La chiesa di sant’Alessandro e via Alessandro III [Un tuffo nel passato]

frisina_caldi Tony Frisina

 

Con questa puntata ho pensato di apportare qualche una piccola innovazione alla nostra rubrica, iniziando a pubblicare le immagini a suo tempo scelte per arricchire le pagine di Quaderno Alessandrino, il mio ultimo lavoro editoriale – nato lo scorso autunno – per festeggiare gli Ottant’anni della Pasticceria Gallina di Alessandria.

Tutte le copie di questo lavoro sono ormai andate esaurite e trovo che sia giusto far conoscere anche ad altri appassionati, che non sono riusciti ad averne una copia, qualche immagine e qualche articolo d’epoca lì contenuti.

A questo proposito tengo a dire che ai Gallina mi legano antichi (e dolci) ricordi.

Mio padre, nel corso della mia fanciullezza, la domenica mattina mi accompagnava proprio dai Gallina per prendere le paste.

I dolci frivoli per la gente comune – a quei tempi – erano qualcosa di raro ed inusuale; servivano per festeggiare degnamente solo pochissime ricorrenze nel corso di un intero anno e quindi la rarità di queste visite alla pasticceria ha fatto sì che quei lontani ricordi rimanessero scolpiti nella mia mente in modo profondo.

Ricordo molto bene la Pasticceria di un tempo, che aveva una diversa ubicazione rispetto a quella attuale – di via Vochieri – e che oggi tutti conoscono.

Dalla mia abitazione, in Via Piacenza, era semplice e rapido raggiungere il profumato negozio di dolci.

Da casa mia bastava svoltare l’angolo della chiesa dell’Annunziata (sconsacrata da illo tempore e usata come deposito del sale dai Monopoli di Stato) ed ecco, preceduta da celestiali effluvi, la Pasticceria Gallina.

Il negozio si trovava proprio sul fianco della chiesa di Sant’Alessandro e vi si accedeva salendo tre o quattro scalini.

Ricordo benissimo Giuseppe Gallina, anziano e cordiale pasticcere, la consorte e il figlio Lorenzo forse ancora fidanzato o appena sposato con la gentilissima Anna Maria.

L’attuale titolare, omonimo del nonno, ancora non era neppure nei pensieri dei suoi predecessori.

Ricordi che si perdono tra la fine degli anni ’50 e i primissimi anni Sessanta.

La vecchia fotografia ci mostra – subito oltre le colonne di Sant’Alessandro – l’edificio che ospitava la profumata attività.

Via-Alessandro-III-angolo-Via-Urbano-Rattazzi

Altre immagini odierne ci mostrano il palazzo che ha sostituito quello in cui aveva sede la pasticceria. Non voglio addentrarmi nel giudizio e nei raffronti architettonici per non dover insultare il novello architetto che ha saputo partorire una vera oscenità…

Via-Alessandro-III-angolo-via-Urbano-Rattazzi---La-stessa-zona-oggi

Il-palazzo-costruito-in-seguito-alla-demolizione-di-quello-in-cui-aveva-sede-la-Pasticceria-Gallina-1

Il-palazzo-costruito-in-seguito-alla-demolizione-di-quello-in-cui-aveva-sede-la-Pasticceria-Gallina-2

(La freccia indica approssimativamente il luogo in cui un tempo – nella vecchia costruzione – c’era l’ingresso della Pasticceria Gallina).

Quando possibile la cronaca d’epoca ha a che fare con il luogo rappresentato dalla fotografia d’epoca.

Cronaca d’epoca:

Due ferrovieri accoltellati perché  contrari allo sciopero.

Purtroppo, prima ancora che lo sciopero generale sia stato proclamato, ha già le sue vittime, e due feriti stanno in un letto di quell’ospedale da cui il loro feritore vuol cacciate le monache. Il fatto tristissimo, che è una riprova dell’eccitazione che regna fra i socialisti, è accaduto ieri sera a tardissima ora.

Nel Caffè-concerto Roma, situato nella via omonima, nacque un’animatissima discussione fra l’orefice Enrico Porta di 40 anni, abitante in via Trotti, 40 ed i ferrovieri Pietro Massobrio, quarantenne, abitante in via Mondovì, 4, e Giovanni Grappiolo, di 47 anni, abitante in via Urbano Rattazzi, 51. La discussione proseguì fuori del caffè e si riaccese più aspra e violenta: e improvvisamente il Porta, tratto un coltello, ne inferse quattro colpi al Massobrio, ferendolo al costato in direzione del cuore, ad una spalla, all’inguine e ad una coscia; con un quinto colpo l’accoltellatore spaccò un occhio all’altro ferroviere, il Grappiolo. I feriti furono subito soccorsi da alcuni passanti e trasportati all’Ospedale Civile, dove si trovavano in grave stato; anzi il Massobrio è in condizioni disperate.

Il feritore fuggì. Fu arrestato un suo fratello, che è consigliere comunale, ma più tardi fu rilasciato. Dalle prime indagini fatte la Polizia appurò che il litigio sarebbe stato originato dalla discussione sulla necessità dello sciopero-protesta in seguito alla questione della Congregazione di carità.

Pare che il feritore avesse dei provato con parole violente il fatto che i ferrovieri, nonostante le sollecitazioni, non intendono prendere parte allo sciopero e li avrebbe chiamati krumiri e simili. Da ciò il risentimento vivace dei ferrovieri e la violenza della lite che l’orefice socialista doveva così sanguinosamente terminare.

[La Stampa – Martedì 29 Agosto 1905]