di Piero Archenti
Le tasse, sono da sempre mal sopportate a tutti i livelli e ancor di più al giorno d’oggi, in Alessandria come a Canicattì, l’argomento è all’ordine del giorno oggi esattamente come cento anni fa!
L’articolo che segue lo scrisse il cronista Piero Angiolini il 30 maggio 1953, ricordando che esattamente cento anni prima (1853) il Comune di Alessandria sottoscrisse un debito per l’acquisto di Palazzo Cuttica di Cassine, di via Parma. In che modo? Ma con la “tassa sui cani!!”
Guarda un pò i casi della vita, nel 1853 il Comune di Alessandria contrasse un debito di duecento mila lire (dell’epoca) per acquistare palazzo Cuttica di Cassine situato in via Parma ed oggi, nell’anno di grazia 2018, un altro Cuttica, ma questa volta di Revigliasco, è invece chiamato ad amministrare il Comune di Alessandria, le cui sostanze economiche sono tutt’altro che rosee.
Attualmente i debiti di Alessandria sono troppo elevati e al Cuttica di oggi, probabilmente, farebbe piacere comportarsi come uno di quei Cavalieri del ‘600, scaturiti dalla penna di Dumas, che risolvono tutto a fil di spada o con una generosa borsa di monete d’oro…già…e certamente Cuttica di Revigliasco lo vorrebbe ma… come si dice nella realtà delle cose, purtroppo per il Comune di Alessandria, l’acqua è poca e…la papera non galleggia!!
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Esattamente un secolo fa, anno 1853, il nostro bilancio municipale presentava un conto di entrate per circa L. 300 mila, con altrettanto conto di spesa. Tempi beati e…senza burocrazia, dirà il Sindaco Basile.
Eppure – scriveva non senza polemica nel 1953 Piero Angiolini – già allora i contribuenti si lamentavano proprio come oggi avviene, per le tasse comunali troppo dure. Peggio fu quando il Comune in quello stesso anno decise di contrarre un prestito di lire duecentomila, importo necessario per acquistare il palazzo Cuttica di Cassine di via Parma che allora si chiamava strada della Cattedrale.
Pronto il nostro buon popolino, arguto come sempre, fece parlare in quella occasione le notissime tre cariatidi del portone d’ingresso del palazzo stesso.
Diceva la prima figura tutta pensosa:”Quanti debiti!…” e la seconda, dalle braccia conserte:”Chi li pagherà?…”, rispondeva la figura di centro:” Mah!…”
Proprio nel marzo di quell’anno fu applicata per la prima volta la tassa sui cani; di razza oppur bastardi, grossi oppur piccini, belli o brutti, tutti dovevano pagare la somma di lire due ogni anno!
Le cronache dicono che quella tassa sollevò grande malumore, specie tra gli umili possessori di un cane e per quanto il Comune giustificasse il provvedimento per alcuni casi di “idrofobia”, tuttavia la gente vide in quella tassa soltanto un modo spiccio per fare quattrini. Anche i cani! Si diceva in giro; dove mai andremo a finire? Il caso volle che in quel tempo il solerte Comune avesse anche provveduto per la prima volta la città di orinatoi, con multa, invero frequente, di lire una per ciascun contavventore.
Di allora è il canile municipale presso piazza Tanaro che si accompagnò poi ad una camera mortuaria , la popolare “Casazza”durata sino a qualche anno fa. Chi avesse cura di scorrere le “businà” dell’epoca troverebbe satire gustose in argomento e per tutte ricordiamo “Al mercà di cucalen” dove si parla di cani e di acqua…sparsa!