Nasco in famiglia comunista, e milito nel Pci fino al suo scioglimento. Quando al Congresso di Rimini del gennaio-febbraio 1991 Achille Occhetto annuncia la fine dell’esperienza del Partito Comunista Italiano, e la nascita del Pds, decido come tanti altri che non mi sta bene, e sono tra i fondatori di Rifondazione Comunista.

Da Occhetto a Bertinotti?
Ero con Cossutta, persona splendida, pacata, perbene, il cui percorso politico fu sempre frenato dall’etichetta di ‘sovietico’. Fu anche per quello che in Rifondazione si preferì dare via libera alla segreteria di Bertinotti. Con tutte le conseguenze degli anni successivi, compreso l’appoggio al Governo Prodi, e poi la scelta di farlo cadere.

Intanto ad Alessandria nel 1993, dopo quarant’anni di sindaci socialisti appoggiati dal Pci, arrivava la Lega, con Francesca Calvo….
Già. Avversario politico, la Lega, che non ho mai demonizzato e non demonizzo. Forse oggi loro sono rimasti gli unici ad avere un’idea di partito tradizionale, fortemente legato al territorio, e non solo al web. Ma lo sa che in provincia Alessandria il Pci, al suo scioglimento, contava quasi 10 mila iscritti reali, e circa tremila in città, oltre ad avere sedi in tutti i quartieri cittadini e nei sobborghi. E non solo noi: anche la Dc e il Psi erano radicatissimi, e dall’altra parte anche il Movimento Sociale non scherzava.

Nostalgia della Prima Repubblica, Gemma?
No, il mondo va avanti, sempre e comunque, e oggi ci sono nuove sfide, nuovi problemi. Ma se vogliamo provare a riflettere sul ruolo che può e deve avere la politica nella società, la questione della partecipazione è centrale, come quella della qualità dei suoi rappresentanti. Sono stato in consiglio comunale ad Alessandria 3 anni, dal 1990 al 1993. Ricordo che feci il mio primo intervento in aula sul bilancio, e studiai tre giorni e tre notti. Perché sapevo che in Consiglio, in tutti gli schieramenti, avrei trovato una serie di persone estremamente preparate, e pronte ad ‘impallinarmi’……

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Come a dire che oggi…
(sorride, ndr) Lo ha detto lei: ma insomma, il livello medio di chi fa politica è sotto gli occhi di tutti. Ed è una conseguenza della dissoluzione dei partiti intesi come organizzazioni vere, di uomini e di donne. C’erano (non solo a sinistra, si intende) scuole di partito, e di sindacato, che erano vere università. Ti confrontavi, ti formavi, crescevi. Un altro mondo.

Nel suo percorso politico lei Gemma ha fatto anche ‘l’agitatore culturale’, contribuendo a creare ed animare associazioni e laboratori, dall’Ernesto a Critica Marxista, a Max 21. Oggi servono ancora questi strumenti?
Credo assolutamente di sì, anche se mi rendo conto che all’epoca dei social funziona la politica degli annunci estemporanei, lo slogan che ‘cavalca’ il fatto di cronaca a proprio vantaggio, la politica dell’istante. Però se non provi a riflettere, ad elaborare, duri poco. O comunque fai un percorso che francamente non mi interessa.

Anpi, oggi: a cosa serve? Non rischiare di sembrare reduci, che peraltro sono ormai quasi tutti nati a Resistenza conclusa?
L’Anpi non è un partito politico, sia chiaro. Ma fa politica, è nel suo dna farla, e promuove i valori dell’antifascismo. Non solo come fenomeno del passato, ma per evitare che a qualcuno venga in mente di riprovarci. Quando Salvini parla di pieni poteri va stoppato, anche se non credo che sia un aspirante dittatore: semmai un politico in campagna elettorale permanente. Detto ciò, so bene che la Lega è partito con radici democratiche, anche se su posizioni lontanissime dalle mie praticamente su tutto. Ho ascoltato anche di recente interventi ineccepibili sulla Resistenza sia dell’on. Molinari che del sindaco Cuttica, che non lasciano dubbi al riguardo.

 

Quindi l’Anpi non è partito politico, ma fa politica?
Certamente, e la fa tra la gente, anche tra i giovani. So che si tende un po’ a rappresentarci come reduci del passato, ma non è così. I valori della Costituzione nata dalla Resistenza ed ancora oggi attuali, hanno bisogno di essere valorizzati e difesi. L’Anpi si è sempre contraddistinto su queste battaglie, senza distinzione di governo.
Alla festa provinciale organizzata di recente alle Valli Unite nel tortonese, ad una serata concerto con gli Yo Yo Mundi, c’erano mille persone, tanti giovani e ragazzi.
In provincia di Alessandria organizziamo, nel corso dell’anno, almeno sessanta manifestazioni: le più sono istituzionali cioè organizzate con i Comuni o la Provincia (insignita della medaglia d’oro alla Resistenza), ma non solo. Ad esempio Festa d’Aprile che organizziamo con la fondamentale collaborazione dell’Istituto Storico della Resistenza e della Casa di Quartiere, e con il contributo del Comune di Alessandria e dei Sindacati (Cgil-Cisl-Uil).
Le do’ un dato: nel comune di Alessandria l’Anpi ha 300 tesserati veri, più di 2.000 in tutta la provincia. Se riesce a procurarsi il numero di iscritti (sempre veri, non un ‘mi piace’ su facebook) ai vari partiti, di sinistra e non, ne riparliamo. A proposito di radicamento. Del resto Alessandria esprime anche il Presidente Nazionale Anpi, Carla Nespolo: per me prima di tutto un’amica, e naturalmente una compagna di viaggio e militanza di lungo corso. Ma una citazione, oltre che l’attuale presidente Rossi, la merita senz’altro il partigiano Pasquale Cinefra: la nostra bandiera!

 

 

Questo Governo come lo vede, Gemma?
Personalmente lo sento distante, anche se riconosco che è un bene che sia stata interrotta la deriva di Salvini, con i suoi slogan sui pieni poteri. Attenti però a denigrare sovranisti e patrioti: non sono concetti per niente negativi, se declinati correttamente. Una riflessione sul concetto di sovranità, e su quanto un Paese come l’Italia sia ancora in grado di autodeterminare il proprio futuro prima o poi andrà fatto. Magari ricordandoci che siamo da tanti anni una grande base Nato, e che ancora “ospitiamo” ad oggi sul nostro territorio oltre 100 bombe nucleari. Ovviamente non nostre, ma degli Stati Uniti. Quanti italiani lo sanno, e quanti giornali lo scrivono?

 

Ma poi cosa succede fra Tanaro e Bormida? [Centosessantacaratteri] CorriereAl

Alessandria invece? Uscirà mai dal tunnel del declino?
Alessandria soffre, per tanti motivi, non tutti imputabili alla politica. Anche se, giova ricordarlo, non è andata sempre così: nel 1993, quando Tangentopoli travolse la prima repubblica, e anche qui da noi si andò al voto, la sinistra lasciò alla città un comune con un attivo di cassa di 15 miliardi di lire, se ben ricordo, e partecipate sane e moderne.
Due anni fa appoggiai, a titolo personale ma insieme ad alcuni altri compagni, il progetto del Quarto Polo, e non ne sono pentito. Non so quanto ancora possa essere attuale quell’esperienza, che ha portato alla fine a casa poco, ossia un solo consigliere comunale, a fronte di un buon risultato elettorale. E non so cosa e come la sinistra riuscirà a proporre di davvero diverso, nel 2022: però, anche se sono alla finestra, non mi considero ancora un pensionato della politica.