Editoria piemontese e ‘mercato dei limoni’ [Piemonte Economy]

di Cristina Bargero

 

Il diritto all’informazione assume un ruolo delicato e importante nella società contemporanea, tanto che la Corte Costituzionale già nel dicembre 1994 con la sentenza n.420 ha dichiarato che è necessario “garantire il massimo di pluralismo esterno, al fine di soddisfare, attraverso una pluralità di voci concorrenti, il diritto del cittadino all’informazione”. Quotidianamente siamo sommersi da un flusso continuo di informazioni provenienti da svariate fonti: libri, tradizionale carta stampata, tv, giornali on line, social network, trasmissioni radiofoniche.

Come nel famoso caso del “mercato dei limoni” , però, vi è il rischio che, non potendo la qualità dei prodotti essere valutata dagli acquirenti (a causa dell’asimmetria informativa), i venditori siano incentivati a proporre beni di bassa qualità spacciandoli come di qualità elevata.
L’editoria tradizionale può costituire un argine a tale fenomeno, per le sue caratteristiche di professionalità e competenza, sebbene stia attraversando un periodo non facile a causa della concorrenza dei nuovi mezzi di informazione, di una domanda in calo e della difficoltà ad adattarsi rapidamente alle innovazioni richieste dal mercato.

Torino, ma anche le altre città piemontesi, sono state già dal’800 terre di librari: Einaudi, Paravia, Pomba, Foà,Boringhieri, solo per citarne alcuni, ma poi le acquisizioni tra gruppi hanno cambiato la geografia dell’editoria italiana.

Il 65% del mercato oggi risulta in mano a cinque editori: Mondadori, Gems, Giunti, Feltrinelli e Newton. I piccoli e micro editori (circa 4665 aziende con un fatturato compreso tra 300 mila e tre milioni di euro) valgono l’1%, la maggior casa editrice subalpina, ossia la De Agostini, il 2%.

Il peso del Piemonte nel settore editoriale è comunque rilevante: rimane la quinta regione italiana, con circa 172 case editrici, che, complessivamente valgono l’8,7% del mercato nazionale.

La buona reputazione dell’editoria piemontese e la sua specializzazione ( del resto le acquisizioni compiute dai grandi gruppi stanno mantenendo l’identità editoriali dei soggetti acquisiti) rimangono un fattore competitivo non secondario.

È necessaria una ristrutturazione dell’offerta, in base alle nuove esigenze del mercato e alle tecnologie, ma anche una maggior sensibilizzazione e consapevolezza della domanda. I fruitori di informazioni e contenuti editoriali devono capire che è solo dalla pluralità e dalla qualità dei soggetti editoriali che possono trarre quelle informazioni che li rendono cittadini liberi e consapevoli.