I biglietti del bus, la politica, il rispetto delle regole: ad Alessandria è davvero tutto più complicato? [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

 

Sembra quasi una storiella di fantasia, eppure è realtà. Ad Alessandria, capoluogo di provincia del Piemonte, nord ovest di quell’Italia ritenuta più operosa e avanzata, finalmente arriva il biglietto elettronico per gli autobus di Amag Mobilità. Niente di fantascientifico per chi viaggia. Si acquista un normale biglietto di carta (l’unica differenza rispetto a quelli tradizionali è la presenza del Qr code, un codice a barre bidimensionale), si sale sul mezzo, invece di timbrarlo basta appoggiarlo sul nuovo strumento di controllo e poi ci si accomoda. Cosa cambia? Apparentemente niente. Chi ha sempre acquistato i biglietti, continuerà a farlo. Chi non pagava prima, ci proverà ancora.

Quella un po’ diversa è la logistica, come peraltro avviene in tutti i paesi civili. Si sale dalla porta anteriore, dove la macchinetta per il biglietto è collocata a fianco dell’autista che così ha modo di vedere cosa fa il passeggero. Le altre due porte, centrale e posteriore, sono usate solo per scendere.

Davvero è così complicato? Sì, se si vuole buttare tutto in polemica. No, se invece si guarda a cosa c’è dietro a questa piccola e banale rivoluzione. Grazie al biglietto elettronico l’azienda è in grado di conoscere, in tempo reale, l’andamento dei flussi dei passeggeri a partire dalle linee, dalle corse e dagli orari in cui c’è maggiore affollamento, è possibile realizzare una mappatura quasi perfetta del servizio, mentre sempre grazie all’elettronica forse sarà possibile arrivare in tempi accettabili a quello che è realtà da anni e anni in altre città italiane: le paline elettroniche alle fermate con gli orari in tempo reale.

Eppure c’è chi avanza riserve, come il Movimento 5 Stelle, che con i consiglieri comunali Serra e Gentiluomo (quest’ultimo dipendente di Amag Mobilità, ndr), chiede prima una adeguata campagna di informazione per spiegare il cambiamento ai cittadini, quindi il supporto dei volontari della Polizia municipale per «garantire la sicurezza degli utenti, evitare disservizi, ritardi e problemi di viabilità». Perché? Per i pentastellati l’affiancamento dei volontari ai conducenti di linea, «unico tassello di collegamento tra azienda e utenti», serve per «accogliere i passeggeri e guidarli nei passaggi corretti per una regolare e veloce vidimazione del biglietto elettronico».

Da un punto di vista pratico, non è ben chiara la mostruosa differenza fra inserire un biglietto nella macchinetta obliteratrice e invece appoggiarlo a una macchinetta elettronica. Per il resto, si sale sempre da una porta (anteriore invece che posteriore, si spera che la gente sappia distinguere la differenza, questo è vero), si timbra elettronicamente e ci si siede.

Ma il meglio arriva dopo. Occhi puntati sugli autisti. «Questo carico di lavoro porterebbe a una continua distrazione da parte degli autisti con disagi alla viabilità, ritardi nel servizio ma soprattutto non si garantirebbe la sicurezza e l’efficacia del servizio» dicono. E come mai? Ecco la spiegazione: «Immaginate la linea 2 che transita in corso Acqui nelle ore in cui gli studenti si dirigono verso gli istituti scolastici e immaginate l’autista che deve guidare, stare attento al traffico, fermarsi (nonostante non sia semplice accostare in sicurezza nella fermate per via dello spazio insufficiente e delle soste selvagge) in modo che gli utenti in attesa convergano tutti davanti alla porta anteriore, far scendere i passeggeri dal bus dall’uscita centrale e posteriore (qualche portoghese potrebbe salire mentre i passeggeri scendono)».

Sul portoghese di turno, nulla da dire. C’erano ieri, ci sono oggi, ci saranno domani. E il tema del controllo è un’altra partita ancora e sempre aperta. Però è davvero singolare leggere che l’autista «deve guidare, stare attento al traffico, fermarsi (nonostante non sia semplice accostare in sicurezza nella fermate per via dello spazio insufficiente e delle soste selvagge) in modo che gli utenti in attesa convergano tutti davanti alla porta anteriore, far scendere i passeggeri dal bus dall’uscita centrale e posteriore». Perché oggi non guidano, in mezzo a un traffico scomposto e senza regole, e non accostano alle fermate per fare salire e scendere i viaggiatori? Lo spazio di arresto è sempre lo stesso. Se mai alcune fermate andrebbero spostate di alcuni metri perché erano state pensate quando il traffico di oggi e la sosta selvaggia erano ancora lontane da diventare la triste realtà quotidiana.

Vero invece è che saranno gli utenti a doversi presentare a una porta invece che a un’altra. Su questo punto non ne possono né gli autisti, né l’azienda di trasporto, né l’amministrazione comunale, né il governo e nemmeno la Nato o l’Onu. Fare cambiare le abitudini agli italiani è difficile. Spiegare che c’è una ragione ben precisa per usare una porta piuttosto che un’altra sarà altamente complesso. L’utente che pretende che nulla cambi, salvo poi contestare sempre il servizio, è peraltro lo specchio, l’ennesimo, di un paese allergico alle regole, al rispetto, all’educazione civica.