La coda dell’occhio (1) [Il Superstite 442]

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ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

Se definiamo nel titolo il “luogo” del tema, ovvero la coda dell’occhio, va da sé che ci troviamo nella visione periferica, ovvero in quella porzione ai margini di campo visivo nella quale a moltissime persone capita spesso di vedere per pochi secondi ombre sfuggenti delle più svariate forme e dimensioni.

Premesso che non poche di queste pretese “visioni” sono di pertinenza dell’oculistica, l’argomento andrebbe inquadrato in un’accezione più generale che, soprattutto negli ultimi tempi, grazie all’incremento delle neuroscienze, ci racconta che noi non “vediamo” la realtà. Che il mondo non è esattamente quello che ci appare. In primo luogo perché i sensi umani sono in grado di recepire solo una parte di quello che chiamiamo “realtà” (per es. solo una piccola porzione delle onde luminose e sonore può essere registrata dai canali della vista e dell’udito). Poi perché ogni senso è in grado di darci solo un certo tipo di informazioni della realtà che ci circonda, ad es. sensazioni solo visive o uditive o olfattive Eppure il mondo di cui facciamo esperienza si presenta come unitario e organico.

Ci chiediamo pertanto come nasce questa unitarietà. La psicologia risponde suggerendo che la percezione è la rielaborazione delle informazioni sensoriali operata dalla nostra mente; tale rielaborazione ci permette di “ricostruire” la realtà e di produrre una sua rappresentazione coerente. Ma ogni organo di senso si configura una specie di “finestra” che fa passare solo alcuni dei segnali esterni e ne esclude altri. Facciamo il facile e noto esempio dell’udito e degli ultrasuoni, vibrazioni longitudinali elastiche superiori alla soglia di udibilità dell’orecchio umano. I cani e i piccoli animali li avvertono e noi no. Esistono perciò stimoli fisici che non si traducono in risposte sensoriali perché non trovano recettori in grado di produrre una risposta (pensiamo ai campi magnetici, ai raggi X, ecc.). Vi è anche il caso di identici stimoli fisici che comportano risposte sensoriali qualitativamente diverse da specie a specie (noi vediamo il mondo a colori, ma non riusciamo a vedere di notte; i felini invece hanno una buona visione notturna, ma pare che siano incapaci di vedere i colori). Alcune specie presentano canali sensoriali particolari, assenti nelle altre (alcuni animali per es. hanno una certa sensibilità per le cariche elettriche, altri hanno un apparato di analisi degli ultrasuoni simile a un “radar”).

La realtà sensoriale è quindi una traduzione della realtà fisica esterna in un linguaggio che è proprio di ogni singola specie. Questa premessa sulla non corrispondenza tra realtà oggettiva e soggettiva non vuole però suggerire che fra di esse non sussista una relazione regolare. Però metafisica e filosofia da sempre ci raccontano che la realtà esterna è inconoscibile direttamente e la psicologia oggi ci dice in più che la conoscenza della realtà è mediata dall’architettura del nostro sistema biopsichico. Se detto sistema è sotto pressione, minacciato o minato per qualche causa endogena o esogena, la percezione può non essere più oggettiva. Qui di certo potremmo divagare, elencando patologie di cui le visioni sono sintomi (una per tutte la schizofrenia), ma esistono casi molto più sfumati come quello dell’Hypnagogia, che è un disturbo del sonno nella fase REM, caratterizzato appunto da visioni e allucinazioni dette “ipnagogiche”, in genere esperienze spaventose e molto intense con “proiezioni” di creature pescate dal grande pantheon dell’inconscio e dell’immaginario.

Abbiamo citato gli ultrasuoni. E chiediamoci – per assurdo ma non così tanto – se possa essere un corrispettivo visivo dei medesimi. Una sorta di “fenditura”, quasi di “implosione” nella visione percepibile  ad esempio soltanto dai piccoli animali. Chiunque possieda un cane o un gatto sa bene come spesso, nelle occasioni più diverse, l’animale si blocchi a fissare un punto preciso nell’ambiente circostante, spesso con drammatica fissità; da qui varie teorie che abbracciano il paranormale (vedono i fantasmi e altre creature limitrofe) nonché la leggenda del gatto che guarda con insistenza qualcosa d’invisibile dietro il frigorifero, sviluppata anche in un fumetto di Dylan Dog, appunto La cosa misteriosa che vive dietro il frigorifero scritto da Tiziano Sclavi. Studi più recenti sono stati in grado di dimostrare che cani e gatti sono in grado di vedere l’ultravioletto, a noi non visibile. Che a suo modo diviene il corrispettivo visivo dell’ultrasuono. E questa potrebbe essere una spiegazione alle loro fissità, ma sottolineiamo il condizionale perché anche i bambini molto piccoli spesso – chi ne ha dimestichezza non può che confermarlo – evidenziano comportamenti analoghi. Personalmente sono stato più volte testimone di eventi in cui i bambini indicavano “qualcosa” alle mie spalle, in certi casi con allegria in altri con paura ben manifesta. Anche da qui varie teorie paranormali, analoghe a quelle già esposte per i piccoli animali: i bimbi che hanno il potere di “vedere oltre”, facoltà che in genere si perde con la crescita e la maggior età.

Quindi è come se la percezione del mondo fosse un sistema a diversi stadi che in qualche caso, invece di essere unificati, tendono a “scollarsi”, A questo proposito, Carlos Castaneda in La visione Tolteca degli Sciamani propone la teoria del cosiddetto Punto d’Assemblaggio dei diversi stadi della percezione. Val la pena di riportare un brano del suo pensiero:

Alla nascita, l’essere umano sperimenta percezioni totali ed è immerso in un senso oceanico di Unità. Il Punto d’assemblaggio ondeggia su e giù. Successivamente interviene una potente forza esterna che via via fissa il Punto d’unione in una posizione precisa. Questa forza è la visione del mondo che genitori ed educatori trasmettono al bimbo, attraverso il processo della socializzazione. Il bambino apprende come percepire il mondo per essere pienamente integrato. Come conseguenza di questo processo, il Punto d’assemblaggio viene poco a poco fissato in una posizione, nella quale il bambino poi condivide questa realtà ed i suoi precetti e quindi impara ad interagire con essi in maniera sensata e coerente. Passo dopo passo, gli viene resa familiare una descrizione del mondo, che egli impara a percepire, mantenere e difendere come “la vera realtà”. In altre parole, il bambino impara a mantenere fissa la posizione del Punto d’assemblaggio. Quest’ultimo, che gli sciamani Toltechi vedono nell’emanazione dei corpi energetici di ogni essere umano, si fissa così tra le scapole a circa un metro di distanza dal corpo fisico. Il guscio luminoso che circonda ogni essere umano rimane sempre in contatto con la totalità dell’Energia Universale, ma l’uomo non ne è cosciente. Il Punto d’assemblaggio si configura dunque come una sorta di binocolo che si può fissare solo su un piccolo obiettivo per permetterne una visione. Ma quel piccolo obiettivo è per ogni essere umano la propria visione del mondo. L’intero mondo che si percepisce non è che la fissazione del Punto d’unione in una delle infinite posizioni possibili Spostando, infatti, il Punto d’assemblaggio verso altre parti del proprio guscio luminoso, si possono percepire altri mondi. «Ma la forza della fissazione nella sua posizione consueta è talmente grande, il senso di realtà che ne risulta talmente avvincente, che non resta più alcuna via di fuga. Tutta l’energia a nostra disposizione viene quindi impiegata per il mantenimento del mondo che conosciamo, così che non ne resta più a sufficienza per riuscire a vedere oltre il bordo del piatto della nostra realtà, per non parlare poi del riuscire a lasciarla.


Il Punto d’Assemblaggio però si può spostare, Castaneda non lo nasconde. In  modo particolare con le cosiddette “piante di potere” usate dagli sciamani per vedere “oltre”. Ma anche in presenza di condizioni estreme
come la fame, la febbre, la malattia, la debolezza senile e così via. Anche l’assenza di sonno, il digiuno, privazioni sensoriali e la meditazione profonda risultavano utili allo scopo, ma gli spostamenti così ottenuti risultano instabili, ed il prezzo da pagare è soprattutto il potere della visione “!non controllabile” e non controllato.

Si può credere o non credere a Castaneda. Di certo i suoi modelli sono affascinanti. In quest’accezione le “visioni”, genericamente intese, potrebbero essere brandelli di altri e diversi piani dimensionali.  Che tutt’altra cosa sono dalle generiche creature dell’immaginario planetario con cui spesso vengono identificate le visioni nella coda dell’occhio.  Ma a questo punto voglio raccontarvi delle Zone Zero… Alla prossima!