Un amore d’epoca [Un tuffo nel passato]

frisina_caldi Tony Frisina

 

Questa volta, nella nostra rubrica voglio parlare di sentimenti.

Questa volta – a prevalere – non sono i miei sentimenti di acredine nei confronti di scaltri e disonesti amministratori, demolitori di palazzi, chiese e monumenti… soggetti, questi ultimi, che riescono ancora a dimostrare le loro bellezze e virtù architettoniche… solamente in cartolina.

Questa volta voglio esser buono e lasciar passare almeno un’altra settimana prima di scagliare i miei strali contro amministratori poco amanti dei luoghi a me cari e contro politici corrotti che in passato hanno bellamente svenduto gran parte di questa città.

Mi viene in mente in questo preciso istante una bella composizione del concittadino e grande poeta dialettale Gianni Fozzi; il titolo della poesia è tutto un programma e credo calzi a pennello proprio ora: La scaja (ovvero la puttana)… mi scusino le puttane di professione.

Ad un certo punto in La scaja, Fozzi scrive:

Cul ch’ajó dicc adès al ven stampà?

Niente nomi, però, per carità… “

Ecco, appunto, niente nomi

Se ne stiano tranquilli quindi i lestofanti (soprattutto per il motivo che così me ne sto tranquillo anch’io) – in quanto non farò nomi, anche se in questa piccola città di provincia nulla sfugge e (oltre ai diretti interessati) tutti sanno benissimo chi siano i corrotti e chi i corruttori…

Questa volta – dicevo – voglio parlare di sentimenti, in particolare di amore allo stato puro, come oggi non siamo più abituati a sentire, a percepire, a vedere, a provare…

Le cartoline dei tempi andati racchiudono – spesse volte – interessanti testimonianze, delicate confidenze, vere e proprie confessioni.

Il soggetto che oggi propongo unicamente per il testo, non è certamente da considerare una bella cartolina da collezione, seppure a qualcuno possa piacere la scena pastorale rappresentata con notevole perizia dal disegnatore Mastroianni. [1]

Un amore d'epoca 1_opt Un amore d'epoca 2_opt

Trascrizione del testo:

7 2 1918

Mio buon cattivone!…

Mi vorrete perdonare se ieri sera mi ostinavo a non credere alle vostre parole!…

Se sapeste quanto male mi fece la vostra frase che io facevo così perché io stanca di voi… sorrisi, ma sentii un’infinita amarezza… se fossimo stati ai baluardi vi avrei soffocato con un bacio le vostre parole per non ch’io le sentissi… Temo che ciò che voi volevate far intendere a me sia il vostro pensiero, e forse il vostro desiderio…

Stanotte passai una notte orribile, oggi mi sento male, non posso togliere il dubbio che mi pesa sul cuore e mi toglie così l’allegria.

Ho bisogno estremo di sapermi amata, vorrei che il bene che vi voglio non vada perduto, non caschi nel vuoto…

Vi voglio bene, ve ne voglio oggi, ve ne vorrò domani, ve ne vorrò eternamente…

Ditemi che il vostro pensiero non fu che passeggero che me l’avete detto non per farmi credere che voi siate stanco di me, che mi volete bene, che sarò per voi la Bianca buona… Attendo una vostra risposta, se è possibile al più presto, la vorrei subito oggi, sia almeno per domani mattina…

Non posso star più a lungo così… vogliatemi bene ed intanto nell’attesa di leggervi al più presto possibile, accettate un bacio, un bacio solo, ma lungo, interminabile.

Bianca”

A mio giudizio questa è una cartolina interessantissima per gli elevati sentimenti d’amore che il testo racchiude.

Non è difficile immaginare che fosse stata spedita in busta chiusa per almeno due motivi fondamentali: la mancanza del francobollo postale ma soprattutto per la delicatezza del testo, che avrebbe certamente suscitato l’interesse morboso di chissà quante persone prima ancora che l’interessato potesse leggere e che invece avrebbe dovuto rimanere di dominio dei soli interessati.

Noi posteri siamo scusati; possiamo curiosare serenamente tra queste carte contenenti vecchi ricordi anche per il motivo che il nostro approccio è delicato e mosso unicamente dall’amore per chi non c’è più. Osserviamo questi sentimenti e ne parliamo con estrema delicatezza ed anche con un certo pudore…

Non è necessario essere esperti dell’animo umano o essere eruditi grafologi per scoprire che la signorina Bianca stesse soffrendo per amore. Sofferenza forse generata da parole male interpretate o forse invece ben comprese grazie ad una profonda sensibilità, tipica delle donne.

Tanti risvolti di questa lontana storia d’amore (purtroppo) non li conosceremo mai.

Non si saprà se Bianca abbia visto giusto o se, invece, i due amanti si fossero in seguito sposati e se abbiano avuto una vita felice insieme e se la loro famiglia fosse stata poi allietata dalla nascita di qualche pargoletto…

Un particolare che invece comprendiamo o che – per lo meno – si riesce ad interpretare con una certa sicurezza, è che ai “baluardi” si recassero le coppie in vena di romanticismo e di piacevoli effusioni.

Molte città, un tempo, erano bastionate e alcune (le più fortunate) lo sono ancora. [2]

Qualche cerebroleso mandrogno dei primi del ‘900 era convinto che Alessandria fosse sempre invasa dalla nebbia per via dei bastioni… e quindi via i bastioni…!

Nel caso dei nostri protagonisti penso che il luogo del loro amore fosse in una città in cui all’epoca erano ancora presenti i baluardi della cinta muraria. Zona estremamente periferica – quindi – adatta per ospitare coppiette in vena di tenerezze e di intimità.

Alessandria non è da meno in questo, come ognuno può immaginare; si racconta infatti che in questa città uno dei luoghi preferiti per le coppie (almeno quelle clandestine o quelle sprovviste di pied-à-terre) che intendessero sottrarsi agli sguardi indiscreti fossero – appunto – i bastioni.

L’amore di cui si legge nelle poche righe non era di sicuro platonico, visto che Bianca dichiara all’amato che sarebbe stata disposta a tappargli la bocca con un lungo bacio affinché lei non potesse ascoltare quelle parole… o forse il comportamento dell’uomo ha fatto emergere una dichiarazione di intenti nella signorina Bianca che in questa maniera si è dichiarata apertamente alla persona da lei amata…

Bianca conclude il suo grido d’amore con l’invito “… Scrivete a … (?) presso Andreina (?) – Corso Cavour 1 Città”.[3]

Da qui si deduce che la località in cui si trovavano i due misteriosi amanti non fosse Alessandria, dal momento che in questa città esiste una via Cavour ma non un corso intestato allo statista piemontese. Di più non si potrebbe dire, in quanto ci sono moltissime località con un Corso Cavour.

A questo punto non posso far altro che armarmi di santa pazienza e sfogliare le migliaia di cartoline d’epoca, per cercare di trovarne altre scritte da questa persona per tentare di ricostruire – almeno in parte – il mosaico sentimentale riguardante questo amore lontano, avvolto dalle nebbie dei cento anni passati.
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[1] Vedi le fotosculture di Domenico Mastroianni in https://www.youtube.com/watch?v=-Vk9ShE4Pv8

[2] Leggasi un’interessante studio sulle città murate: https://it.wikipedia.org/wiki/Città_murate_italiane

[3] Il punto interrogativo indica l’incertezza di ciò che è scritto, in quanto il tempo ha sbiadito parzialmente l’inchiostro e la sovrapposizione della scritta all’immagine non permette di essere certi sull’interpretazione del testo.